Si sa che la scelta di rivolgersi allo Psicoterapeuta è uno degli ultimi tentativi per risolvere un problema. Probabilmente, l’inizio della situazione di disagio personale risale a molti anni prima e lo stesso sintomo, per esempio l’ansia, che all’inizio era solo una sorta di spia di allarme, col tempo è diventata cronica e si è cristallizzata. Ora, la persona che si rivolge allo Psicoterapeuta, vive in una situazione di ansia generalizzata che accompagna quotidianamente la sua vita e le sue attività (amicali, famigliari, lavorative, ecc.). La persona che va dallo Psicoterapeuta chiede di risolvere la sua situazione di disagio (ansia generalizzata, o di attacchi di panico, o di insonnia, o di disturbi alimentari, ecc.) e il percorso di Psicoterapia inizia e ha i suoi risultati. La richiesta esplicita della persona, ovviamente, è che il sintomo venga tolto. Ad un certo punto la persona inizia a vivere in modo tranquillo e senza i suoi disturbi ed inizia a provare un senso di benessere. È qui allora che il benessere tanto richiesto e sognato viene considerato come “strano”. Alla domanda “come si sente senza… (il suo sintomo)?” può capitare che la persona risponda “mi sento strano, come se mi mancasse qualcosa, come se fossi stato mozzato”. Proprio così: il sintomo tanto combattuto per molti anni, viene descritto, ora, come una parte di sé. Il sintomo, la situazione di disagio, la difficoltà quando sono presenti in modo così importante nella vita di un individuo, diventano come un compagno di viaggio, antipatico ma che intanto tiene compagnia. È come quando tra gli amici si continua a stare con quello poco simpatico perché si sa che solo con lui si può fare quella cosa oppure perché almeno non si è soli. Attraverso la psicoterapia è importante far passare il messaggio che il sintomo serve: nel passato è servito come soluzione temporanea (che poi ha preso sempre più spazio); col tempo questo sintomo ha complicato la vita fino a diventare scomodo o “disfunzionale”. Ora è importante che la persona inizi a considerare il suo sintomo come un alleato e non più come un nemico. Durante la prima parte del lavoro terapeutico, il sintomo non si toglie, anzi si fa in modo che la persona lo sperimenti ma in modo diverso e, poi, si allungano i tempi della sua comparsa; in questa fase, la persona inizia anche a fare esperienze emotivamente diverse: sicuramente farà la stessa vita, lo stesso lavoro, avrà le stesse relazioni sociali e famigliari ma avranno un contenuto emotivo diverso. Col tempo l’attenzione della persona si sposta dal sintomo ad altri eventi della vita: i momenti di benessere saranno più frequenti di quelli di malessere. Con l’avvio alla conclusione della Psicoterapia la persona sperimenta una dimensione diversa della vita. Ciò non vuol dire che gli attriti famigliari o lavorativi (qualora ci siano) scompaiono ma ora diventano secondari oppure fanno da sfondo e non hanno più l’importanza precedente. Ciò vuol dire che se arriva un momento di preoccupazione e di ansia, questi saranno temporanei e la persona riuscirà ad affrontarli, relativizzandoli e contestualizzandoli nel momento reale; di conseguenza, starà progressivamente meglio quando il momento di crisi sarà passato. Ciò vuol dire che la persona potrà vivere in modo più leggero ed affrontare la vita con maggiore forza. Qualora si ripresentasse il sintomo è necessario considerarlo come una spia che avvisa della presenza di un disagio. Il benessere da strano diventa, così, la normalità.
Dottoressa Anna Maria Rita Masin
Psicologa – Psicoterapeuta
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