VECCHIE E NUOVE EPIDEMIE TRA PAURA E SPERANZA

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IL DIARIO DI DEFOE SULLA PESTE CHE NEL 1665 FALCIDIÒ 100MILA LONDINESI È RIVELATORE DEI COMPORTAMENTI UMANI TIPICI IN TEMPI DI CONTAGI VERI O PRESUNTI CHE SIANO.

di Angelo Alfani

Tra i romanzi storici sulla pandemia il “Diario dell’anno della peste” di Daniel Defoe, è, a mio avviso, l’opera più illuminante mai scritta sul contagio e sul conseguente comportamento umano.

L’Autore snocciola la cronaca in “differita“ della peste che, a partire dalla fine del 1664, si portò via più di centomila londinesi, un abitante su 5. Una ecatombe. Si rimane colpiti dalla sovrabbondanza di somiglianze tra l’attuale pandemia e quanto viene raccontato. Dall’iniziale negazione dell’epidemia, alla sua sottovalutazione, alla voluta confusione sui numeri, alla ricerca di untori esterni, alla fuga precipitosa verso la campagna, zona franca, di chi poteva permetterselo. Del tutto simile la narrazione del susseguirsi del disastro elencando i dati sulla mortalità parrocchia per parrocchia: altrettanto attendibili quanto quelli della Protezione civile. Identiche le nuove e repentine abitudini che anche oggi noi ripetiamo.

Racconta Defoe: “È vero che la gente usava ogni precauzione possibile: quando qualcuno comprava al mercato un pezzo di carne non lo prendeva di solito dalla mano del macellaio, ma lo staccava dai ganci con le proprie mani. D’altro canto il macellaio non soleva toccare il denaro, ma lo metteva in un vasetto pieno d’aceto che teneva a questo scopo. Il compratore portava sempre spiccioli per raggiungere la cifra richiesta, in modo da non dover cambiare”. Tralasciando il naturale allontanarsi l’uno dall’altro. Non dissimile la diffusione, con strumenti di propaganda diversi, di annunci salvifici dal terribile male. Ogni angolo della città era tappezzato di avvisi di dottori e di imbroglioni: con sproloqui da ciarlatani incompetenti in medicina, che invitavano la gente a recarsi da loro per trovare rimedi, il che era generalmente annunciato con fanfaronate del genere: “Infallibili pillole preventive contro la peste”, “Preservativi sicuri contro il contagio”, “Cordiali sovrani contro l’aria corrotta”, “Precise istruzioni per il modo di curare il corpo in caso di infezione”.

Altri manifesti invitavano la gente a recarsi a casa loro per ricevere istruzioni in caso di contagio: ed anche questi avevano titoli grandiosi: “Eminente chirurgo olandese, appena arrivato dai Paesi Bassi, dove risiedette durante il periodo della grande pestilenza, l’anno passato, ad Amsterdam, e che curò moltitudini di persone effettivamente appestate”, “Gentildonna italiana, testé arrivata da Napoli, possiede un segreto di grande valore, da lei scoperto in virtù della sua grande esperienza, per evitare il contagio, e con il quale ha operato meravigliose guarigioni durante la scorsa peste cola’, dove ne morivano ventimila in un sol giorno”.

Non dissimile la situazione relativa alla sepoltura di quanti giornalmente erano falcidiati dalla peste. “Visto che i vivi non sarebbero bastati a seppellire i morti si iniziarono a scavare fosse, profonde almeno sei piedi, e a riempirle di cadaveri” scaricandoli di notte da carri guidati da monatti. Le disposizioni in materia delle Autorità raccontano di una logica identica a quanto si è verificato da noi. “La sepoltura dei morti per peste deve avvenire o prima del levar del sole, o dopo il tramonto; ne’ si tolleri che vicini o amici accompagnino la salma… Durante la presente epidemia, sarà proibito ogni pubblico concorso ad altri funerali” Le case degli infetti vennero chiuse e vigilate da guardiani per impedire ai reclusi di uscire. Molte le fughe e gli atti di violenza nei confronti dei guardiani dal momento “che la gente così segregata ed imprigionata non era colpevole di alcun delitto, ma solo rinchiusa perché disgraziata e quindi era invero anche più intollerabile”.

Nel romanzo di Defoe oltre la rabbia sconfinata contro il potere, anche quello religioso, se ne evidenzia una altrettanto forte contro il fato, verso la volontà divina di cui la sofferenza e la tragedia sono testimonianza. Ed è la stessa volontà divina che “interviene” per liberarcene. Così scrive Defoe: “al colmo della sventura, quando la situazione di Londra era veramente così disastrosa, proprio allora piacque a Dio di disarmare il nemico con la sua stessa mano. Dal pungiglione venne tolto il veleno: era straordinario e gli stessi medici ne stupivano, che dovunque andassero in visita trovassero i pazienti in condizioni migliori.Né questo avvenne mercé qualche nuovo ritrovato della medicina, né merce’ qualche metodo di cura che i medici o i chirurghi avessero scoperto; ma era evidentemente dovuto alla segreta invisibile mano di Dio che prima ci aveva mandato questa malattia come castigo. Un male apre sempre la via ad un altro male, di questo è convinto il romanziere inglese che conclude così il suo diario: “…della gran massa del popolo si potrebbe sin troppo giustamente dire quello che fu detto dei figli di Israele dopo che furono liberati dall’esercito del Faraone, quando attraversarono il Mar Rosso, e si volsero indietro, e videro gli egiziani travolti dalle acque: che “essi cantarono le lodi del Signore, ma ne dimenticarono ben presto le opere