IL PROCESSO AL CONTE EVERSO DELL’ANGUILLARA
La damnatio memoriae, come un tempo chiamavano quel venticello che si fa calunnia, è dura a morire. Specie se a scrivere un libello è il segretario particolare di Papa Enea Silvio Piccolomini. Così sono passati secoli e di Everso Conte dell’Anguillara, morto nel suo palazzo di Cerveteri il 4 settembre 1464, ciò che resta è quell’eversana deiectio scritta da Jacopo Ammannati Piccolomini che lo ritrae a fare incesti, a depredare pellegrini e battere moneta falsa.
Scavando in archivi, rileggendo le carte, si scopre però che quanto riportato probabilmente non corrispondeva alla realtà. Piuttosto quel personaggio, prima paladino del Papato, poi signorotto in cerca di autonomia, era scomodo e come tale farne un dossier sarebbe stato utile alla secolarizzazione dello Stato Pontificio dopo i brutti tempi della Cattività Avignonese. Una vicenda della quale oggi viene data una attenta rilettura col romanzo storico scritto a quattro mani da Biagio Minnucci e Graziarosa Villani “La Notte delle Cinque Lune, processo al conte Everso dell’Anguillara estinzione dell’antica stirpe”. Edito da Gangemi Editore International il volume è stato presentato per la prima volta al pubblico ad Anguillara il 24 settembre.
L’iniziativa è organizzata dall’Associazione Culturale Sabate che ha promosso la pubblicazione del libro nell’ambito del progetto millenario e si avvalsa del contributo di Lazio Crea e del patrocinio del Comune di Anguillara. L’opera delinea un primo Quattrocento non ancora adeguatamente indagato e vuole offrire spunti di riflessione sui rapporti di potere dell’epoca e sulle politiche nepotistiche che ne seguirono delineando gli scenari dei secoli a venire.