A ottant’anni dalla proclamazione delle leggi razziali, definite dal capo dello Stato una macchia infamante, il Museo dell’ebraismo ricostruisce la storia del popolo di Dio nel nostro Paese, y tal yah, “l’isola della rugiada divina”.
di Barbara Civinini
A ottant’anni dalla proclamazione delle leggi razziali, avvenuta nel 1938 – una macchia infamante nella nostra storia, come ha detto il presidente della Repubblica Mattarella, durante la commemorazione della Giornata della Memoria – a Ferrara è stato inaugurato il Museo dell’Ebraismo e della Shoah (Meis). Lo sterminio di massa, come affermava Kertész, è un valore, un’incommensurabile riserva morale. Levi, testimoniava: “Meditate che questo è stato”. Dopo l’8 settembre scattò la “caccia all’ebreo”. Degli ottomila ebrei italiani, concentrati nel campo di Fossoli e trasportati nei campi di sterminio di Bergen Belsen e di Auschwitz ne tornarono poco più di seicento. Tra essi anche Levi che raccontò di non essere mai riuscito a liberarsi da un senso di colpa per essere sopravvissuto. La Arendt ci ha ricordato che il male assoluto può prendere anche la forma dell’assoluta banalità; è un dèmone quotidiano che si può trovare annidato nel fondo più oscuro dell’animo umano, pronto a riaffiorare in determinate circostanze storiche o sociali e a diffondersi con la potenza di un virus, trasformandosi in fenomeno di massa. Proprio per questo il Meis ha un grande valore sociale perché, come ha affermato Mattarella, la forza dell’odio e dell’intolleranza non può prevalere, e non prevarrà, sulla civiltà e sul diritto. Gli Ebrei arrivarono in Italia prima dei Longobardi, dei Normanni, dei Franchi e degli Spagnoli, e la chiamarono y tal yah, “l’isola della rugiada divina”. Adesso questa storia, lunga 2500 anni, è raccontata con gli occhi del popolo di Dio dalla mostra Ebrei, una storia italiana. I primi mille anni, inaugurata, a Ferrara, lo scorso dicembre, dal capo dello Stato, e dal ministro dei Beni Culturali, che si è particolarmente adoperato in Parlamento per l’approvazione della legge istitutiva del Meis. Ho sempre pensato –ha detto Franceschini– che l’Italia dovesse avere un museo dedicato all’ebraismo italiano, perché è una parte significativa della nostra identità culturale nazionale. Pochi in Italia conoscono davvero la loro storia –ha detto Carrada, noto autore di “Superquark”,curatore del video a complemento della mostra insieme alla direttrice del Museo Della Seta– perché è una storia che a scuola non s’insegna, se non per parlare della Shoah. In ventiquattro minuti di video, le tante voci di questo popolo, dipingono, come in un grande affresco, la vita e le sorti della più antica delle minoranze italiane in un autentico viaggio immersivo. Il Museo, che sarà ultimato entro il 2020, è stato allestito nelle 32 celle nell’ex-carcere di Ferrara, opportunamente restaurato, dove, nei primi del novecento furono segregati oppositori di regime e cittadini di origine ebraica, fra cui anche l’autore de Il giardino dei Finzi-Contini, Bassani. La mostra che si propone come la prima grande sezione del Meis, espone oltre duecento oggetti preziosi, fra i quali manoscritti, incunaboli, documenti medievali, epigrafi di età romana e medievale, molti anelli, sigilli, monete, lucerne e amuleti, poco noti o mai esposti prima, provenienti dai musei di tutto il mondo. Si potrà visitare sino al 19 settembre.
DIDE
Il capo dello Stato Sergio Mattarella – Fonte: Presidenza della Repubblica
Poster della mostra – Fonte: Meis
L’edificio del Museo istituito nell’ex carcere di Ferrara – Fonte: Meis
Sergio Mattarella e Dario Franceschini all’inaugurazione della Mostra – Fonte: Meis