Un matrimonio nato male e finito peggio

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1921

1949 – L’annessione di Ladispoli a Cerveteri fu preceduta da un periodo di “fidanzamento” burrascoso, caratterizzato da tensioni e scontri come preludio di una unione fallimentare.

di Angelo Alfani

La storia dell’accoppiamento di Ladispoli con Cerveteri, consumato nel torrido luglio del 1949, ebbe inizio nel periodo fascista. La prima richiesta di “fidanzamento ufficiale ” venne rivolta addirittura a sua Maestà Vittorio Emanuele III per grazia di Dio e per volontà della Nazione Re d’Italia e d’Albania ed Imperatore d’Etiopia. In calce alla “supplica” le firme di alcuni autoctoni.

La folle e crudele carneficina sopì tale iniziativa che, come ogni passione irrefrenabile, riesplose al punto che nella “ridente cittadina balneare” si costituì  un Comitato per l’aggregazione al comune di Cerveteri. Suo leader il più influente tra i bottegai: il farmacista. Le motivazioni di voler lascià Citavecchia e mettese a cecce’ con Cerveteri erano, come alcune volte accade, ragionevoli: la distanza fisica, la continuità del bagnasciuga, la stazione ferroviaria col doppio nome!

A tale richiesta il fidanzato cervetrano fa da subito capire il suo atteggiamento, definendo l’oggetto stesso “assorbimento”, come si trattasse di assorbire una macchia di inchiostro su un foglio a quadretti, o meglio mettere del borotalco su la camicia da festa panonta.

Tra Natale e Capodanno, il ventotto dicembre del 1946, alle ore 19, co ‘na scirella che te lessava li labbri, i Consiglieri comunali all’unanimità, con l’eccezione di Alfonsi, ammalato, ed di tre assenti, votarono a favore dell’assorbimento.

Il sindaco Nino Marini concluse solennemente: Certo di interpretare il sentimento di tutto il Popolo di Cerveteri, affermo che con laggregazione di Ladispoli verrà a formarsi  il nucleo Marino Balneare di Cerveteri che avrà il trattamento e sarà considerato come  vera e propria  terra Cervetrana”.

Ma non tutto filò liscio. Tante ancora le tensioni e gli scontri. Nel giugno del ’47 si giunse perfino alla denuncia fatta dal delegato comunale Pierlorenzi Domenico per “ le arbitrarie riscossioni della tassa posteggio (mercato piazza Marescotti) che i vigili cervetrani hanno fino ad ora abusivamente riscosso nel nostro territorio”. Fu tale la tensione che Nino predispose immediatamente l’apposizione di cippi e targhe fisse e ben visibili, onde evitare malintesi al riguardo.

Il  lunedì di Pasqua del 1947 S.E. Alcide De Gasperi venne, in visita privata, alla Necropoli: allora si scomodavano i Presidenti del Consiglio senza auto blu e scorta. Su richiesta di Nino, gli venne sollecitato almeno  un giretto  in Piazza. Arrivato fori de porta la famiglia di De Gasperi venne attorniata  da decine di paesani. Non fece in tempo a togliersi il cappello che venne  letteralmente spinto dentro al bar di Pietrantò “a piasse qualcosa!”. Si racconta che la coda degli “ospiti” si allungò talmente che il conto venne, a nome del Comune, saldato da Goffredo Capannini con pagamento a rate lunghe una Quaresima.

A De Gasperi che chiese quali fossero i problemi più urgenti fu risposto : “Sua Eccellenza se dovessimo fare l’elenco dei problemi ce faremmo notte. Come si dice da noi: ce n’avemo una pipinara. Quello che oggi ci sta più a core sono la costruzione del nuovo acquedotto del Vaccinello e l’assorbimento di Palo e Ladispoli” Alla richiesta di quanto poteva costare la costruzione del nuovo acquedotto, Nino, già imparato, rispose : Quarantasei  miglioncini tonni tonni, sua Eccellenza”.

Sorridendo De Gasperi rispose alla democristiana: “Non sono né troppi né pochi. Comunque, ritenendo indispensabile tale opera, confermo il massimo appoggio da parte mia”.

“Per l’aggregazione, se proprio ci tenete, similmente assicuro il mio interessamento”.

Poi, tra un rinnovato tripudio, la macchina  scomparve lungo i giardini alzando un “polverone della madonna”.

 

 

Riteniamo utile dare uno sguardo ai numeri ed alla “dote della “nuova aggregata”. Il territorio, popolato da poco più poco meno di un migliaio di indigeni, comprendeva  la zona di Palo-Ladispoli-Monteroni: confinante a Sud con la strada  privata  Torlonia diretta a Ceri, ad Ovest col mare, a Nord con Campo di Mare-Pizzo di Prete-Sanguinara. La sua estensione complessiva era di ettari 1.517, così  ripartiti: LADISPOLI   (Fogli mappali  nn.   58-61-62-63)  Ha. 191; PALO  (Fogli mappali  nn.   59-66-67-68)  Ha. 375; MONTERONI (Fogli mappali  nn.     60-64-65)    Ha. 951

Un resoconto dettagliatissimo su quanto “trasferito” venne controfirmato in presenza dell’incaricato del Prefetto di Roma Dottor Luigi Giovenco dai due sindaci ed i due segretari comunali in data 16 Luglio 1949:

una carriola in legno di tipo e grandezza normale ed in pessimo stato; 3 corde di canapa lunghe ml 3 diametro cm.3  in buono stato, una bicicletta  marca “Corona” modello “Paasche” senza impianto di fanaleria e senza freni, quattro carrettini per la raccolta delle monnezza con bidoni metallici  e ruote gommate, più un carro botte per svuotamento  pozzi neri  con pompe a mano in mediocre stato. Vengono elencati anche i resti dei beni abbandonati dalle truppe tedesche in fuga: una decina di seggiole in legno mezze sfonnate, un armadio- scaffale  con sportelli divisori interni ed una macchina da scrivere  “Invicta” modello 5 .

All’interno delle due scuole elementari, quella di Via Lazio e quella di Palo, vennero lasciate in consegna una ottantina di banchi in abete tipo comune biposti, sei cattedre, quattro lavagne a muro ed una con cavalletto , un secchio di zinco, un attaccapanni, un crocefisso in legno tipo scolastico in discreto stato. Altri beni immobili: come un locale che fungeva da macello, un lavatoio pubblico, costituito da tettoia in eternit e legname con due vasche in cemento, completo di impianto idraulico funzionante, un piccolo cimitero comunale, con muro di cinta in tufo, cappella e custodia, sito sulla via di Palo, in prossimità del fosso Sanguinara, non ancora in funzione. L’approvvigionamento idrico effettuato a mezzo dell’acquedotto privato del “Ferraccio” di proprietà del Signor Piattella Alessandro, il servizio di nettezza urbana gestito in economia, qualche fitto passivo. Inoltre: Il dottor Verona Giuseppe, medico condotto, Pescini Paolina in Bargiacchi, levatrice condotta interina, Pierantozzi Luigi, vigile urbano di ruolo, Pontani Giuliano, impiegato avventizio addetto all’ufficio della delegazione, Picciotti Costantino, alunno ricevitore avventizio per le Imposte di consumo, Di Giuseppe Caterina, bidella avventizia della Scuola Elementare e Staid Salvatore, ex vigile urbano e già pensionato della previdenza sociale, facente il servizio di custode.

I dati sul dazio relativi all’anno 1946, riportati a matita su un foglio sfuso, danno l’idea del “giro” di affari dell’assorbita:  1.112.403,7 lire con punte massime raggiunte nei mesi centrali dell’estate che da soli  rendevano circa 700.000 mila lire.

Mentre la radio intervallava  “Ma chi se ne importa” di Morandi e “Ma come hai fatto” di Modugno, la seconda Commissione della Camera dei Deputati ,nella seduta del 28 11 1969, approvava l’ordine del giorno  della proposta di legge presentata dall’Onorevole Felici ed altri per “Costituzione in comune autonomo della frazione di Ladispoli del comune di Cerveteri con la denominazione di Ladispoli”. L’iniziativa parlamentare era stata presentata il 22 maggio del 1969 dall’Onorevole Cervone. Era una storia che veniva da lontano ,tanto che  Il 23  gennaio del 1965, la maggioranza dei contribuenti  di Ladispoli, unitamente a quelli di Cerimarina e Palo, avevano avanzato  istanza di autonomia al Ministero dell’Interno. Questo referendum per censo faceva seguito a pressanti iniziative di onorevoli amici ed a continue pressioni della stampa,innanzitutto del Tempo.Il Consiglio comunale,spesso diviso in fazioni localistiche, che aveva  espresso parere favorevole con  atto Numero 54 del 10 giugno del 1965.

La discussione in Commissione Camera  durò i tempi di un recupero  di un primo tempo. Intervenne solamente l’Onorevole Cesaroni che manifestò il suo assenso e quello del suo  partito alla proposta. L’Onorevole Felici ringraziò la Commissione “per aver riconosciuto la validità della sua iniziativa”.Il relatore Onorevole Mattarelli così concluse ”Nessun altro chiedendo di parlare dichiaro chiusa la discussione”. Presenti e votanti ventinove. Voti contrari zero. La riunione si chiuse alle 10.10.La Legge del 6 Maggio 1970, numero 240, relativa all’autonomia, venne pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale il 12 Maggio.

Il comune di Ladislao nasceva, per scissione, così come avviene per l’energia atomica.

Erano trascorsi venti anni e cinque mesi dal D.P.R.361 del 3-6-1949 che decretò  il passaggio di Ladispoli da frazione di Civitavecchia a frazione di Cerveteri: neanche il tempo utile per festeggiare le nozze d’argento.

Per la maggior parte dei cervetrani si trattò di una pugnalata alle spalle, non tanto perché i cognatini a mare si staccavano ( non si erano mai nasati) ma per la poca chiarezza di informazioni e soprattutto per la iniqua divisione dei due territori ipotizzata nella fettuccia autostradale.

Le discussioni sui confini fecero riemergere parole antiche, ritenute obsolete: recinti, gabbie, gallinari, frontiere, passaporti e lasciapassare.

Tra i più scalmanati tra le due popolazioni sapeva con precisione cosa significasse rivendicare  “le frontiere storiche”, perché, nella storia, niente  è più elastico dei sacri confini, e forse proprio per questo gli animi si scaldavano sempre più.

Che i ladispolani, prima o poi, se ne sarebbero andati era nell’ordine delle cose e la dimostrazione stava nelle tante volte in cui affioravano le incomprensioni e le differenti scelte di indirizzo economico ed urbanistico trai rappresentanti delle due comunità presenti in consiglio comunale. Non reggevano più le appartenenze politiche ma quelle di “nascita”.

Checchino Alfani, da molto tempo, aveva messo sull’avviso i consiglieri che sarebbe stato opportuno lasciarli andare da soli quanto prima perché ogni giorno che passava le richieste sarebbero state maggiori.

Troppo forte era le aderenze politiche romane e l’enorme campagna di stampa, sostenuta da un giornalista mezzo fascista, dalle pagine del giornale Il Tempo che facevano da rompighiaccio per le richieste dei ladispolani. Nessuno comunque, neanche il più fantasioso, avrebbe potuto immaginare che la divisione fosse disegnata come le due parti di una spaccarella .

 

Quello che successe è cronaca risaputa: non erano ancora le sette di mattina che più di tremila cervetrani  si trovarono di fronte alle Scuole:giovanotti, manovali, contadini, donne, molti studenti.

Il Gonfalone , seguito da un corteo variopinto, scese lungo i giardini, ingrossandosi man mano, sotto un tiepido sole che  accecava, in direzione di Vaccina.

L ‘Aurelia venne invasa :camion,carretti , trattori e due autocisterne, automobili vespe e motorini si misero di traverso sulla carreggiata, respingendo ,anche in modo energico, gli inviti delle forze dell’ordine a sgombrare.

Il traffico per e dalla capitale rimase bloccato per l’intera mattinata.Una occupazione anche  simbolica , come a dire che al massimo si sarebbe potuto tollerare  un confine a Pizzo di Prete, non oltre.

Verso mezzogiorno ,come convenuto, la manifestazione si sciolse ed i camion ,betoniere e trattori risalirono verso Cerveteri passando per  via dell’Infernaccio .

Molti i ripensamenti dei politici romani, le contromosse, gli sgambetti, le promesse non mantenute che, in seguito, fecero da sfondo a questa vicenda. Non mancarono neanche pullman carichi di cervetrani che nella sede della Provincia fecero il diavolo a quattro per impedire il sopruso, neci facemmo mancare alcune  bombette che, nottetempo, fecero saltare la condotta che portava acqua ai  cognatini a valle.

Insomma fu un periodo quantomeno movimentato, finché si giunse al 6 Maggio 1970 e alla Legge numero 240 relativa alla autonomia. I confini vennero ridisegnati più equamente rispetto a quelli che si volevano imporre, ma gli animi rimasero gonfi di risentimento.