E’ passato un anno.
Esattamente 365 giorni fa, a quest’ora, su Ladispoli e su altre zone del comprensorio, si scatenava l’apocalisse. E’ passato un anno, ma sembra veramente ieri. E non solo per alcune ferite che sono aperte ancora sul territorio. Sembra ieri perchè il ricordo di quel tragico 6 novembre 2016 difficilmente abbandonerà le menti di chi ha vissuto sulla propria pelle quel maledetto giorno. Una domenica in cui sembrava che Ladispoli fosse stata colpita dall’apocalisse, dalla furia della natura, dalla devastazione totale. Per motivi professionali in tanti anni ne abbiamo viste davvero molte di vicende drammatiche, ma quel giorno non lo dimenticheremo mai. Non possiamo scordare quando il tornado ha attraversato Ladispoli, portando morte e devastazione. Non possiamo dimenticare lo scenario che apparve agli occhi della gente quando si placò la furia degli elementi. Strade squarciate, palazzi sventrati, alberi sradicati, automobili distrutte, gigantesche gru di acciaio piegate come fuscelli, decine di persone ferite, sembrava veramente che la città fosse stata violentemente bombardata. C’è un dettaglio che, a distanza di dodici mesi, ancora è fisso come un fotogramma ripensando a quel malefico giorno. E’ il silenzio assordante che faceva da muta colonna sonora nel camminare per le strade di una Ladispoli distrutta dalla tromba d’aria. Un silenzio atroce, accompagnato dallo sguardo atterrito della gente che, spaventata e frastornata, usciva dalle case e dai luoghi dove si era andata a rifugiare per salvarsi dalla tempesta di vento e pioggia. Occhi atterriti, scene terrificanti, le tante foto che sono state pubblicate non possono nemmeno minimamente dare l’idea di cosa accadde un anno fa. Non è vero, amici lettori, che lo scorrere del tempo cura tutte le ferite. Al massimo le cicatrizza. Ma restano indelebili. A Ladispoli tanta gente ha paura dell’arrivo della stagione delle piogge, ormai ad ogni allerta meteo si riaffaccia l’incubo del tornado, chi ha avuto la casa, l’automobile, il negozio distrutti, ha legittimamente terrore solo al pensiero del maltempo autunnale. Per non ricordare le tante persone rimaste ferite dall’ondata di maltempo, molte delle quali portano sul fisico i segni dei danni causati dalla tromba d’aria. Nella giovane storia di Ladispoli il 6 novembre resta la giornata peggiore, quella più triste, il simbolo della fragilità dell’uomo davanti alla natura. Ma rimane anche la pagina più bella ed intensa di solidarietà, la domenica in cui Ladispoli si ricordò di essere una comunità. Tutti si rimboccarono le maniche per aiutare anche persone che non conoscevano, fu bello vedere la reazione di una città che si piegò ma non si arrese alla rabbia della natura. E’ passato un anno, ma nei nostri occhi quelle scene non spariranno mai.