L’autore Fabrizio Coniglio: “Ho sentito la necessità di mettermi in contatto con altre vite. Di dare voce a tutte quelle anime che hanno popolato il mio appartamento seppur virtualmente“.
Non lo conoscevo, ad attrarmi “tutti a casa mia”, il titolo dello spettacolo che sabato 28 maggio Fabrizio Coniglio porta in scena a Ladispoli, si tratta di una raccolta di lettere autentiche che ragazzi, da tutta Italia, gli hanno scritto come se fosse il loro confidente. Ne è venuto fuori un ritratto doloroso di un’adolescenza amputata. Lo spettacolo, della durata di 55 minuti, permette quindi un post spettacolo di approfondimento. Nell’attesa di vederlo in scena andiamo a conoscerlo.
Chi è Fabrizio?
Mi sono formato all’Accademia Stabile di Genova, ho fatto prevalentemente teatro, verso i 40 anni, sono approdato in Tv con la serie televisiva L’Allieva con Lino Guanciale e Alessandra Mastronardi per Rai Uno, un’altra è La compagnia del Cigno, quello dell’Allieva è un personaggio molto buffo che mi ha fatto conoscere al grande pubblico. A livello teatrale invece, mi sono sempre occupato di spettacoli di impegno civile: sul Caso Calipari, la vicenda dell’agente ucciso in Iraq per liberare la giornalista Giuliana Sgrena, poi una versione tratta dal romanzo di Cerami, Un borghese piccolo piccolo, con Massimo Dapporto come protagonista e le musiche di Massimo Piovani. Questo mi ha fatto conoscere come regista su scala nazionale.
“Tutti a casa mia”come nasce?
Durante il primo lockdown, il più duro perché inatteso. Avendo sempre fatto spettacoli per le scuole portando i temi della legalità, ho chiesto ai presidi e agli insegnanti di farmi scrivere dai ragazzi come vivevano questo momento, ripensando a me alla loro età. É il momento più vitale, di forte contatto con il mondo esterno. Ho immaginato quanto sia stato difficile per i giovanissimi affrontare l’isolamento. L’amputazione dell’adolescenza è stata drammatica, dai risvolti tragici sugli adolescenti con seri disturbi comportamentali. C’é stato un aumento del 30% dei suicidi in fascia adolescenziale.
Lo ritieni un disagio sottovalutato?
La cosa più devastante è non essere strutturati da un punto di vista di ricadute: c’è gente che non ha vissuto la maturità, le gite scolastiche, gli amori, la scoperta dell’amicizia, chi si farà carico di queste cose? Mi aspetto che come siamo stati così tempestivi da un punto di vista di divieti, che sono facili e non costano nulla, adesso si sia altrettanto tempestivi nel capire le ricadute di quanto scelto. Ma purtroppo non vedo uno spiraglio adesso c’è il bombardamento mediatico sulla guerra. Un conto è l’informazione un conto la bulimia di terrore, direi basta con il varietà del dolore.
Tornando all’intrattenimento ‘quello bello’, allo spettacolo che proponi …
I ragazzi mi hanno scritto da tutta l’Italia, ho raccolto circa 250 mail di lettere, estrapolandone 20 che mi hanno toccato profondamente è nato questo spettacolo che di fatto è un epistolario. Ha il valore di una testimonianza storica in quanto non è una riflessione dei ragazzi a posteriori, ma è di getto, al momento: chi mi parla della simpatia con un ragazzo che vede solo via telefono o della mancanza di amore, chi avendo perso a solo 17 anni un fratellino di una malattia del Dna vuole diventare medico per curare tutte le malattie genetiche. Mentre tra gli adulti, ho selezionati solo due medici che hanno saputo dell’iniziativa.
Dopo un’esperienza così intensa, è cambiata la tua percezione verso i giovani?
Mi hanno sempre affascinato, per loro proponevo spettacoli al Teatro Argentina ad un prezzo speciale e replicherò l’iniziativa. Non ha fatto che aumentare la mia percezione positiva verso di loro, noi siamo estremamente giudicanti, tutti gli adulti lo sono verso gli adolescenti, secondo me per invidia! Quando io ero adolescente gli adulti parlavano male di noi, adesso è il nostro turno di parlare male degli adolescenti. Un esempio è il luogo comune dell’abuso di tecnologia, che trovo ridicolo.
É un luogo comune?
Sicuramente va moderato l’uso, ma ammettiamo pure che in questo momento ha permesso di fare lezione a distanza, anche se pessima, l’hanno potuto fare oppure restare in contatto con gli altri. Se accadeva trenta anni fa, come si gestiva un lockdown? È uno strumento utile, se poi diventa una dipendenza è un’altra cosa. Dalle loro lettere emerge che leggono, scrivono parole meravigliose, sono creativi non alieni.
Ladispoli è popolata da molti giovani che si ritroveranno nelle tue parole
Sarà uno momento molto semplice, io sul palco in pigiama leggerò le lettere, cercando di restituire le loro emozioni. Abitando a Roma vengo spesso a Ladispoli per un pranzo in riva al mare. L’idea dello spettacolo che propongo sabato è nata spontaneamente parlando con gli organizzatori di Ladispolibri, insieme a Stefano Masciarelli avevamo proposto degli spettacoli ironici per l’estate e il monologo è stato ritenuto in armonia con fiera del libro.
Ti appaga di più scrivere o interpretare un ruolo?
Recitare è molto bello sia in teatro sia in una serie Tv, però è nel pensare e raccontare una storia che ritrovo me stesso, creare è appagante.
Da piccolo la immaginavi così la tua vita?
Il mio sogno nel cassetto era recitare, posso dire di averlo realizzato, sono contento della mia vita artistica nonostante le difficoltà che si incontrano.
In questo periodo in cui l’arte è stata messa da parte, ti sei sentito perso?
Stavo girando una serie, interrotta dal Covid ma si è tornati presto sul set. Il teatro invece mi è mancato tanto, nell’anima: sentire il pubblico in sala, il dietro le quinte, l’emozione di portare in scena una storia che interpretata dal vivo è magia.
Il teatro è calore, qual’è invece il fascino del set?
Nella serie l’Allieva, dove ho fatto tre stagioni, con i colleghi si è creato affiatamento. Tra loro qualcuno è cresciuto, con qualcuno siamo invecchiati nella serie. Si creano rapporti umani molto forti anche sul set, una complicità che quando si recita si vede.
Ladispolibri – Giardini Nazareno Fedeli, Ladispoli – sabato 28 maggio 2022 ore 19
“Tutti a casa mia” di Fabrizio Coniglio
di Barbara Pignataro