IL TRIBUNALE DI PALERMO AFFERMA CHE UN POLIZIOTTO È MORTO PER ELETTROSMOG. L’APPELLO RIBALTA IL VERDETTO. LA VEDOVA ORA SPERA NELLA CASSAZIONE. E I CASI AUMENTANO.
di Maurizio Martucci
Dopo il clamore della sentenza della Corte d’Appello di Torino in favore di un lavoratore Telecom danneggiato dall’elettrosmog del proprio telefono cellulare di servizio, spunta un’altra sentenza che fa discutere. Ancora una volta tumore alla testa, stavolta maligno e fatale. E ancora una volta l’elettrosmog sotto processo. Con una sentenza di primo grado che ne riconosce il nesso causale e la seconda in appello a ribaltarne il verdetto. In attesa della Suprema Corte di Cassazione.
I fatti: nel 2010 muore a 44 anni per un tumore alla testa (glioblastoma cerebrale) un dirigente Polizia di Stato in servizio a Palermo, assegnato alla squadra mobile e poi nella sezione catturandi. “La vedova si rendeva conto del fatto che il glioblastoma è una forma tumorale legata all’esposizione a radiazioni elettromagnetiche – si legge nelle carte processuali – Decideva dunque di presentare domanda di attribuzione benefici VITTIMA DEL DOVERE, in relazione alla patologia contratta nei lunghi anni di esposizione. Poiché il marito era rimasto esposto a fattore patogeno specifico durante una indifesa attività di contrasto della criminalità”.
Nel 2017 la sezione lavoro della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Palermo sentenzia in favore della vedova, riconoscendo nel marito una ‘vittima del dovere’, cioè morto per causa di servizio: svolgendo attività di intelligence, era infatti in costante “contatto, giorno e notte con i propri uomini, e avendo grande attenzione alle intercettazioni ambientali che curava in lunghe ore di permanenza in luoghi angusti , in cui si trovavano le apparecchiature elettroniche di ricezione “ e che usasse “pressoché costantemente il telefono cellulare (un Nokia 5220 ..uno dei modelli dotato di maggior indice di emissione SAR ), tenendolo “ … dalla parte sinistra” dovendo prendere costantemente appunti”. Datore di lavoro, con l’Avvocatura dello Stato il Ministero dell’Interno fa ricorso in appello.
Nel 2019 verdetto ribaltato nel secondo grado di giudizio. Per l’agente deceduto, negato il nesso causale tra il tumore maligno alla testa e l’irradiazione costante assorbita dal cellulare di servizio, nonostante “dalla descrizione e dalla documentazione presente agli atti emerge che il fatto è avvenuto in un soggetto che ha agito per molti anni in particolari condizioni ambientali e operative: continuo uso di cellulare nelle 24 ore, stazionamento in locali angusti con presenza di apparecchiature che emettono radiazioni elettromagnetiche”.
Il secondo giudice, affidata la perizia ad un consulente tecnico d’ufficio, non ha creduto all’accusa affidandosi alla letteratura medico-scientifica prodotta dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) e dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS): “la IARC – afferma la seconda sentenza – ha classificato i campi elettromagnetici nel gruppo 2B come “possibilmente cancerogeni per l’uomo” e non come “probabilmente cancerogeni” (Gruppo 2A ) né come “cangerogeni certi” (Gruppo 1, in cui sono compresi ad esempio i lettini abbronzanti che emettono UV e il radon presente nelle abitazioni)”.
Mentre l’ISS, scrive sempre il giudice di Palermo, nel documento “Campi elettromagnetici a radiofrequenza, Alessandro Polichetti, Direttore del Reparto di Radiazioni Non Ionizzanti, Dipartimento di Tecnologie e Salute”, sostiene che “si deve tenere presente che solo in presenza di evidenze scientifiche più consistenti la IARC avrebbe classificato i campi elettromagnetici nel gruppo 2A dei “ probabilmente cancerogeni per l’uomo “ (per esempio in presenza di un’evidenza sufficiente di cancerogenicità negli animali da esperimento ) o nel gruppo 1 dei “ cancerogeni per l’uomo” (per esempio in presenza di un’evidenza “sufficiente” di cancerogenicità proveniente da studi epdiemioelogici)”.
Il punto è proprio questo: pur non entrando nel merito, dal ricorso in Cassazione può uscire l’ennesima sentenza che riaprirebbe clamorosamente il caso. Perché adesso la IARC, con priorità assoluta vista l’incombenza dello tsunami elettromagnetico del 5G, ha ufficializzato la rivalutazione della cancerogenesi delle radiofrequenze onde non ionizzanti sulla scorta dell’aggiornamento degli studi indipendenti che potrebbero far schizzare l’elettrosmog in probabile (Classe 2A) se non addirittura in agente cancerogeno certo (Classe 1), mentre dalla Corte d’Appello di Torino l’ISS ne esce praticamente sbugiardata perché “usa in modo inappropriato i dati sull’andamento dell’incidenza dei tumori cerebrali…non tiene conto dei recenti studi sperimentali su animali”, dichiarandosi incerto sugli effetti associati ad un uso intenso e prolungato di cellulari.
Senza poi dimenticare che l’Alleanza Contro il Cancro, promossa anche dal Ministero della Salute, sta ultimando la ricerca sul glioblastoma nella correlazione proprio coi campi elettromagnetici.