Tromba d’aria a Ladispoli: “Nemmeno i bombardamenti fecero questo disastro”

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Ladispoli e Cerveteri, ancora sconvolte per il violento tornado, debbono rialzare la testa di Gianni Palmieri

Sono passati cinque giorni. Ma il ricordo ed il terrore sono ancora presenti negli occhi della gente di Ladispoli e Cerveteri che ha visto le proprie città devastate da una tromba d’aria di eccezionale violenza. Un tornado che ha ucciso un cittadino indiano che da anni lavorava a Ladispoli dove si era creato una famiglia. Un tornado che ha provocato feriti, distruzioni, crolli e danni per un ammontare che complessivamente si aggirerebbe sui venti milioni di euro. Una devastazione così grande che la Regione Lazio ha accettato immediatamente la richiesta di calamità naturale avanzata dalle due amministrazioni comunali. Ci vorrà tempo, saranno necessarie verifiche e controlli, ma si spera che le centinaia di famiglie che hanno visto le loro case, le aziende agricole, i negozi e le automobili distrutte dalla furia della tromba d’aria possano ottenere i giusti risarcimenti per tornare a vivere e lavorare. Le scene che abbiamo visto in questi giorni a Ladispoli e Cerveteri, come confermano le foto pubblicate questa settimana su L’Ortica, sono state un vero pugno allo stomaco, un colpo al cuore che ha stordito ma non abbattuto il nostro litorale. Ladispoli e Cerveteri sono ferite, sono arrabbiate, sono preoccupate. Ma non hanno mollato e si stanno lentamente rialzando dopo questo disastro che non ha precedenti sulla nostra fascia costiera. Di quella maledetta domenica 6 novembre vogliamo infatti ricordare dei fotogrammi che non sono soltanto quelli di case crollate, alberi abbattuti e persone che cercavano scampo dalla furia degli elementi. Quella è già storia, snocciolata e raccontata nei minimi dettagli in questi giorni dai mass media. L’Ortica vuole ricordare cosa è accaduto pochi istanti dopo il passaggio del tornado. Quando abbiamo visto decine di persone scendere in strada, correre in soccorso di chi era rimasto ferito sotto le macerie o prigioniero nelle automobili distrutte da mattoni, cornicioni crollati ed alberi caduti. Quella solidarietà che è scattata spontanea quando finalmente Ladispoli e Cerveteri hanno riscoperto quella coscienza civile e quello spirito di solidarietà che da tempo sembravano essere morti e sepolti. O forse solo dimenticati. In pochi istanti è cambiato uno scenario sociale. Sì, è vero, abbiamo il centro urbano di Ladispoli e le aree rurali di Cerveteri sconquassate dal tornado, ma abbiamo anche cancellato anni di diffidenza e di indifferenza. Diciamoci la verità amici lettori, ci sono molti che nemmeno sanno come si chiama il vicino di casa e lo guardano in cagnesco senza sapere nemmeno perchè.  Si dice sempre che per fare la frittata occorre rompere le uova, ebbene speriamo che da questo disastro immane si possa ricominciare tutti insieme. Oltre le barriere ideologiche, politiche, etniche e religiose che da troppo tempo stanno avvelenando il litorale. E’ il momento di lasciare tristezza e rassegnazione, abbiamo voglia di metterci presto alle spalle questo maledetto 2016, anno  bisesto, anno funesto, come scrivemmo lo scorso gennaio. Un annus horribilis che a Ladispoli e Cerveteri ha portato lutti, attentati, incidenti ed ora un tornado dalla violenza inaudita per il mar Tirreno. E’ ora di aiutare chi ha subito i danni del ciclone, ma soprattutto di rialzare la testa, di reagire, di guardare con occhi nuovi al futuro. Quella voglia di non mollare mai che abbiamo visto in tanti anziani che, un minuto dopo la devastazione, erano già a raccogliere macerie, ad aiutare persone in difficoltà. Ci ha colpito la frase di un arzillo novantenne di Ladispoli che, mentre scattavamo le foto per immortalare questa sciagura, ci ha detto con gli occhi lucidi: “Io c’ero nel 1943 quando Ladispoli fu bombardata dagli Alleati che distrussero anche Torre Flavia dove erano nascosti i tedeschi. Ti assicuro che il tornando è stato peggio di un bombardamento. Ho visto una devastazione che pensavo non potesse accadere per eventi naturali. Ma tutti insieme riavremo la nostra Ladispoli”.

Ecco, le parole di chi ha superato una tragedia immane come la guerra mondiale debbono essere il trampolino di lancio per superare questo pugno in pieno visto che ha tramortito le due città. Che, non neghiamolo, hanno tanti problemi da risolvere, ad iniziare da quel perduto senso di identità che ha spianato la strada ad incivili di ogni tipo che approfittano per trasformare strade ed aree rurali sovente in discariche a cielo aperto. Ora c’è da rimboccarsi le maniche, avere un obiettivo comune, mettere da parte divisioni ed incomprensioni per una vera rinascita. Questo maledetto tornado può essere la chance migliore per ricominciare da capo. Tutti insieme. Con un solo grande grido che deve unire Ladispoli e Cerveteri: Barcollo, ma non mollo.

Forza Ladispoli e Cerveteri, non sarà una tromba d’aria a cancellare anni di storia.