Tutti siamo consapevoli che la vita ha tempi molto veloci e che vorremmo che rallentasse.
Tutti cerchiamo di avere degli spazi personali ma le varie soluzioni portano ad un incastro faticoso, tanto che lo spazio per se stessi diventa alla fine una fatica e viene progressivamente dimenticato. Questa è la fast life.
Vorrei, innanzitutto, riflettere su un concetto, “il senso del tempo”: c’è il tempo biologico, il tempo personale, il tempo imposto. Nella nostra cultura il tempo è tendenzialmente definito: c’è il tempo giusto per fare una cosa, c’è il tempo biologico per sposarsi ed fare dei figli, c’è il tempo che non deve essere sprecato. È come se il tempo personale fosse scandito da variabili esterne e non si desse la possibilità all’individuo di decidere il proprio tempo.
In psicoterapia, invece, si cerca di far riprendere il contatto con il tempo personale ossia lo spazio dentro cui la persona si dà il permesso di ascoltarsi, di acquisire, di perdere e di lasciare andare. Il tutto con il proprio ritmo, con il proprio senso del tempo. Il risultato è che, spesso, la persona raggiunge la consapevolezza che il tempo personale è diverso dall’uso del tempo fatto finora, imposto dall’esterno e che i due tempi possono essere percepiti come completamente diversi.
Torniamo, quindi, al concetto originario: la fast life. Questo concetto coinvolge non solo gli adulti ma anche i bambini, diventando, purtroppo, uno stile di vita. Facciamo l’esempio della tecnologia: oggi acquistiamo un cellulare di ultima generazione e domani è già sorpassato. Facciamo un secondo esempio: i cartoni animati che vedono i bambini sono molto diversi da quelli che vedevamo noi adulti; infatti, ora la storia dura la singola puntata, in quelli vecchi la storia si evolveva durante la serie. Il rischio è che i bambini vengano abituati a pensare in modo veloce, perdendo l’abitudine dell’attesa. Tutto rischia di venire percepito con una risoluzione immediata. Si rifletteva su questo concetto con una persona che sta facendo un percorso di psicoterapia: la difficoltà di concentrarsi sul qui ed ora ma pensare al poi, a quando quell’evento sarà finito.
Il concetto di fast life può portare a scavalcare il momento presente, pensando solo al successivo o a ciò che potrebbe succedere in futuro (a breve o a lungo termine). Si potrebbe verificare che il momento presente viene vissuto quasi esclusivamente come momento di difficoltà, manifestandosi con il sintomo d’ansia, con l’attacco di panico, con la paura anziché come semplice osservazione del momento presente.
Ma è proprio così difficile pensare al momento presente e ritagliarsi uno spazio per sé? Alle volte sì, è difficilissimo; altre volte, invece, potrebbe essere un modo per evitare l’intimità con se stessi e con gli altri. Eric Berne parlava della ricerca delle “carezze”, ossia la ricerca della soddisfazione dei propri bisogni, primari e secondari. Tutti, anche da adulti, cerchiamo le “carezze” ma, se da bambini queste non sono state viste, ascoltate, soddisfatte e hanno provocato molta delusione, da adulti, pur di non riprovare la stessa delusione, si evita l’intimità con gli altri e con noi stessi, strutturando, per esempio, il tempo in modo veloce. Ricontattare l’intimità attraverso un tempo lento, potrebbe far aprire la porta della delusione.
Dottoressa Anna Maria Rita Masin
Psicologa – Psicoterapeuta Psicologa Giuridico-Forense
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