TERRE DEL SASSO E DINTORNI

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UN PARADISO TRA CERVETERI E BRACCIANO DA CONSERVARE COME PUPILLA DEGLI OCCHI.

di Angelo Alfani

Terre del Sasso e Dintorni. La calura quando arriva non fa sconti, ti costringe a cercare refrigerio al mare o salendo verso i colli che circondano le piane del Vaccina, dello Zambra, Centocorvi e Montetosto.

Si sceglie di salire verso il colle più elevato: Monte Santo che, sovrastandolo, protegge da un lato l’antico borgo del Sasso. La strada che da Cerveteri conduce al bivio delle Due Casette ha, da un decennio, festeggiato le nozze d’oro, senza variazione di sorta, se non leccate di bitume ogni tot di anni. Inimmaginabili invece le variazioni avvenute, a partire dagli Ottanta, in ragione della straordinaria antropizzazione del territorio che ha sostituito la fosforescenza smeraldina delle lucciole con una sequenza di luci che illuminano residenze signorili lungo i crinali sassosi e cretosi. Terra che rendeva blasfemi anche i più santi tra gli assegnatari dell’Ente Maremma costretti a fatiche di Sisifo nell’ammucchiare macere e restare impantanati in una fanghiglia dal colore giallognolo, oggi per lo più occupata da pati, alberi esotici, pratini sbarbati, pannelli solari, circondati da muri di tufo e cancellate muniti di occhi che registrano ogni passaggio, ogni frusciare. Un Paese mutato in se stesso, irreversibilmente.

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Ponte degli Austriaci Foto di G. L. Frittellini

All’altezza del fosso del Norcino un gruppo di ciclisti, famiglie intere, ci costringe a fermarsi. Chiedono la strada che porta alle cascatelle. Decidiamo di fargli strada. La ex carrareccia che affianca il fosso del Norcino, a parte qualche leggero smottamento tipico della natura del luogo, è facilmente percorribile: i nuovi inquilini ci pongono attenzione e cura. Dopo circa un chilometro di un saliscendi, dritto come la maggior parte dei viottoli che conducevano i contadini alle loro case, ci si ferma ad un cancello che indica proprietà privata, con uno stretto passaggio che affianca un magnifico vigneto. Sorprende vedere il lato destro della strada occupato da automobili e moto. Sono altre decine di visitatori di un paradiso che si inerpica tra i boschi e le macchie, lungo fossi che mostrano il letto asciutto per riempirsi di acqua cristallina nei mesi invernali e primaverili ed antichi percorsi, che portano verso il Sambuco, verso Santa Barbara. Torrenti che offrono al camminante inaspettati bottagoni ombrosi, dalle piccole spiagge alimentati da cascatelle che precipitano fragorosamente. Il nome delle alture che susseguendosi l’un l’altra, portano alla piana di Castel Giuliano ed alla Caldara, evocano precise situazioni: monte Rastrello, monte Stradella, monte Cisterna e monte Fontana, con un fontanile di rara bellezza a mezza costa.

TERRE DEL SASSO E DINTORNI

Altro toponimo del luogo sono le Galeracce, più o meno a metà costa, con un antico casolare ancora in buono stato, stalle e depositi. Un fontanile detto delle zinne perché due sono le cannelle che sprigionano acqua. Da un angolo, tra il verde intenso di secolari querce e non rare sughere fa capolino l’azzurro del mare: da conservare così come è. Il nome Galeracce, già nel catasto gregoriano del 1818, rimanda alla presenza di un bagno penale: carcerati utilizzati dai signori del luogo come forza lavoro per dissodare i terreni, costruire muretti a secco, tenere fruibili le strade vicinali che dal versante mare e dai terreni a pascolo e grano, portavano all’interno. Forse non è fantasia ritenere che la documentata presenza di un campo di prigionieri Austro-Ungarici, della prima guerra nel territorio di Bracciano, possa coincidere con lo stesso posto, per certo ha coinciso l’utilizzo. Adibiti anche loro a lavori di pubblica utilità, decimati da malnutrizione e dalla terribile Spagnola, ricostruirono il ponte sul fosso della Mola, chiamato dai locali degli austriaci. Ponte che aveva sopportato i passi di etruschi e romani, di armenti, frati e briganti, guardiacaccia e di centinaia di cervetrani rifugiatisi a Castello per paura dei bombardamenti.

Sempre più numerosi intanto i camminatori che zompando tra i sassi di guadi del fosso della Mola rimangono affascinati dalle cascatelle naturali che si incontrano lungo questa ancestrale strada. Un percorso affascinante, un tempo solo estivo, che può ricongiungersi a quello di Montestosto:diramazione dopo diramazione, in cui non è raro incontrare ricci, osservare ‘sgarufamenti’ di cinghiali ed istrici, frullar di upupe e bucare fratte di merli. Giunti finalmente al Sasso mi intrattengo con dei vecchi amici fuori l’arco che immette nel lastricato a pietra manzianese. Nell’entusiasmo dei ricordi mostrano preoccupazione, memori dello sfasciume di Pian della Carlotta e delle bifamiliari che si scapicollano a ridosso del Borgo, per quanto possa ancora accadere. Non vorrebbero, mi confessano che, sulla spinta di quanto sta avvenendo nel grande ranch di Santa Barbara, ora proprietà Fiorucci, altri appetiti possano procurare ferite insanabili. Nel frattempo i terreni a ridosso del ranch sono passati di mano. Che le tante sentinelle del territorio tengano ben aperti gli occhi in attesa che ritornino le lucciole “reliquia o memoria di luce nella paurosa oscurità”.