di Angelo Alfani
È nota l’amicizia del Maestro Roberto Rossellini con Vittorio Mussolini appassionato mecenate della settima arte. Del tutto sconosciuta, o quasi, è l’amicizia e la stima che per un triennio ha legato Checchino Alfani col padre del neorealismo.
Da ricordi sbiaditi dallo scorrere degli anni i due si erano avvistati e nasati sul treno che da Roma portava a Ladispoli: Alfani, uno studente-pendolare manco ventenne e il Maestro che nella spiaggia della salute vi trascorreva dei lunghi periodi.
Per Checchino l’incontro con Rossellini fu un colpo di fulmine: chi, appena ventenne, non poteva non essere affascinato dal mondo del cinema?
Ad accrescere a dismisura la figura di Rossellini agli occhi del giovanotto cervetrano era la raffinata eleganza, il manifesto successo con le donne, la sfrontatezza con cui affrontava le difficoltà nel trovare i quattrini o nel rimandare sine die le scadenze contratte per filmare, le soluzioni geniali che trovava per risolvere le difficoltà di un periodo drammatico come quello.
La curiosità spinse Checchino ad andare ad assistere alle riprese del documentario Fantasia sottomarina, girato dal suo “amico” nel fosso Sanguinara, all’altezza del Boietto.
Racconta la eterna storia della battaglia tra cattivi e buoni, prepotenti e succubi, ricchi e poveri nella gara della sopravvivenza, mettendo in scena gli scontri tra gli abitatori dei fondali marini. I pesci protagonisti erano tenuti in bacinelle ed, altra cosa che stupì il giovanotto, fu l’utilizzo di una lente di ingrandimento, posta davanti alla macchina da presa, per rendere giganti anche dei piccoli polipi.
Da allora i due cominciarono a frequentarsi con una certa assiduità: frequenti furono le visite che Rossellini fece a Cerveteri nella casa della famiglia Alfani, ammaliato dal cinghiale in umido e dalle fritture, delle più svariate, che, Elvira, la madre di Checchino, era solita servire agli ospiti di riguardo.
Nel giugno del 1942 iniziarono nella piana che da Monteroni porta all’odierna Valcanneto le riprese del film L’uomo dalla croce.
Il giovanissimo amico cervetrano venne scelto dal Maestro per fare il segretario di edizione, anche se un paio di scene della battaglia con carri armati e cavalleria (fatti pervenire sul set a seguito di una telefonata del figlio del Duce) gli si possono attribuire in quanto Roberto, assente dalle riprese per le più diverse ragioni, gli aveva dato precise direttive.
Per alcune settimane, poche, un altrettanto giovane Peppino Rotunno, premio Oscar per la fotografia, partecipò alle riprese.
Il film di Rossellini racconta le vicende di un cappellano militare durante la campagna di Russia.
Precede di due anni Roma città aperta, con una figura analoga di sacerdote patriota protagonista.
Il cappellano era fascista e fatto prigioniero dai sovietici per non aver voluto abbandonare i carristi feriti. Interrogato e maltrattato da un commissario staliniano finiva colpito a morte, durante un apostolato nella steppa, tra vedove ucraine e orfanelli ortodossi.
Molte le comparse locali e gli operai che ricostruirono un villaggio con kolkoz nella piana del Sanguinara: una mano santa, visti i tempi, i soldi che riuscirono a portarsi a casa. Grandi Maestri, allora. Oggi in un paese che, maliziosamente, viene chiamato Scopinopoli, ci accontentiamo di cinematografari.