Terni e la Cascata delle Marmore nella Divina Commedia. La memoria perduta

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Pierluigi Bonifazi e Federica Padella, attraverso uno studio comparato, avanzano l’ipotesi che Terni, la Valnerina e la Cascata delle Marmore abbiano ispirato alcuni “luoghi danteschi” dell’Inferno.

di Andrea Macciò
Dall’autore di “Umbria Antica. Storia e genetica di un popolo dimenticato” Pierluigi Bonifazi, in collaborazione con Federica Padella, “Terni e la Cascata delle Marmore nella Divina Commedia. La memoria perduta” è un’interessante pubblicazione nella quale si avanza l’ipotesi che Dante Alighieri si sia ispirato per scrivere alcuni dei canti dell’Inferno a Terni e alla Val Nerina.
Il libro è introdotto da una prefazione del Professor Alessio Zenone, docente di lettere presso l’Istituto Casagrande Cesi di Terni.
La guida di Dante, Virgilio, nell’Eneide, che possiamo considerare una vera e propria opera “di propaganda” commissionata da Ottaviano Augusto per costruire la leggenda delle origini della Roma Imperiale, nel settimo libro cita direttamente i fiumi Velino e Nera e “il Lago di Diana” metafora del lago di Piediluco, toponimo che significa appunto “ai piedi del bosco sacro” lucus consacrato a Diana. In epoca romana era conosciuto appunto come “Lago di Diana”. Lo stesso Virgilio individua la porta degli Inferi nella Valle d’Ampsancti.
“Nel centro d’Italia giace tra i monti un luogo famoso, la Valle d’Ampsancti, una foresta scura di foglie dense” (Eneide, Libro VII, vv. 563-571). Se oggi la versione ufficiale situa quest’area presso il Lago d’Ansanto in Irpinia, l’ipotesi sostenuta nel libro sottolinea che Virgilio parla dell’Italia Centrale, mentre la provincia di Avellino è nel Sud, di una densissima foresta e di una “voragine” la cui descrizione non corrisponde al lago irpino, scarsamente profondo, mentre assomiglia moltissimo alla descrizione del primo profondissimo laghetto della Cascata.
La “Valle d’Ampsancti” sarebbe quindi l’area nella quale si trovavano le necropoli protostoriche di Pentima e San Pietro in Campo: sono numerosi gli storici, come Francesco Angeloni, che ricostruiscono come “Nesanto” e “Amposanto” fossero nomi usati per descrivere questo luogo. Ma perché Dante avrebbe scelto la Cascata delle Marmore, Terni e la Valle d’Ampsanto per ambientare i canti dell’Inferno nei quali descrive i gironi dedicati agli “eresiarchi” e agli eretici in generale?  Sono i canti nei quali descrive la città di Dite, con la sua distesa di tombe infuocate, dalla quale sortirà nel Canto X “l’eretico” Farinata degli Uberti.
Nel periodo durante il quale Dante scrisse la Commedia Terni era una delle città più ribelli e resistenti alla cristianizzazione e al potere della Chiesa di Roma di quello che allora era lo Stato Pontificio. Non ebbe un vescovo per molti secoli, gli abitanti della città e della Val Nerina profondamente legati alla cultura pagana e ai cicli di morte e rinascita della natura, erano restii ad accettare la morale sessuale cristiana ed erano apertamente ghibellini. La lotta tra le due fazioni è stata nella zona del ternano non solo politica, ma anche una “guerra di religione” perché le famiglie ghibelline erano pagane. La “città ribelle” fu domata definitivamente solo nel XVI Sec.
La suggestiva storia sociale e politica di Terni e la bellezza dei luoghi secondo gli autori del libro, assieme alla citazione virgiliana della Valle d’Ampsanto, avrebbero portato Dante a usare Terni, la “trista conca” citata nel canto nono dell’Inferno, la “selva oscura” dei boschi della Val Nerina e lo spettacolo che nel Duecento doveva essere davvero impressionante delle necropoli di Pentima e San Piero in Campo come “ambientazione” di alcuni dei canti centrali dell’Inferno. Dante come sappiamo apparteneva alla fazione dei “Guelfi Bianchi” e pur essendo avversario politico dei ghibellini era un grande sostenitore dell’indipendenza delle città e dei comuni. “O voi ch’avete li intelletti sani, mirate la dottrina che s’asconde, sotto l’velame de li versi strani” (Divina Commedia, Inferno, IX, vv-61-63) e nella sua opera, che è un poema allegorico, si legge spesso la sua “ammirazione” verso alcune delle figure che in apparenza condanna alla dannazione eterna: basti pensare al canto dedicato a Paolo e Francesca, una delle più potente descrizione dell’amore incondizionato e assoluto “mascherata” da condanna, o la figura possente dell’eretico Farinata degli Uberti, verso il quale è palese l’ammirazione del poeta.
Analogamente, come ricostruisce Massimo Verdicchio ne “La poetica del Paradiso” di Dante, il terzo libro della Commedia va letto in senso allegorico, come una critica impietosa alle istituzioni della Chiesa e della Monarchia, e a molte delle figure rappresentate nel Paradiso stesso.
Affascinato dalla bellezza selvaggia dei luoghi, dalla fiera resistenza della città di Terni al potere romano e influenzato dalla fonte culturale virgiliana, secondo le tesi del libro di Pierluigi Bonifazi e Federica Padella Terni, la Cascata delle Marmore e la Val Nerina sarebbero “luoghi danteschi” nei quali il Poeta avrebbe ambientato la Commedia. L’ipotesi è sorretta da numerosi fonti storiche e da una ricerca condotta con rigorosa prassi scientifica, e Dante era solito usare le suggestioni di luoghi reali e visitati di persona come certamente accadde con l’area ternana per ricavare suggestioni sui luoghi “metafisici” nei quali è ambientato il poema.
Non sono infrequenti i riferimenti diretti, nel canto XVIII dell’Inferno stesso Dante parla del “vento di Focara” che allude alla suggestiva località che sovrasta la costa del Monte San Bartolo a Pesaro, e nel Purgatorio allude al fiume Entella in Liguria, tra Chiavari e Sestri Levante “la fiumana bella”.
Per quanto riguarda i canti presi in oggetto dallo studio, Dante pur non facendo riferimenti diretti ha, secondo gli autori del libro, disseminato i suoi versi di riferimenti espliciti alla conca ternana, alla Cascata e alla Val Nerina.
Un’ipotesi molto interessante, che apre interessanti spunti di ricerca per rinnovare la critica dantesca e che ha già destato l’interesse di numerosi studiosi locali di letteratura e del poeta fiorentino.
Un’opera, quella di Dante, fortemente legata al tempo nel quale è stata scritta, e nello stesso eterna grazie alla scelta di scriverla in forma allegorica, e che continua ad offrire spunti ed ipotesi di ricerca di grande interesse ancora oggi.