TRA POCHI GIORNI SARANNO 43 ANNI DALL’ATTO TERRORISTICO PIÙ SANGUINARIO DELLA STORIA DELLA REPUBBLICA ITALIANA, 85 MORTI E PIÙ DI 200 FERITI. NEL LIBRO “I SEGRETI DI BOLOGNA” L’EX GIUDICE ROSARIO PRIORE E L’AVVOCATO VALERIO CUTONILLI SCRIVONO DI MISTERI ANCORA TUTTI DA RISOLVERE. C’È UN’ALTRA VERITÀ?
di Maurizio Martucci
Alle ore 10.25 del prossimo 2 Agosto, cioè tra poco meno di un mese, saranno passati esattamente 43 anni dalla strage più efferata della storia della Repubblica italiana, compiuta in piena estate, sul treno delle vacanze degli italiani, la più sanguinaria dal secondo dopoguerra ad oggi che, però, conserva ancora troppi misteri e interrogativi senza risposta, nonostante tre maxi-processi, le sentenze di condanna e le responsabilità degli esecutori accertate dalla magistratura.
“La Procura generale chiede alla Corte che la sentenza venga riformata, riqualificando il reato da strage comune a strage politica”, si legge nel dispositivo dell’ultima richiesta, recentissima, avanzata dalla procura generale alla Corte d’assise d’appello bolognese che sta riprocessando Gilberto Cavallini, ex Nuclei Armati Rivoluzionari, eversione d’estrema destra come gli ergastolani Valerio Fioravanti e Francesca Mambro e il pluricondannato Luigi Ciavardini. “Permangono domande senza risposta”, al primo investimento al Quirinale sette anni fa dichiarò Sergio Mattarella, chiedendo il Capo dello Stato sforzi “per raggiungere quella verità, premessa di giustizia”. Perché? Quale verità storica deve ancora essere raggiunta?
Scritto dall’ex giudice Rosario Priore e dall’avvocato Valerio Cutonilli, il libro “I segreti di Bologna” (Edizioni Chiarelettere) apporta nuovi inquietanti retroscena. Eccoli.
Primo punto: l’esplosivo utilizzato a Bologna è risultato un composto artigianale di gelatina molto sensibile, un misto di esplosivo civile e militare, il T4 dallo sconfezionamento di mine. Nel saggio si lascia intendere come nel caso in cui si fosse realmente voluta compiere un’efferata strage per uccidere quante più persone possibili, per le caratteristiche specifiche del materiale esplosivo il 2 Agosto 1980 avrebbe avuto più senso utilizzare un pulverulento, cioè un esplosivo più sicuro e meno rischioso del gelatinoso che, solo per fare un esempio, è soggetto ad oscillazioni se inserito in un elevato campo magnetico. Domanda: fu casuale questa mancanza di accortezza? O qualcuno stava solo trasportando l’esplosivo per ben altra destinazione d’uso? Come poi, già l’ex parlamentare della commissione d’inchiesta Enzo Raisi, denunciò alcuni anni fa nel saggio ‘Bomba o non bomba’? E allora l’esplosione, come lasciò intendere anche lo stesso Cossiga, fu meramente accidentale? Oppure quella mattina, inaspettatamente, ci fu un repentino cambio di programma? Che ancora non conosciamo?
Secondo punto. Priore e Cutonilli si soffermano su un fatto già accertato dalla Procura di Bologna: la presenza in città del terrorista tedesco Thomas Kram, esperto di esplosivi e militante delle Cellule Rivoluzionarie di Carlos lo Sciacallo. Kram era sospettato di militare nell’eversione rossa già nel 1979, quando la Questura di Perugia lo sottopose a ‘vigilanza riservata’. Dagli archivi dei servizi segreti dell’Est, è risultato poi che Kram militasse nel gruppo di Carlos già da quel 1979 e che questo fosse legato agli estremisti palestinesi del FPLP. Solo una strana coincidenza? La cosa, per quanto possa non sembrare anomala, divenne di dominio pubblico quando un celebre pentito del terrorismo tedesco, Hans Joachim Klein, lo affermò apertamente in un libro autobiografico recensito in quegli anni anche dal giornale di estrema sinistra Lotta Continua. La versione innocentista del terrorista Kram, che si professò estraneo alla strage di Bologna dicendosi solo di passaggio in Emilia per una non meglio precisata destinazione a Firenze, venne risibilmente smontata da alcune semplici (quanto efficaci) ricerche condotte autonomamente da due blogger che ritrovarono il tabellino dell’orario dei treni del 1980, facendo capire agli inquirenti che Kram aveva mentito sulla sua presenza a Bologna: perché?
Terzo aspetto. C’è poi la questione del ritrovamento della Polfer sul luogo della strage di passaporto, borsa e documenti personali di Salvatore Muggironi, docente sardo militante nei gruppi dell’estrema sinistra della Barbagia. Già ai tempi del governo Renzi, nel 2016 l’allora Sottosegretario di Stato Ivan Scalfarotto ne aveva confermato l’appartenenza. Al dato, va aggiunto che nel gruppo di Muggironi militavano anche Giovanni Paba e Franco Secci: nel 1976 furono arrestati in Olanda per trasporto di armi ed esplosivo su un treno diretto alla stazione di Amsterdam. E che nell’abitazione di Paba, venne rinvenuta anche la matrice per ciclostile di un documento delle Brigate Rosse. Si tratta solo di altre anomale coincidenze?
Quarto elemento, la questione più spinosa: il caso misterioso del corpo sparito. Come è stato possibile? Si trattò di un cadavere volatilizzato nel nulla, dilaniato dall’esplosione o cos’altro? Trovandosi nella sala d’attesa ferroviaria dove saltò l’ordigno, ma in un’area denominata di ‘danni molto gravi’ proprio perché adiacente a quella ribattezzata ‘mortale’, nel libro gli autori scrivono che Maria Fresu non avrebbe in alcun modo potuto subire uno smembramento del corpo, tant’è che quello della figlioletta che gli stava accanto venne al contrario ritrovato. Così come, una loro amica che in quel drammatico momento gli era confinante, riuscì persino a salvarsi. E allora: cos’è successo? Come è stato possibile non ritrovare i resti della giovane sarda Maria Fresu? Le pagine de “I segreti di Bologna” chiariscono che i profili immunologici e le perizie dell’obitorio dell’Istituto di Medicina Legale dell’epoca crearono un’imbarazzante incomprensione sul gruppo sanguigno della Fresu, legandolo al rinvenimento di un lembo facciale di donna di gruppo sanguigno A, quando la vittima in questione, cioè la Fresu, era invece di gruppo Zero. Dopo l’uscita del discusso libro (già in ristampa a pochi giorni dall’uscita!), il Prof. Giovanni Arcudi, docente all’Università di Tor Vergata e medico legale tra i più celebri in Italia, è stato intervistato dal quotidiano romano ‘Il Tempo‘ (che in esclusiva ha lanciato la polemica del corpo svanito, ben prima dell’arrivo del testo nelle librerie) ha apertamente negato qualsiasi valenza scientifica ad un’ipotesi di ‘secrezione paradossa’, invero avvalorata per troppo tempo anche dalla Procura: in pratica l’esperto ha ribadito che sostenere come quel pezzo di viso appartenesse a Maria Fresu è azzardato e scientificamente risibile. Pertanto, considerato che tra le vittime della strage di Bologna, solo due donne rimasero sfigurate nel volto e che, rispettivamente, una era di gruppo sanguigno di tipo Zero e l’altra di tipo B, le domande da porsi diventano: a chi apparteneva il lembo facciale di gruppo sanguigno A che per 36 anni è stato ingiustamente attribuito alla povera Maria Fresu? Che fine ha fatto il corpo di questa giovane mamma sarda? È molto probabile che la scena del crimine sia stata precocemente inquinata già il 2 Agosto 1980. E quest’imbarazzante incongruenza sulla strage più efferata della storia della Repubblica italiana presta il fianco al sospetto che le vittime furono 86 e non 85. E allora: chi manca alla conta? Quel lembo di viso erroneamente collegato a Maria Fresi, apparteneva invece – come sospetta l’ex parlamentare Raisi nel suo libro ‘Bomba o non bomba’ – apparteneva forse alla donna che stava trasportando l’esplosivo?