di Giovanni Zucconi
Chiusa per pioggia. E’ un ipotetico cartello che, con l’avvicinarsi dei mesi invernali, potrebbero leggere una mattina i pendolari che prendono il treno nella stazione ferroviaria di Marina di Cerveteri. E’ una provocazione naturalmente, ma fino ad un certo punto. Potrebbe diventare realtà, se qualcuno si accorgesse che costringere decine e decine di persone ad accalcarsi su una banchina ferroviaria in attesa dell’arrivo di un treno sotto una pioggia battente, oltre ad aumentare le vendite di medicinali contro l’influenza, mette a rischio l’incolumità dei passeggeri. Avete mai preso un treno nei giorni di forte pioggia, quando sulla banchina ci sono un centinaio di ombrelli aperti a diverse altezze? E’ una scena dantesca e bestiale. Un’esperienza che ti regredisce a livello di lotta per la sopravvivenza, dove le regole del vivere civile vengono momentaneamente sospese. E alla fine, quando finalmente riesci a salire sul treno, riuscendo a salvare tutte e due gli occhi dalle stecche degli ombrelli chiusi all’ultimo secondo, sei probabilmente zuppo e consapevole del raffreddore che inevitabilmente ti prenderà. In una situazione come questa, con le persone più attente a non bagnarsi troppo che al treno che sta arrivando, se fossi un responsabile della sicurezza della stazione di Marina di Cerveteri, non dormirei sonni tranquilli. Quella che abbiamo descritto non è una situazione nuova, perché c’è da sempre. C’è da quando è stata inaugurata, non so quanti anni fa. Da allora mantiene un poco invidiabile primato, di cui faremmo volentieri a meno. Nel tratto Roma – Civitavecchia è l’unica a non avere una pensilina coperta sulle banchine o una sala d’aspetto per i pendolari. Non considerando le stazioni di Tuscolana, Ostiense, Trastevere, San Pietro e Aurelia, tutte naturalmente adeguatamente attrezzate, anche le stazioni di Maccarese, Torre in Pietra, Ladispoli, Santa Severa, Santa Marinella e Civitavecchia, offrono un adeguato riparo ai viaggiatori in caso di cattivo tempo. L’unica a non avere una pensilina sulle banchine, e neanche una sala d’aspetto per i viaggiatori, è proprio la stazione di Marina di Cerveteri. Anche il Codacons ha avviato delle petizioni popolari per sollecitare la realizzazione di queste infrastrutture. Non è la prima volta che denunciamo questa ancestrale situazione, ma questa volta vorremmo sollecitare l’attenzione sul fatto che non stiamo solo segnalando una questione di scarso confort, ma una situazione potenzialmente molto pericolosa per l’incolumità dei nostri concittadini. Se vogliamo veramente evitare spiacevoli incidenti, bisogna fare presto a dotare la stazione ferroviaria di Marina di Cerveteri di quelle infrastrutture minime già presenti in tutte le altre stazioni della linea. Non stiamo parlando di opere di ingegneria particolarmente sofisticate, ma di semplici e banali pensiline, e di una stanza con dentro delle panchine per ripararsi in caso di brutto tempo. Troppo complicato?
Per RFI (Rete Ferroviaria Italiana), la società che gestisce le stazioni ferroviarie in Italia, incredibilmente, è proprio così. La società che ha costruito una delle più sofisticate rete ferroviarie in Europa, che garantisce un efficiente servizio di treni ad alta velocità su un territorio difficile come quello italiano, realizzando ponti e gallerie di alta ingegneria, è entrata in crisi di fronte agli insormontabili problemi ingegneristici che presenta la nostra stazione. Pensate che stia facendo della facile ironia? Purtroppo no. Vi ricordo che ci eravamo lasciati con i dirigenti di RFI che si scusavano, ma che i loro ingegneri non avevano ancora trovato il modo di installare le pensiline a Cerenova perché i marciapiedi delle due banchine erano troppo stretti. Troppo stretti? Cosa vuole dire troppo stretti? In un epoca dove si costruiscono grattacieli di quasi un chilometro di altezza, o aeroporti dove prima c’era solo il mare, non riusciamo a costruire due stupide pensiline? Probabilmente, per risolvere il problema, avranno anche richiamato gli ingegneri che avevano progettato il ponte sullo stretto di Messina, ma nulla. Il problema era troppo difficile anche per loro. Se non ricordo male, era stato infine raggiunto un compromesso tra la RFI e la nostra Amministrazione, per un intervento, solo parziale, da realizzarsi con dei soldi da trovare in un bilancio futuro della società a partecipazione statale. Era il 2014. Da allora sono passati tre inverni e ne sta arrivando un quarto, molta pioggia è caduta dal cielo, ma dei lavori promessi, tra l’altro neanche sufficienti per risolvere definitivamente il problema, nessuna traccia. E’ troppo chiedere a RFI una data certa e definitiva di inizio dei lavori? E’ troppo chiedere che questi finalmente realizzino, per la stazione di una città di quasi 40.000 abitanti, delle pensiline su tutta la lunghezza delle banchine, e una sala d’aspetto dove ripararsi in caso di maltempo? Niente di sofisticato. Ci basterebbe una cosa simile a quanto già da tempo è stato realizzato a Ladispoli. Chiudo rinnovando il sospetto, già espresso in articoli precedenti, che non si siano affrontati i dirigenti di RFI con la sufficiente determinazione, e che non si sia utilmente spesa l’autorevolezza di rappresentare una città di quasi 40.000 abitanti, che sempre di più usano il treno per i loro spostamenti. Dico questo perché la medesima situazione di accettazione di supercazzole di dirigenti che lamentano una mancanza di fondi, e problemi ingegneristici o formali insormontabili, si hanno anche nel caso delle pericolosissime fermate del COTRAL di Marina di Cerveteri. Siamo a settembre del 2017, e a Marina di Cerveteri, che tu prenda il treno o l’autobus per spostarti, in caso di pioggia ti dovrai sempre bagnare o rischiare la tua incolumità. Sono sempre più convinto che ANAS, COTRAL e RFI, vadano affrontate con maggiore fermezza. Non ci possiamo bere o accettare sempre tutto.