TRA LE CATEGORIE IN DIFFICOLTÀ RISTORATORI, CAMERIERI E ALBERGATORI. L’ASSESSORE CONFERMA: «C’È CHI CHIEDE UNA MANOANCHE PER LE BOLLETTE DELLA LUCE»
Cento famiglie in più hanno bussato alle porte del Comune e delle associazioni di volontariato. Solo a Ladispoli, segno che, questa pandemia, ha lasciato il suo segno, eccome se lo ha lasciato. Sono i numeri che vengono confermati sia dalla giunta comunale, sia da chi con le proprie associazioni cerca di soddisfare i bisogni dei cittadini. E chi pensa che in difficoltà ci siano solo gli stranieri o comunque emigrati in città si sbaglia. La maggior parte, anzi, sarebbero del posto. Persone che avevano un lavoro e lo hanno perso. Magari sono in attesa della cassa integrazione o di mille bonus del Governo ideati solo per tamponare l’emergenza e poi neanche arrivati a destinazione. Erano impiegati come camerieri e cuochi nei ristoranti o addetti alle pulizie negli alberghi. Ora non riescono a fare la spesa tutti i mesi per la famiglia o a pagare la bolletta della luce. Senza entrate e magari con il conto in rosso fanno fatica pure a pagare la retta della mensa a scuola. Insomma, avevano uno stipendio assicurato e riuscivano a far fronte ai costi giornalieri e mensili. Di punto in bianco si sono ritrovati nella fascia di povertà segno che il Covid ha cambiato le carte in tavola.
La risposta. Le conferme, ahimè, arrivano dalle istituzioni locali. «Vero, si è verificata un’impennata di domande in questi ultimi mesi – ammette Lucia Cordeschi, assessora alle Politiche sociali di Ladispoli – abbiamo dovuto rinunciare alle prenotazioni su appuntamento lasciando che le richieste scorressero con maggiore velocità. La situazione è difficile. Parliamo di famiglie che prima dell’emergenza sanitaria non avevano alcun tipo di problema economico. Poi i licenziamenti, la cassa integrazione, la mancanza di aiuti del Governo soprattutto nel ramo della ristorazione. In alcuni casi ci hanno chiamato commercianti e autisti di noleggio con conducente, altro settore evidentemente paralizzato dal Coronavirus». I pacchi. I dati forniti da Palazzo Falcone parlano di oltre 2.000 pacchi alimentari inviati ai cittadini bisognosi – tramite Centro operativo comunale – dal primo lockdown dello scorso marzo. Più o meno le stesse cifre riscontrare nel vicino comune di Cerveteri. Si devono però aggiungere un altro migliaio di spedizioni messe a regime dalle associazioni, dalla Croce Rossa Italiana e dalla Caritas diocesana di via Fermi che fornisce pasti caldi ai clochard. «Sicuramente superiamo i 3mila pacchi – spiega Cordeschi – abbiamo bisogno di fondi statali per esaudire tutte le richieste. Non bastano quelli che finora ci sono arrivati tramite la Regione Lazio e temo che col passare dei mesi andrà ancora peggio». Confrontando la realtà con il volontariato, lo scenario è praticamente identico. Il Coronavirus ha rallentato la distribuzione di generi alimentari e vestiti agli indigenti. Piano piano la macchina si è rimessa in moto ed è subito boom di telefonate. «Riceviamo fisicamente tre volte a settimana e solo su appuntamento – conferma Ida Rossi, presidente di Humanitas e consigliere comunale nella minoranza – con tutti i criteri di sicurezza: non possiamo rischiare assembramenti fuori alla porta. Cerchiamo di fare il possibile, concentrandoci sui casi gravi. Un centinaio di famiglie riceve sostegno da noi, molte di più rispetto al passato. Quasi tutte italiane. Non tutti hanno ricevuto bonus per spesa o affitto. C’è chi aspetta dal mese di settembre. Tuttavia riusciamo a distribuire anche coperte e giacche visto che per fortuna avevamo in magazzino indumenti già imballati prima che la pandemia scoppiasse nel nostro Paese».
Piano per gli “invisibili”. È stato anche ufficializzato il piano battezzato “Estrema povertà”. Il distretto socio sanitario che include anche il comune di Cerveteri, ha messo sul piatto della bilancia un contributo riservato ai senza fissa dimora per l’acquisto di sacchi a pelo, contenitori per i pasti caldi, prodotti disinfettanti e per l’igiene. Intanto prosegue senza sosta il rifornimento di coperte e cibo ai clochard sparpagliati in città. Un progetto realizzato in collaborazione con la Caritas e la Croce Rossa che si occupano della preparazione e della somministrazione della cena distribuita in appositi recipienti. Al momento però gli sbandati non hanno un centro dove ripararsi. Il Comune ha effettuato un sopralluogo in una struttura ma nulla è stato deciso. In più è stato lanciato l’ultimatum al gruppetto di senzatetto che vive attualmente all’interno dei magazzini del cavalcaferrovia di viale Europa. Un tugurio abusivo utilizzato però come rifugio dotato di materassi, bagno chimico e stufe a gas.