Il senso di colpa del sopravvissuto è stato descritto per la prima volta da S.Freud, il quale rilevò “…La disposizione d’animo all’autorimprovero che una morte lascia costantemente tra i sopravvissuti”. Fu tuttavia Neiderland a descriverlo estesamente in relazione ai sopravvissuti ai campi di concentramento della II° guerra mondiale.
Egli osservò che queste persone erano sopraffatte da sentimenti depressivi legati alla colpa proveniente dalla convinzione di essere sopravvissuti “al prezzo della morte” degli altri prigionieri.
Vorrei che soffermaste la vostra attenzione sull’espressione “al prezzo di…” perché è un elemento centrale per capire il fenomeno psichico di cui sto parlando: ovvero, nelle persone che sviluppano il senso di colpa del sopravvissuto si crea un convincimento irrazionale e patologico (patologico per le conseguenze a cui porta) secondo il quale loro sono vivi perché l’altro è dovuto morire, come se, detto con un altro giro di parole, l’altro fosse dovuto morire affinché loro oggi potessero essere vivi.
La distorsione cognitiva che interviene è sul livello attributivo di causa-effetto degli eventi, cioè, detto in altri termini, sulla spiegazione che ci si dà del perché accadono certi eventi (per esempio: “La porta sbatte, perché? E’ la corrente d’aria o sono i fantasmi?”. A seconda di come ci risponderemo ci saranno dentro di noi sentimenti diversi che porteranno a conseguenze radicalmente diverse).
Tornando al senso di colpa del sopravvissuto: non la casualità, non l’incidente, non la sfortuna, non il destino e nemmeno la mano assassina concreta dell’uomo che ha tolto la vita a chi gli era vicino è “il colpevole”, è “la causa” ed “il responsabile” di ciò che è accaduto, ma bensì loro stessi sono la causa del fatto che l’altro è morto mentre loro sono vivi!
E’ così che queste persone si sentono e ragionano e modificare questa loro convinzione patologica, del tipo: “…è dovuto morire affinché io fossi vivo”, che gli procura un fortissimo senso di colpa, cercando di convincerli con ragionamenti razionali è tempo perso, poiché non è nei processi mentali logici che essa si è formata e non è attraverso quelli che la si possa modificare (o almeno io non uso modalità razionali-logiche per aiutare terapeuticamente le persone che soffrono di tali sensi di colpa, però ammetto che forse non tutti i miei colleghi sarebbero d’accordo con me).
Questo tipo di senso di colpa fu osservato inizialmente nei sopravvissuti ad eventi catastrofici che comportarono la morte di un gran numero di persone, ma si sviluppa anche in persone che perdono una persona cara e che la perdono per cause naturali. Questo ci fa supporre che non è il come, ma l’evento in sé, per come viene interpretato cognitivamente da quell’individuo, che può far sviluppare un senso di colpa del sopravvissuto. Infatti, non tutti coloro che restano vivi mentre altri muoiono soffrono di un senso di colpa del sopravvissuto.
E’ chiaro che la personalità individuale gioca un ruolo chiave e vedremo nei prossimi articoli su questo argomento in che modo lo fa, così come vedremo che questo tipo di senso di colpa non si presenta solo in conseguenza di un lutto, dove è più ovvio verificarla, ma anche in altre situazioni di vita dove non ci aspetteremmo di incontrarlo.
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