a cura della Dottoressa Anna Maria Rita Masin – Psicologa – Psicoterapeuta
Dopo la pausa estiva, voglio affrontare un argomento un po’ particolare: i litigi. Molto spesso mi contattano coppie di coniugi sposati o persone separate, oppure genitori che hanno un rapporto conflittuale con i figli anche se questi sono adulti, oppure persone che raccontano storie interminabili di litigi con i vicini.
Dopo aver accolto e ascoltato, anche per più incontri, i racconti e i disagi psicologici conseguenti che ne derivano, mi sembra opportuno iniziare a chiedere e a riflettere su cosa vuol dire “litigare”.
1- “Un tizio, A, tanto tempo fa, voleva litigare con qualcuno. Va in un locale, inizia a litigare con una persona, B, che se ne va dopo poco senza dargli risposta.
Deluso, A va nel parcheggio dove ha lasciato l’auto e inizia a litigare con il parcheggiatore, il quale lo saluta cordialmente e con un sincero sorriso facendo fallire il litigio”. Morale della favola?
Per litigare è necessario almeno essere in due; se uno dei due non vuole litigare, abbandona il litigio (anche metaforicamente parlando) e chi ha iniziato, o sceglie un altro partner oppure abbandona a sua volta il litigio.
2- il litigio è un luogo e un modo di comunicazione, dove ci sono almeno due comunicatori che hanno un legame. Spesso i coniugi separati continuano a litigare in modo simile o, addirittura, come facevano durante il matrimonio.
Se il litigio è una comunicazione e un legame, i litigi tra ex coniugi hanno lo scopo di mantenere il/un legame tra i due.
3- solitamente il litigio ha la stessa forma: inizio-sviluppo-conclusione-conseguenze-pausa per poi ricominciare con lo stesso schema.
4- spesso il litigio avviene nello stesso luogo alle volte una stanza della casa è “eletta” in modo inconsapevole alla “stanza del litigio”. Alle volte il litigio avviene nello stesso spazio temporale, per esempio durante i pasti.
Quando le persone vengono a conoscenza di queste informazioni spesso iniziano a ipotizzare che possono far cambiare le regole del litigio perché non ne sono succubi percependosi loro stessi attori del litigio.
Facciamo degli esempi concreti. Due ex coniugi che continuano a litigare per motivazioni legittime ma come se fossero ancora sposati: come si possono cambiare le regole del litigio? Una prima possibilità è fare in modo che le comunicazioni non siano più dirette ma veicolate da terzi (non i figli); un’altra ipotesi è effettuare comunicazioni tramite mail, messaggi, ecc. elencando sinteticamente le proprie argomentazioni, tralasciando provocazioni.
Una terza possibilità è chiudere la comunicazione (questo è un caso estremo). Sicuramente, ogni situazione prevede soluzioni infinite. Un altro esempio: litigi tra vicini. Semplicemente si evita la comunicazione anche in modo gentile. Un terzo esempio: due coniugi che continuano a litigare.
Spesso mi capita di dire queste frasi “i vostri litigi sono essenziali per la vostra comunicazione e per la vostra unione” oppure “i vostri litigi sono segno di un amore profondo”.
Dopo queste rivelazioni shock, si procede con altre manovre terapeutiche tipo decidere insieme delle “regole per litigare” oppure parlare di argomenti importanti in un’altra stanza della casa. In questo modo il litigio da inutile perdita di tempo e devastante diventa una risorsa.