SEAWAVE, L’ALIBI PERFETTO PER UN DELITTO SENZA SANGUE?

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SEAWave

IL PROGETTO EUROPEO PER INDAGARE SUGLI EFFETTI SANITARI DEL 5G AFFIDATO ALLA SCIENZA ALLINEATA ALLE MULTINAZIONALI: UN BOOMERANG DA SCAGLIARE ADDOSSO AI PRECAUZIONISTI DEL DANNO DA RADIOFREQUENZE?

di Maurizio Martucci

Problema grosso? Soluzione di comodo! Il tanto atteso studio scientifico sulle ripercussioni sanitarie del 5G è partito, ma con troppe ombre. Dall’Europa un obiettivo ambizioso. Si chiama SEAWave, cioé ‘onda marina‘, ma sa di vera e propria copertura lobbistico-istituzionale all’invisibile tsunami elettromagnetico.

“Esposizione su base scientifica e valutazione del rischio dei sistemi a radiofrequenza e mmWave dai bambini agli anziani (5G e oltre).” Quindi anche 6G, è questa la missione per capirne di più sugli effetti per la popolazione, irradiata notte e giorno, dalla culla alla tomba da una selva di antenne pronte ad aumentare all’impazzata per invadere i territori. Ma quale risultato finale attenderci?

Ecco l’indizio nell’anticipazione, se non proprio l’ammissione: “non sono stati evidenziati risultati significativamente diversi rispetto ai gruppi sperimentali non esposti,” riferendosi agli esiti dei precedenti test sugli effetti sanitari di 2G, 3G e 4G, ha affermato Mariateresa Mancuso del Laboratorio Tecnologie Biomediche dell’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile (ENEA), tra i 15 istituti scientifici, enti pubblici, un’azienda e università destinatari degli oltre 7,3 milioni di euro stanziati dall’Unione europea e della Segreteria di Stato della Svizzera per la formazione, la ricerca e l’innovazione (SEFRI) nel progetto SEAWave del programma Horizon Europe per concludere il 31 Maggio 2025 la prima ricerca internazionale finanziata da Bruxelles e Berna per valutare le ripercussioni del 5G sulla salute umana. In pratica, denunciato per la prima volta in Italia tra il 2018 e il 2019 con la Risoluzione di Vicovaro nel mantra “le frequenze del 5G sono state vendute dallo Stato senza uno straccio di parere sanitario preventivo, non vogliamo essere cavie umane”, si tratta dello studio che prima non c’era (e che ancora non c’è), quello rivendicato con urgenza dal sottoscritto in ogni sede istituzionale, appello e manifestazione pubblica. Quello invocato a più riprese dall’Alleanza Italiana Stop 5G, da cinque anni a questa parte. Quello richiesto allo STOA del Parlamento europeo dagli scienziati indipendenti preoccupati per il salto nel buio voluto da Telco e poteri forti (militari compresi). Quello caldeggiato anche dalla petizione europea dal titolo «Stop (((5G))) — Resta connesso ma protetto» (un flop, anzi, “un favore a Bruxelles e alla lobby”). Si, ‘lo studio, lo studio … vogliamo lo studio indipendente’.

Giustamente tutti a chiederlo, tutti a pretenderlo, nelle piazze come nelle raccolte firme, necessario dopo i risultati imbarazzanti usciti dagli aggiornamenti dell’Istituto Ramazzini, del National Toxicology Programm americano e dalla rivalutazione della cancerogenesi da wireless annunciata ma ancora non certificata dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC-OMS). Si, proprio lo studio che manca, che però, adesso, se dovesse passare l’asserita teoria della non dimostrata nocività del 5G rischierebbe di trasformarsi nell’alibi istituzionale di un delitto perfetto commesso senza spargimento di sangue. Perché la prova del contrario non potrebbe più essere fornita. Cioè, la parola fine oltre ogni ragionevole dubbio, colmato il vuoto dalla scienza non proprio libera da condizionamenti. Perché le premesse non lasciano affatto ben sperare, visti i soggetti, i personaggi e le forze scelte per scandagliare i postumi dell’overdose elettromagnetica tra dubbi, incertezze e dati incontrovertibili.  “I chiari vantaggi offerti da questa nuova tecnologia basata sulle onde millimetriche e l’impatto sull’economia mondiale sono ormai indiscussi. Bisogna considerare, però, eventuali rischi per l’uomo”, affermano dall’ENEA, nel ragionamento anteposto il grande business (indiscusso) ai pericoli (eventuali) ancora tutti da studiare, ma a parole già relegati a margine della narrazione per una ricerca attesa da anni ma appena partita pronta subito a trasformarsi in un potenziale boomerang da scagliare addosso ai precauzionisti del danno da radiofrequenze. Per tappargli definitivamente la bocca in favore di negazionisti e attendisti. Con la scienza dalle porte girevoli sull’attenti e allineata. Trentasei mesi di lavoro (2022-2025) in 11 sottogruppi di ricerca, sul tavolo oltre 640 contributi scientifici da esaminare sugli effetti sanitari dei campi elettromagnetici: l’asse del baricentro si muove intorno al triangolo Svizzera, Francia, Germania, ciascuno con tre enti all’opera, poi due in Grecia e uno a testa tra Italia, Belgio e Slovenia, con l’OMS-IARC che ha pur sempre sede nella francese Lione (quindi, la Francia fa per quattro). Coordinato dai greci dell’Università Aristotele di Salonicco, nel progetto SEAWave oltre all’ENEA (unico partner italiano, destinatario di quasi 2 milioni di euro, il massimo dopo il belga Centro Interuniversitario di Microelettronica, quasi 1,2 milioni finanziati) figurano anche la IARC, l’Agenzia nazionale delle frequenze (ANFR) e l’Ufficio federale per la protezione dalle radiazioni (BFS).

Se dopo l’annuncio trionfalistico della rivalutazione della cancerogenesi dell’elettrosmog, della IARC è ormai nota la posizione opaca e attendista (“non abbiamo ancora programmato una data per alcuna rivalutazione dell’esposizione alle radiofrequenze“), la tedesca BFS risulta tra i finanziatori della discussa e controversa Commissione Internazionale per la Protezione dalle Radiazioni non Ionizzanti (ICNIRP), l’ente privato con sede in Germania già al centro di numerosi scandali per conflitti d’interessi e legami con l’industria, sulle cui linee guida si basa la presunta non nocività del 5G, come di tutti i precedenti standard tecnologici di telefonia mobile, validati i soli effetti termici attraverso test inadeguati e obsoleti condotti su manichini riempiti di gel. Non solo. Tra i partner c’è poi la francese ANFR, dall’ONG Alert Phone Gate accusata di “omissioni colpevoli” nella valutazione della pericolosità dei telefoni mobili in commercio e fuori legge per le emissioni (effettua “test incompleti che non tutelano la salute“). Da Zurigo proviene invece l’unica azienda del settore industriale inserita nella ricerca, si tratta della Schmid & Partner Engineering, multinazionale con rappresentanza anche in Cina, Corea, India, Giappone e USA: produce strumenti per il monitoraggio e la valutazione dei campi elettromagnetici, tra il proprio portafogli clienti annovera “membri di spicco di industrie leader e molte delle più importanti agenzie governative e di regolamentazione”. Nel triennio 2006-2009, poi, ancora l’ENEA figura insieme all’Istituto Superiore di Sanità tra i collaboratori del progetto Salute e campi elettromagnetici (CAMELET), guidato da Paolo Vecchia (ex direttore ICNIRP, “Famo a fidasse!” Studi sulla salute? “Ci vorrebbero 10 anni”), accusato di negazionismo del danno dai malati ambientali. Insomma, sembra come se i giocatori in campo siano stati scelti con chirurgica precisione, nessuno fuori dal coro, assenti noti studiosi per la precauzione come, tanto per fare un paio di nomi, il celebre oncologo svedese Lennart Hardell, ex Örebro University Hospital o l’italiano Istituto Ramazzini che, di certo, avrebbero garantito più equilibrio e maggior pluralismo tra le fazioni dei ricercatori. Senza dimenticare che la Svizzera SEFRI (con l’UE è l’altro finanziatore del progetto) in passato ha collaborato con Swisscom, la compagnia telefonica elvetica del 5G oltre le Alpi. Tra una selva di manager, ingegneri, fisici e tecnici, l’unica struttura medica coinvolta – visto che poi gli effetti sanitari sono il cuore dello studio – risulta infine l’Ospedale universitario di Losanna (inserito per altro con ruolo defilato con zero budget in dote), mentre il coordinamento generale è nelle mani del greco Theodoros Samaras, ex membro Comitato Scientifico per la Salute, l’Ambiente e i Rischi Emergenti (SCHEER) della Commissione Europea, non medico né biologo ma laureato in fisica con interessi di ricerca nella modellazione computerizzata multifisica con applicazioni nella tecnologia biomedica e la dosimetria delle radiazioni non ionizzanti, in passato impegnato principalmente nello studio degli effetti termici (quindi non strettamente biologici, ovvero del danno) dell’aumento di temperatura dovuto all’assorbimento di energia elettromagnetica nei tessuti e dell’effetto della diffusione del calore nella dosimetria elettromagnetica, tanto che l’accreditato blog statunitense Microwave News cita proprio Samaras alludendo ad una ‘rapina‘ per spiegare la fusione tra società di ricerca europee ed americane nella  BioEM (guarda caso!) con sede a Zurigo, in Svizzera.

Eppure gli obiettivi del SEAWave sono ambiziosi e, sulla carta, determinanti per il futuro della salute di 447 milioni di cittadini nella comunità europea. Impossibile non sottolinearlo senza rimarcarne la rilevanza:

 

1. Identificare le differenze nei modelli di esposizione al wireless tra 2G-4G e 5G per l’intera popolazione, inclusi bambini e lavoratori;
2. Fornire gli strumenti per una valutazione affidabile dell’esposizione del wireless
3. Contribuire alla base scientifica per la valutazione del rischio per la salute del 5G
4. Fornire i mezzi per un’efficace comunicazione del rischio per la salute e la diffusione dei risultati alle parti interessate (cioé all’Unione europea).

Partito alla fine del 2022, finora il gruppo di ricerca ha effettuato tre assemblee generali e tre riunioni, l’ultima il 18 Luglio 2023 a Parigi (“lo scopo della raccolta dei dati all’interno di questo progetto è quindi la quantificazione dell’esposizione, la creazione di nuovi strumenti per questo scopo e la generazione di nuovi dati scientifici per valutare, in modo solido, il possibile rischio per la salute per le esposizioni“). Prossima tappa in Italia, dopo l’estate riunione a Roma con l’ENEA a fare gli onori di casa, proprio mentre il Governo Meloni si dice pronto ad innalzare per legge i limiti soglia dell’elettrosmog.

Aumentare gli attuali limiti rimanendo sotto i valori europei di emissione avrebbe il duplice vantaggio di rassicurare i cittadini più timorosi e venire incontro alle loro giuste preoccupazioni nella considerazione tecnica che più aumentano le potenze dei tralicci e meno emettono i dispositivi mobili che ogni cittadino porta con sé. Infine, un pieno e veloce dispiegamento del 5G“.

Che vuol dire? Salvare capre e cavoli delle multinazionali (e non certo dei cittadini) all’amatriciana in Italia come in Europa. Più o meno come le parole dell’ENEA per SEAWave. La pietra tombale, il silenziatore calato dall’alto sull’Europa allarmata dai pericoli del 5G?