I professori subiscono sempre più aggressioni nelle scuole: colpa di studenti violenti o di un sistema che li ritrae come nemici?
Professoresse accoltellate nei corridoi di una scuola, professore preso a calci in faccia dai suoi alunni… troppo spesso leggiamo notizie di terribile violenza come queste ai danni dei professori. Statistiche recenti mostrano un’ Italia violenta, che vede un’aggressione ai danni di un preside o professore ogni due giorni, mostrandoci quanto può diventare brutale il rapporto fra studente e professore.
Storie come queste provocano innumerevoli domande che ruotano intorno ad un’unica certezza: la figura del professore ha perso autorevolezza.
Il ministro dell’istruzione Giuseppe Valditara cerca di gestire l’escalation di violenza proponendo un decreto di legge che prevede un deciso inasprimento delle pene per gli aggressori e che dovrebbe, secondo le sue parole: «riportare stabilità, rispetto e serenità nelle scuole».
È risaputo che l’utilizzo della logica del terrore per placare un disagio profondo della società non riesce a sradicarlo totalmente. Infatti sembra che col passare degli anni professori e studenti non parlino più la stessa lingua e il muro che li divide si fa sempre più alto. La situazione è complessa e lo si può riconoscere dal momento che i professori spesso sono molto preparati didatticamente ma non per comprendere ed affrontare dei ragazzi. Ciò genera un’incomunicabilità possibilmente dannosa.
D’altro canto i docenti continuano a perdere legittimità agli occhi della società, sono sempre più sottopagati, precari e con meno tutele. La situazione poteva cambiare con la nuova manovra di bilancio, ma le notizie sono tutt’altro che positive: si prevede un taglio di 5660 docenti e 2174 Ata (personale tecnico, amministrativo e ausiliario) né alcuna risorsa aggiuntiva sul contratto, a fronte di un’inflazione al 18% che erode il potere d’acquisto (fonte: Il Sole 24 ore).
Oltre a ciò gli esponenti di maggioranza sono soliti attaccare direttamente i professori per rispondere alle critiche ricevute: come il ministro dell’istruzione Valditara che sospende per tre mesi dall’insegnamento il professore Christian Raimo, come il presidente del consiglio Meloni che querela l’illuminato professore Luciano Canfora o il ministro Lollobrigida che querela la professoressa Donatella Di Cesare. Queste energiche risposte alle critiche dei docenti contribuiscono ad esautorare i professori della loro autorevolezza e legittimare agli occhi degli italiani e degli studenti gli attacchi ai professionisti che ricoprono quel ruolo.
La società, quindi, dovrebbe ricominciare a considerare la figura dell’insegnante come indispensabile e la politica dovrebbe ridare centralità all’istruzione nel processo di formazione della persona. Questo rinnoverebbe la fiducia dei giovani nel ruolo del professore e della scuola come fonte di ricchezza? Ce lo auspichiamo cosi come ci auspichiamo che la cultura dei nostri giovani, che saranno la società del domani, diventi una priorità per il nostro attuale governo.
Di Francesco Sarcinella