Intervista con Santino Esigibili, uno dei proprietari
delle strutture ricettive che 2000 vacanzieri
hanno dovuto lasciare per ordine della magistratura
di Alberto Sava
A partire dal 2020 con la direttiva UE Bolkestein, i proventi della gestione dei servizi sulle spiagge, a fronte di congrui investimenti iniziali, saranno molto più remunerativi del mattone, sbriciolato da tasse insostenibili e costi di mutui proibitivi per imprenditori del settore, abituati a ben altri proventi negli anni d’oro. Intanto cosa accade sul nostro tratto di coste del Lazio? Per inquadrare meglio i fatti appena accaduti a Ladispoli, alziamo l’orizzonte verso i confini di Campo di Mare dove, in forza di una sentenza di primo grado del Tribunale di Civitavecchia e la miopia pelosa delle istituzioni del territorio, presto, molto presto, al di là delle illusioni, gli stabilimenti balneari di Campo di Mare, raffazzonati e parcellarizzati, potrebbero dover lasciare le spiagge a strutture di ben altro livello industriale e proprietà. Guardando oltre, verso la palude, troviamo tre chilometri di costa di Ladispoli. Anche qui, in forza di un’inchiesta, la Magistratura di Civitavecchia lo scorso 20 agosto ha imposto l’esodo forzato di 2000 turisti dalle aree camping, con la conseguenza del blocco totale dell’economia delle vacanze a basso costo. Pare quasi che, su ampie porzioni del litorale nord del Lazio, vi siano segnali fortissimi che le conseguenze di sentenze ed inchieste della Magistratura possano incidentalmente e collateralmente lasciare enormi spazi vuoti. E, come noto, il vuoto è destinato ad essere riempito. La domanda è: come, e soprattutto da chi. Dopo l’esproprio di fatto delle spiagge di Campo di Mare, ed i sigilli della GdF a tutti i camping di Ladispoli, osserviamo da vicino quanto ora sta accadendo in questo Comune. In conseguenza del blocco di agosto, dopo cinquant’anni trascorsi, chi più chi meno, a girarsi dall’altra parte, ora la politica ha deciso finalmente di aprire gli occhi sugli usi ed abusi commessi nell’area camping sul lungomare di via Roma. Dopo il ‘rimpatrio’ forzato di circa 2000 turisti fatti sloggiare dai camping di Ladispoli senza tanti complimenti nel bel mezzo delle loro vacanze, notizie presunte o false continuano ad avvelenare un settore ormai devastato. Intanto, all’ingresso dei camping dell’area posta sotto sequestro si vedono i sigilli delle Fiamme Gialle, che hanno fermato il 20 agosto scorso l’attività economica, diretta ed indotta, delle strutture ladispolane. La vicenda dell’esodo forzato da Ladispoli è arrivata anche nell’aula della Pisana, con una interrogazione presentata dal consigliere di FDI Fabrizio Santori. Questo lo sfondo di una complessa vicenda. Oggi diamo voce ad uno di questi imprenditori, Santino Esigibili, proprietario della sosta camper Riva di Ponente. Nell’area in questione, immersa nel verde delle palme e di ulivi secolari, si volgeva l’attività turistico-ricettiva, anche in forza di una delibera di autorizzazione delle Regione Lazio.
Esigibili, 1974 anno zero per il comune di Ladispoli. Quale è stato il vostro ruolo e quali le vostre responsabilità da quel momento.
“Per quanto riguarda i campeggi, allora fu promulgata una legge da parte della Regione Lazio, che prevedeva la perimetrazione entro sei mesi delle aree, nonché l’attività sanatoria da parte delle amministrazioni comunali, pena l’invio di in commissario ad acta”.
Quindi erano i comuni a dover agire?
“Esattamente. Purtroppo i comuni non hanno mai adempiuto agli obblighi nei tempi prescritti. D’altro canto, la Regione non ha mai istituito un commissario ad acta”.
E allora, come si arriva alla totale attribuzione di responsabilità in capo agli operatori?
“Nel 2010 fu approvato in Consiglio comunale il piano regolatore, all’interno del quale si prevedeva la destinazione urbanistica di tutta la fascia costiera per attrezzature turistiche ricettive. Da via Sanremo a Torre Flavia. Per osservazioni non approvate, però, il piano è rimasto in stand-by per sei anni. Da quel versante, quindi, è tutto fermo. Tuttavia, le strutture ricettive in attività su questa fascia non sono recenti, per cui tutte le contestazioni sono prescritte, essendo trascorsi più di cinque anni, comprese quelle per la “Riva di Ponente”. Per quanto mi riguarda, il Tribunale di Civitavecchia, con due sentenze, una del 2010, ed una del 15 luglio 2016, ha ritenuto prescritto l’abuso contestato. Quindi, tutta la questione tornava in capo al comune di Ladispoli, ma solo dal punto di vista amministrativo”.
Stando così le cose, i sigilli apposti sui manufatti che insistono sull’area di sua proprietà come sono da ritenersi?
“A mio avviso non dovevano essere apposti. Tuttavia, la Guardia di Finanza ha compiuto il suo dovere, ed ha eseguito un provvedimento del Giudice. La GdF ha eseguito un’ordinanza del PM di Civitavecchia, che non ha ritenuto opportuno tener conto della sentenza n. 1938 del Giudice, sempre di Civitavecchia, emessa lo scorso 15 luglio. La sentenza, oltre a dichiarare estinto il reato, dispone chiaramente il dissequestro immediato di tutta l’area. In realtà, ancora deve essere notificata ai Carabinieri, notifica per cui i termini scadranno il 20 settembre. Entro quella data, il Tribunale dovrà necessariamente notificare la sentenza di dissequestro di tutta l’area. Praticamente, per paradosso, all’interno del medesimo Tribunale di Civitavecchia, un giudice sequestra l’area, ed un altro la dissequestra. Accadimenti italiani”.
Parliamo ora della Riva di Ponente. Una proprietà su cui insistono due manufatti, a questo punto non più abusivi, secondo la citata sentenza, e da quarantacinquemila metri quadrati di verde, arricchiti da un viale centrale adornato di palme ed olivi secolari, e popolati da alcuni cavalli, un paio di coppie di struzzi ed un pollaio. A questo punto, quali sarebbero le irregolarità della Riva di Ponente.
“Il problema sarebbe costituito da un muretto di confine, che mi viene contestato poiché costruito sul demanio, senza il rispetto delle distanza dei trenta metri obbligatori. Se nel 2011 il Tribunale si fosse rivolto alla Capitaneria di Porto di Ladispoli, competente per il demanio, avrebbero potuto prendere visione delle foto, che indicano chiaramente che sul lato sud del terreno il muretto è costruito ad una distanza interna di due metri e mezzo dal confine con il demanio, mentre per il lato nord siamo a quaranta metri dal ceppo demaniale. Il Tribunale di Civitavecchia ha designato un tecnico, che non si è presentato, e che io stesso avevo consigliato di verificare tutta la documentazione alla Capitaneria di Porto. A mio avviso si tratta di consistenti errori. Per quanto riguarda la strada centrale, è stata costruita dalla ditta incaricata della realizzazione delle scogliere. Per parte mia ho consentito loro il passaggio, e per questo sono in possesso di un regolare contratto, che prevedeva il rifacimento della strada, sia internamente alla nostra proprietà, sia all’interno della spiaggia, fino a Torre Flavia, anche per consentire i successivi interventi di manutenzione. Sulla spiaggia esiste ancora la massicciata per consentire il passaggio degli automezzi”.
Con tutte queste zone quantomeno grigie, sostenute anche da sentenze, potrebbero configurarsi anche dei danni patiti dalle strutture. Personalmente, pensa di trovarsi in questa condizione?
“Ritengo di aver subito danni, ed anche ingiustizie. A mio avviso, il Giudice, prima di emettere l’ultima sentenza in ordine di tempo, avrebbe dovuto tener conto della sentenza di dissequestro precedente e delle sue motivazioni. Gli uffici del Tribunale, avrebbero dovuto almeno parlarsi. Quanto alla lottizzazione abusiva, trovo eccessivo identificarla in un pollaio, un prato e qualche cavallo libero. Sarebbe bastata qualche foto dall’alto”.
Intende adire ad azioni legali per danni?
“Rispettiamo l’ordinanza del Giudice. Però chiediamo che si rispetti anche la sentenza di dissequestro 1938/16, emessa nel nome del popolo Italiano. D’altro canto, gli abusi contestati sono comunque precedenti all’istituzione della palude di Torre Flavia. La sgangherata politica contemporanea, che ora sentenzia ‘a ruota’, dovrebbe sapere che nel 1972, con il vecchio piano regolatore, il Comune di Ladispoli aveva previsto addirittura la realizzazione di un teatro all’interno della palude di Torre Flavia. Nel 1985 noi abbiamo regolarmente acquistato quest’area, che originariamente apparteneva all’Ente Maremma. La società Porto Riva di Ponente srl è proprietaria di quest’area da trentuno anni. Inoltre, il comitato tecnico-scientifico regionale, con ben due delibere di giunta negli anni, ha espresso parere favorevole perché si possano svolgere attività turistico-ricettive all’interno di quest’area, in quanto insiste nel perimetro autorizzato. Quando istituirono la palude, per la delimitazione fu utilizzata una vecchia piantina catastale palesemente errata, che identificava come palude anche quest’area. A suo tempo, invece, per quest’area la società pagò la somma di cinquanta milioni di vecchie lire, per un plusvalore identificato dal Ministero delle Finanze nella destinazione urbanistica di attrezzature turistiche, sia pubbliche che private. La regolarità fu certificata indirettamente dal Ministero delle Finanze”.
Esigibili, quale è la sua prossima mossa?
“Attendere le decisioni del Tribunale dei Riesame. Se fosse accolto il nostro ricorso, potremmo riaprire, sperare in un settembre clemente e soleggiato, e recuperare l’ultimissimo scampolo di stagione”.
L’udienza di cui parla Santino Esigibili è fissata per il giorno 8 settembre, e noi già saremo in stampa, per essere puntuali in edicola venerdì 9 settembre. Vi daremo conto delle decisioni del Tribunale del Riesame in un prossimo articolo.
Pochi minuti prima di andare in stampa siamo riusciti ad entrare in possesso di un documento, a doppia firma dell’allora sindaco Fausto Ruscito e dell’allora funzionario incaricato Giuliano Cangitano, dal quale si scopre che anche l’area di proprietà della società “Riva di Ponente” è stata classificata come “zona bianca”, e che già nel 1990 il Comune di Ladispoli rilasciava concessioni edilizie, essendo decaduti i vincoli del vecchio PRG. Un documento molto significativo, che getta una nuova luce su quanto è successo finora in quell’area, e di cui vi daremo approfonditamente conto, unitamente all’esito dell’udienza del Tribunale del Riesame.