S.O.S. SALUTE Mancano i medici in Italia

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Dottor Professor Aldo Ercoli
Dottor Professor
Aldo Ercoli

Come far fronte a questa emergenza? Chi ci porterà su scala nazionale ad un ammanco di camici bianchi stimato in 56.000 unità?

Di chi è la colpa? Dipende da questa 100?  Ossia vanno in pensione prima e chi li sostituisce non si trova?  No, è sbagliato per una questione temporale perché questi medici mancavano da prima di questa cento. Si fa poi confusione tra medici specialisti e quelli di medicina generale di base.

I camici bianchi mancano negli ospedali soprattutto in specializzazioni quali anestesiologia, pronto soccorso, chirurgia, ma sono carenti anche sul territorio ove le scelte del medico di famiglia non sono più così ampie come prima.

Gli errori, a mio avviso, sono stati sia una errata programmazione delle specializzazioni, che, nel numero chiuso per le iscrizioni in Medicina e Chirurgia.

Credete che sia facile per un neolaureato entrare in una scuola di specializzazione quale ad esempio odontoiatria, cardiologia, ginecologia, chirurgia generale, neurologia, psichiatria? Affatto.

Ma anche quelle meno internistiche quali dermatologia, oculistica, otorinolaringoiatria…

I numeri sono sempre più risicati e i candidati nelle mani dei Direttori cattedratici.

Per quanto riguarda poi i medici di famiglia, si è portato da due a tre anni l’insegnamento per aver accesso alla Medicina di base, quello che consente l’inserimento nel Servizio sanitario Nazionale e quindi la libera scelta da parte dei cittadini. Errori di programmazione, numero chiuso di sbarramento iniziale, numeri risicati e monopolizzati nell’ingresso alle scuole di specializzazione.

E’ per questo motivo che sia la regione Molise che quella del Veneto (ma presto vedrete che se ne aggiungeranno altre), ha richiesto la soluzione, certo temporale, di un ritorno in campo da parte dei medici già in pensione. Questi ultimi poi, con il loro bagaglio di esperienza, potrebbero essere molto utili nella formazione sia generalista che specialistica degli specializzandi.

Ho molti dubbi su come vengano preparati i medici sia da immettere nelle corsie ospedaliere e/o universitarie che negli studi di Medicina generale.

Ostacoli burocratici si intrecciano con interessi specifici settoriali.

Un altro errore è stato considerare anacronistica la figura del vecchio medico condotto rispetto a quella moderna del sanitario che diagnostica soprattutto sugli esami di laboratorio e le indagini cliniche in genere molto costose.

Quanti soldi si risparmierebbero se si conoscesse bene la semeiotica clinica, e la diagnosi differenziale sottoponendo il paziente ad un’anamnesi accurata e ad una visita come si deve?  Riporto la mia esperienza. Il sottoscritto ha 45 anni di servizio attivo in campo medico, di cui 43 nel Servizio Sanitario Nazionale.

Ho iniziato sin da studente, dal primo anno di Medicina a frequentare, mattina e pomeriggio le corsie universitarie, poi, un po’ stanco dei “codazzi” dietro baroni feudali (che però conoscevano bene la professione) mi sono trasferito in quelle ospedaliere del San Filippo Neri, a due passi da casa.  Ho frequentato con lo stesso ritmo i reparti di Medicina Internistica (Iandolo, Di Porto), Chirurgia (Mascagni), Broncopneumologia (D’Ambrosio, Tellini), Otorinolaringoiatria (MInutillo)……

Sto parlando degli anni 70’. I nomi tra parentesi si riferiscono ai Primari.

Quando poi mi sono laureato nel 1974 ho vinto una borsa di studio in Cardiologia (Pistolesi il Primario).  Con questo bagaglio di esperienze pratiche universitarie e soprattutto ospedaliere il mio carattere indipendente mi ha spinto verso la Medicina di Base, quella mutualistica che mi permetteva sin da subito di confrontarmi da solo con i pazienti e i loro malanni. In pochi anni lavorando a Ladispoli (RM) con un anziano medico, il dottor Elvio Buglioni, sono diventato massimalista con 2200 pazienti.

Negli anni 80’ era possibile, poi non più tanti, che per rientrare negli attuali 1500 ho dovuto cancellare ben 700 mutuati che non hanno certo preso bene la cosa.

Oltre a lavorare mattina e pomeriggio, ben sette ore giornaliere, tra il 1980 e 1995 mi sono alzato nel cuore della notte almeno tre volte a settimana (un tempo non c’era la guardia medica notturna né il 118). Dal 1995 al 2000 ho insegnato la Medicina di Base ai medici che volevano avere accesso alla medicina ambulatoriale mutualistica, nei più importanti ospedali romani  (Regina Margherita, Pertini etc).

Allora il corso era biennale (ora non so perché da diversi anni è triennale). L’argomento in cui ero docente? La “borsa del medico”.

Del resto ne avevo tutti i requisiti avendo scritto un testo medico, edito dalle Edimes Pavia, dal titolo “Linee guida nella terapia delle urgenze extraospedaliere”.

Fu un vero best seller a livello nazionale, tanto da essere ristampato ben tre volte. Dopo 42 anni di professione attiva quale medico iscritto al S.S Nazionale, all’età di 67 anni mi sono messo in pensione.  Non ce la facevo più a visitare una cinquantina di persone al giorno (tutte in fila con il numeretto e senza prenotazione). Credo che sia umano. Ora lavoro meno ma la passione è sempre la stessa cosi’ come la voglia di tenermi aggiornato. E’ anche rimasta intatta la voglia di insegnare, sono stati tanti i medici a cui ho fatto lezione ovunque o che sono usciti dal mio studio, in affiancamento.