Un viaggio nella grande bellezza della Roma dei Severi, la dinastia venuta dall’Africa, tra il Foro e il Palatino. In mostra, per la prima volta, nel Tempio di Romolo un eccezionale ciclo statuario scoperto quattro anni fa presso le Terme di Elagabalo.
di Barbara Civinini
Su di lui aleggia una sinistra profezia. Il giorno che cadrà il Colosseo cadrà Roma, e con lei il mondo, così narrava il venerabile Beda (673-735), anche se in realtà quella profezia era molto precedente all’epoca del monaco inglese e si riferiva al colosso neroniano, ricollocato da Adriano tra l’anfiteatro e il Tempio di Venere. Oggi, proprio in questi luoghi, scrigno prezioso del tempo, il Parco archeologico del Colosseo ha organizzato una mostra a tappe nella Roma dei Severi, tra i monumenti che questa dinastia costruì o restaurò tra la fine del II e i primi decenni del III secolo – dal 193 al 235 – nell’area archeologica centrale della capitale. Il percorso inizia nel II ordine dell’anfiteatro, dove, dopo un’introduzione alla storia della dinastia, viene tracciato il quadro dell’epoca, profondamente plasmata dalle grandi riforme dei Severi. La narrazione poi si sofferma sull’intenso rapporto della stirpe venuta da lontano con Roma, e su uno straordinario documento, la Forma Urbis, la pianta della città antica incisa su lastre di marmo, risalente all’epoca di Settimio Severo, realizzata tra il 203 e il 211, collocata in una delle aule del Tempio della Pace. Il fatto che l’ambiente adiacente al tempio sia stato riutilizzato (intorno all’anno 530) per la Basilica dei Santi Cosma e Damiano ha permesso la conservazione della parete su cui erano applicate. L’ultima sezione, infine, si concentra sulla produzione artistica dell’epoca, nell’area tra il Foro romano e il Palatino. Qui, nel Tempio di Romolo, è esposto al pubblico per la prima volta un eccezionale ciclo statuario, scoperto quattro anni fa presso le Terme di Elagabalo, composto di preziosi ritratti severiani e busti di marmo. La mostra – curata da Rossella Rea, responsabile della Conservazione e del restauro del Parco Archeologico, con Clementina Panella e Alessandro d’Alessio – punta a far conoscere al più vasto pubblico possibile l’ultimo periodo dell’Impero in cui Roma fu grande, governata da imperatori che lasciarono un’eredità forte e duratura in molti campi, pur nell’avanzare del declino. Insomma, una mostra che vuole essere un viaggio nei 40 anni di storia vissuti attraverso il regno di una grande famiglia che fu portatrice di profonde innovazioni. Con la Costituzione Antonina, ha rilevato Alfonsina Russo, direttrice del parco Archeologico – come riporta l’Ansa – conferirono la cittadinanza romana a tutti i cittadini liberi residenti nell’Impero, una sorta di “Ius Soli” ante litteram. I luoghi inclusi nel percorso di visita sono veramente molti, dal complesso del “Vicus ad Carinas”, ai luoghi severiani del Palatino (la Domus Augustana, la Domus Severiana, lo Stadio), alla Vigna Barberini. Il catalogo della mostra, che si potrà visitare sino al 25 agosto, è edito da Electa, che ha collaborato anche all’organizzazione della mostra.