PONS AEMILIUS, il primo in pietra sul Tevere. Roma, via di Ponte Rotto: non lontano dall’Isola Tiberina sorgono i resti di un ponte risalente ai tempi dell’antica Roma.
La Capitale è famosa anche per i suoi meravigliosi ponti che uniscono le due rive del Tevere, dai quali è possibile contemplare alcune tra le viste più belle del mondo. Esiste tuttavia una struttura singolare, che non tutti i romani conoscono: il Ponte Rotto, che nel corso dei secoli ha cambiato tanti nomi, Platino, Lapideo, Consolare, Senatorio, Aurelio, Antonino, di Agrippa, Valentiniano, Ponte Santa Maria e altri ancora.
Conosciuta oggi anche con il nome di Pons Aemilius, la costruzione, completamente in muratura, ha una storia tormentata: le fonti attribuite a Plutarco e a Tito Livio tramandano che il ponte è stato costruito intorno tra il 181 a.C. e il 179 a.C. dai censori Marco Emilio Lepido e Marco Fulvio Nobiliore e in seguito alle numerose piene del Tevere, rafforzato sullo stesso basamento con quattro arcate in muratura dal politico romano Scipione l’Africano nel 142 a.C.
EX AVCTORITATE GREGORII XIII PONT. MAX
S.P.Q.R.
PONTEM SENATORIVM CVIVS FORNICES VETVSTATE
COLLAPSOS ET IAMPRIDEM REFECTOS FLVMINIS
IMPETVS DENVO DEIECERAT IN PRISTINAM
FIRMITATEM AC PVLCHRITVDINEM RESTITVIT
ANNO IVBILAEI MDLXXV
[Per volere di papa Gregorio XIII il Comune di Roma nell’anno giubilare 1575 restituì alla primitiva robustezza e bellezza il Ponte Senatorio i cui fornici, caduti per l’antichità e già in precedenza restaurati, l’impeto del fiume aveva nuovamente abbattuto]
(Epigrafe di fine ‘800, ancora oggi visibile dal Ponte Palatino)
La funzione del collegamento era quella di trasportare sulla sponda opposta del Tevere i blocchi di tufo (provenienti da Monteverde) destinati all’edificazione dei palazzi imperiali. Data la sua posizione obliqua rispetto all’asse della corrente, la costruzione ha subito diversi crolli: la prima nel 280 d.C., nell’870 d.C. il passaggio viene distrutto e ricostruito, un’altra alluvione si verifica nel 1230 e i lavori di ricostruzione si devono a Gregorio IX, in seguito a inadeguati interventi di Michelangelo (nel 1548-49) e Nanni di Baccio Bigio (nel 1551), ancora una volta il ponte viene abbattuto da un’alluvione nel 1530 e riedificato da Papa Gregorio XIII (1502-1585), in seguito diroccato da una nuova straordinaria piena del Tevere, che nel 1598 fa crollare le arcate del ponte e mai più si è provato ad erigerlo di nuovo, fino ad arrivare all’inizio della seconda metà dell’Ottocento, quando viene costruita un’impalcatura in ferro, ad opera dell’ingegnere Pietro Lanciani (1791-1868) per collegare quel che restava del Ponte Emilio con la sponda sinistra del Tevere, che purtroppo non ha resistito a lungo e ha ceduto quasi immediatamente. Un altro tentativo è stato fatto verso la fine del XIX secolo dall’ingegnere Angelo Vescovali (1826-1895), che ha proposto un progetto in ferro e muratura.
All’ultimo disastro raccontato è collegata la storia di Beatrice Cenci (1577-1599), che in quel periodo era tenuta prigioniera presso il tribunale e carcere romano Corte Savella, con l’accusa di parricidio. Da qui la giovane donna viene a conoscenza della disastrosa caduta del Ponte Rotto e prova a fare una proposta a Papa Clemente VIII (1536-1605): la ricostruzione del ponte a sue spese in cambio della grazia. Il Pontefice rifiuta e la nobildonna romana viene giustiziata. Il Ponte Rotto è uno dei luoghi dove spesso viene segnalata l’apparizione del fantasma di Beatrice.
Lo scorcio del Ponte Emilio, di cui non resta altro che un misero troncone che porta ancora lo stemma di Papa Gregorio XIII, per la natura della sua storia travagliata è avvolto da un alone di mistero: alcune leggende, infatti, riferiscono che sia oppresso da una sorta di maledizione. In realtà la vera motivazione è nel punto del fiume scelto per la sua costruzione che si è rivelato essere poco adatto, poiché nelle vicinanze la curva del corso del fiume che genera turbolenze dell’acqua causa continue usure; inoltre, è stato costruito a valle dell’Isola Tiberina, che agisce da “tappo”, e aumenta la forza e la velocità della corrente.
I ponti di Roma sono di incomparabile bellezza e anche il nostro Ponte Rotto, nel suo divenire tutt’uno con la natura che nasce tra le sue spaccature, emana un’energia speciale, quasi magica, che colpisce solo chi si ferma a guardarlo con occhi diversi, venendo travolto da una dolce malinconia.
Flavia De Michetti