ILLUSIONI IN VIA NICOLO’ PICCOLOMINI: LA CUPOLA DI SAN PIETRO DEDICATA A UN NOBILE ARTISTA.
Tra via Aurelia e via Leone XIII, esiste una strada che porta il nome di Nicolò Piccolomini: un artista nato a Roma nel dicembre del 1913 dal Conte Silvio Piccolomini (1878-1962; proveniente da una famiglia di importanti esponenti, fra i quali Papa Pio II, Enea Silvio Piccolomini ), animato da uno spirito liberale, è stato sempre promotore di iniziative sociali, sostenute a proprie spese, contrario al regime fascista, e aderente a innumerevoli iniziative di riqualificazione e volte al miglioramento sociale, e da Anna Menotti (1882-1942; figlia dell’imprenditore romano Carlo Menotti), progettista all’edificazione della Città Giardino Aurelia di Civitavecchia, ha condiviso la passione per l’architettura con il marito ed è stata esponente di un femminismo moderno ed emancipato, promotrice e convinta sostenitrice di un’uguaglianza universale.
Una famiglia molto importante per la storia italiana, tanto da poter richiedere una trattazione a parte. Nonostante Nicolò sia scomparso a soli 29 anni (1942), nell’arco della sua breve vita non si rivela essere da meno dei suoi genitori. Anche lui lascia il suo segno: documenti storici ci tramandano che il giovane Piccolomini, dopo aver concluso gli studi al liceo Giulio Cesare ed essersi iscritto alla facoltà di Agraria all’Università di Pisa, nel 1935, il suo vivace spirito, ereditato dai genitori, nonostante le opposizioni della famiglia, lo porta ad aderire alla Regia Accademica di Arte Drammatica, in quegli anni diretta da Silvio D’Amico (critico teatrale e docente, 1887-1955).
Nel 1938, insieme all’amico e collega Alessandro Brissoni (1913-1980), fonda la compagnia teatrale “Il Carro dell’Orsa Minore”, per mezzo della quale cominciano a presentare molti spettacoli di cui i due giovani amici sono produttore e regista. La scalata al successo della Compagnia viene bruscamente ostacolata dall’arrivo della devastante Seconda Guerra Mondiale (1939-1945). Provvisto di brevetto di pilota civile, preso nel 1936, “Nico” (così soprannominato dai compagni)viene chiamato a decollare dall’aeroporto di Napoli per una pericolosa spedizione aerea.
Inverno 1942: l’aereo esplode per motivi ancora sconosciuti, nessun superstite, il giovane Nicolò Piccolomini perde la vita a neanche 29 anni. Viene sepolto accanto alla madre Anna. Gran parte della sua eredità viene lasciata all’Accademia di cui era stato alunno per anni con la sua immensa passione (nel 1943 nasce la Fondazione di Nicolò Piccolomini per l’Accademia di Arte Drammatica). Il suo amico e collega, Brissoni lo ricorderà con affetto e stima per tutta la sua vita, commosso scrive: “Soltanto dopo la tua morte, Conte Nicolò Piccolomini della Triana, ho conosciuto interamente il tuo nome. Da noi ti facevi semplicemente chiamare Nicolò, anzi Nico, nascondendo con questa tua costante modestia, per non metterci in soggezione, ed evitare così qualsiasi lontananza da noi, l’origine millenaria della tua stirpe, l’entità dei tuoi possessi, principescamente donati agli artisti vecchi e poveri del teatro”.
Oggi, nei pressi del Gianicolo, esiste una via dedicata al nostro Nicolò, visitata da innumerevoli innamorati ogni giorno. Una delle vie più romantiche di Roma, regala un effetto ottico strabiliante, rendendola unica: percorrendo la strada in direzione della Basilica di San Pietro si noterà che “er Cupolone” diventerà sempre più piccolo, fino a rimpicciolirsi, dirigendosi nella direzione opposta, invece, diventerà sempre più grande. Sembrerebbe un magia, ma una spiegazione ragionevole c’è: a fare da cornice a questa breve strada sono una serie di palazzi e vegetazione su entrambi i lati, l’occhio umano rimane concentrato su un unico soggetto, “er Cupolone” appunto, e grazie al campo visivo ancora molto stretto la sua grandezza è l’unico elemento che viene percepito (con un campo visivo stretto l’occhio tende a notare meglio i dettagli, come avviene posizionandosi lontani dalla Cupola), tuttavia, percorrendo la strada verso la Cupola, l’occhio comincia a percepire lo spazio in maniera differente, proprio perché il campo visivo si apre e la grandezza del soggetto comincia a diventare sempre più piccola.
Non si sa se questo effetto ottico sia stato voluto oppure no, ma a noi piace pensare che sia un regalo del giovane Piccolomini, un promettente artista che ha rincorso la sua passione, la Commedia dell’Arte, per un’intera breve vita, ma che non è riuscito a raggiungere pienamente a causa della prematura morte. Allo stesso modo la Cupola sembra sfuggire allo spettatore e prendersi un po’ gioco di lui: più noi ci avviciniamo e più lei si allontana; più ci allontaniamo e più si avvicina.
Flavia De Michetti