1° parte
a cura di Dottor Riccardo Coco
Nella nostra cultura è un assunto condiviso che la pubertà segna l’inizio dell’adolescenza. Ovvero i segni evidenti della pubertà (primo menarca e prima eiaculazione) farebbero da spartiacque nel segnare l’inizio dell’adolescenza. Questo punto di vista, squisitamente biologico, nel concepire la questione, non è tuttavia difendibile, in quanto non tiene conto dello sviluppo psicologico che può (e spesso è così) non coincidere con lo sviluppo biologico.
Ma dei compiti psicologici che segnano l’inizio dell’adolescenza ne parlerò nella 2° parte.
Qui mi preme introdurre l’argomento sottolineando come in altre culture la pubertà non segna l’inizio dell’adolescenza, ma bensì la transizione all’età adulta, e questa transizione vien spesso sottolineata da una cerimonia di iniziazione che segnala specificamente il raggiungimento della condizione di adulto sia al soggetto che alla comunità.
La cerimonia, di solito carica di riferimenti simbolici, è un evento tangibile e drammatico che stabilisce, agli occhi della comunità e dell’iniziato, il passaggio di questi all’età adulta. Presso alcune culture i riti di iniziazione degli adolescenti maschi richiedono la dimostrazione di coraggio e abilità, ovvero le qualità che devono essere possedute da un uomo adulto in quei contesti ambientali-sociali-culturali.
Gli adolescenti possono essere picchiati, gettati in acque gelate, sottoposti a circoncisione o scarificazione. Presso altre culture nei riti di iniziazione vengono invece trasmesse informazioni e conoscenze che solo gli adulti di quella cultura possono possedere: per esempio, presso gli indiani Zuni del Nuovo Messico, è durante i riti di iniziazione che i ragazzi scoprono che le figure sovrannaturali dei sacri Kachina, che appaiono nelle feste delle stagioni, sono in realtà dei membri adulti della comunità mascherati. Per le ragazze, invece, spesso i riti di iniziazione comportano un periodo di isolamento e segregazione.
La ragazza può ad esempio trasferirsi in una capanna fuori dal villaggio, dove altre donne le insegnano le abilità necessarie per essere amante, moglie e madre e la rendono edotta su come si fa l’amore, come nascono i bambini e quali metodi di contraccezione esistono (rispetto alle conoscenze di quella cultura). Durante l’isolamento la ragazza può anche doversi assoggettare a mutilazioni genitali, tatuaggi e scarificazioni e i suoi denti possono essere limati o anneriti.
Quando la segregazione è finita, la ragazza è onorata con grandi cerimonie ed ella spesso segnala il suo cambiamento di status sociale cambiando acconciatura e tipo di abiti. Tutto ciò rende manifesto il fatto che può legittimamente sposarsi.
I riti di passaggio, dunque, come si evince da quanto detto finora, hanno l’importante funzione sociale e psicologica di segnalare un cambio di status sociale che aiuta l’individuo e la comunità in toto a prendere consapevolezza che “qualcosa è cambiato”, che l’individuo è cresciuto ed ora ci si aspetta da lui che si comporti in modo adulto ed anche lui acquisisce doveri e diritti adulti.
Gli studi antropologici dimostrano che nelle culture in cui vengono eseguiti i riti di iniziazione gli individui padroneggiano meglio e più rapidamente le abilità necessarie alla vita adulta ed hanno una facile transizione dall’infanzia all’età adulta.
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