di Giovanni Zucconi
Oggi racconteremo una storia che probabilmente qualcuno di voi già conosce, ma che è sicuramente sconosciuta al grande pubblico.
Ma prima è necessaria una piccola premessa. L’opera letteraria più nota che parla di Cerveteri è sicuramente “Paesi Etruschi” di D.H. Lawrence. Un racconto che appartiene all’ala nobile della Letteratura mondiale, e che ci tramanda una vivida fotografia della Cerveteri dei primi decenni del secolo scorso. Quella che emerge è però l’immagine di una città arretrata e inospitale, che ha come unico pregio quello di accogliere sul suo territorio le ultime splendide dimore dei progenitori Etruschi. Il suo giudizio su quello che trova a Cerveteri è severo, anche sulle persone, e non è mai mitigato da un cortese tentativo di comprensione. Uno dei personaggi che ne esce di più con le ossa rotte dal suo racconto, è per me il ragazzo che lo accompagnò fino alla Necropoli e che gli fornì le spiegazioni sul contesto e sulle tombe che visitarono. Un ragazzo che ci viene descritto come impreparato e poco socievole. Devo dire che anche io, in qualche articolo, l’ho citato come esempio della tradizionale poca propensione dei Cervetrani delle vecchie generazioni ad accogliere i cosiddetti “forestieri”. Ma ora abbiamo scoperto che i fatti non si sono svolti proprio così, e che Lawrence, quel giorno, aveva probabilmente un po’ la puzza sotto il naso. Come abbiamo accennato all’inizio, la storia che racconteremo qualcuno l’avrà già sentita, non è uno scoop, ma nella sua versione estesa assume un fascino e una suggestione che ripaga Cerveteri della cattiva pubblicità fattaci da Lawrence. Anche se il nostro amico Benedetto Zapicchi me ne aveva parlato molto tempo fa, per questo articolo mi baserò su quello che ha scritto nel suo ultimo libro, non ancora pubblicato, e che mi ha concesso l’onore di leggere in anteprima, “Racconti Ceretani”, che consiglio a tutti di acquistare e leggere. Benedetto Zapicchi, oltre ad essere nipote, figlio e fratello di storici e importanti assistenti di scavo della Soprintendenza, vi ricordo che ha anche partecipato a scavi archeologici in mezzo mondo. In questo libro ci riporta anche le confidenze di suo padre Cesare. Così scopriamo che il ragazzo così malamente presentato da Lawrence era proprio Cesare Zapicchi, il mitico assistente di scavo della Necropoli della Banditaccia, che ha aiutato generazioni di archeologi a portare alla luce molte delle più importanti tombe etrusche di Cerveteri. Il signor Cesare ha sempre avuto il dente avvelato nei confronti dello scrittore inglese, e nel libro ci spiega perché: “Lo accompagnai e risposi a una serie di domande da terzo grado e, siccome scriveva tutto sul taccuino, rimanemmo diverso tempo all’interno delle tombe”. Poi aggiunge: “…fu ingeneroso nelle descrizioni su “Paesi Etruschi”, scrisse che farfugliavo le spiegazioni, come se fossi balbuziente, e non ricordò invece, che l’avevo accompagnato pur avendo quaranta gradi di febbre e, nelle tombe, ci soffrivo il freddo. La febbre era data dalla ferita alla mano che si era infettata e che più tardi si rese necessaria l’amputazione del dito”. Questo trattamento così ingeneroso non fu mai perdonato da Cesare Zapicchi che, come ci racconta suo figlio, non ha mai parlato volentieri di questa storia. Inoltre, come leggiamo nel libro di racconti e di memorie che abbiamo citato prima, Cesare Zapicchi si vendica, accusando Lawrence di essersi attribuito la paternità di considerazioni sugli Etruschi che invece aveva appreso da lui durante la visita alla Necropoli: “…gli detti tante informazioni sul popolo etrusco, che lui fece sue, trascrivendole come considerazioni, fatte sulla spiaggia di Ladispoli. Ed erano informazioni di prima mano perché nelle cattedrali di allora si cantavano ben altre messe”. Spero che questa puntualizzazione vi faccia leggere quell’episodio di Paesi Etruschi con altri occhi, così come è successo per me. Ma non è finita qui. Vi parlavo all’inizio di una “versione estesa” del racconto dei Zapicchi su come si sono svolti realmente i fatti. In questa versione si aggiunge un altro protagonista, il nonno di Benedetto, Luigi Zapicchi. In questo caso sono solo suggestioni non dimostrabili, ma troviamo utile documentarle così come ce le hanno raccontate. Lawrence, oltre a Cesare Zapicchi, conobbe alla Necropoli quello che era allora l’Assistente in carica: suo padre Lugi Zapicchi. Fu lui che accompagnò lo scrittore inglese sugli scavi che si stavano eseguendo in quei giorni. Veniva descritto come un uomo imponente, alto e magro, elegante nella sua divisa della Regia Soprintendenza. Benedetto racconta che Lawrence seguì suo nonno anche nella cosiddetta “Spianata della tavola”, dove erano collocate le gabbie per l’allevamento dei conigli e dei fagiani. Questi animali venivano liberati poi nel recinto della Necropoli della Banditaccia per deliziare i turisti che li vedevano saltellare o volare tra i tumuli. Luigi Zapicchi aveva sempre un fucile in spalla ed era seguito da un cane regalatogli da una lady inglese. Per questo suo aspetto, ci dice Benedetto Zapicchi, “mio nonno assomigliava più ad un guardacaccia che ad un Assistente di scavo”. Lo stesso Lawrence, pare, si interessò molto al suo cane, confidando che gli ricordava uno che stava descrivendo in un romanzo che stava scrivendo in quel momento. Il romanzo era “L’amante di Lady Chatterley”. Da qui nasce una suggestiva ipotesi: l’amante di Lady Chatterley, il guardacaccia Oliver Mellors, fu ispirato a Lawrence, almeno nell’aspetto, proprio da Luigi Zapicchi. Ci racconta suo nipote: “…e a leggerlo, quel romanzo, se ne incontrano tante di figure e di fatti legati alla visita ceretana di Lawrence. E non si tratta di comparse di contorno. Sarà forse un caso, ma quel guardiano “guardacaccia”, mio nonno, che curava gli allevamenti di fagiani e la cagna che lo seguiva nella casa del bosco, il locale dove Lawrence appose la sua firma di visitatore, li ho ritrovati leggendo il romanzo”. Continua poi Benedetto Zapicchi: “Anche uno degli episodi più spinti del romanzo mi ricorda un fatto realmente accaduto durante l’apertura della laterale destra della Tomba dei Doli, e che vide protagonista mio nonno. Questo fatto, molto conosciuto a Cerveteri, gli fu probabilmente raccontato dai ragazzi che lo accompagnarono alla Necropoli per quel sentiero che adesso porta il suo nome”. Suggestioni? Fantasia inconsciamente alimentata dal desiderio di nobilitare suo nonno? Non possiamo certo dare una risposta definitiva su questa seducente ipotesi, che ci potrebbe fare leggere con occhi diversi il capolavoro di Lawrence. Ma a noi piace molto, e ve l’abbiamo voluta raccontare.