TORNA IN FUNZIONE L’INCUBATORIO ITTICO, CONDIZIONE NECESSARIA MA NON SUFFICIENTE PER DARE NUOVA LINFA AL SETTORE.
di Graziarosa Villani
Un primo timido passo per il rilancio dell’attività di pesca sul lago di Bracciano. Questo il senso del ritorno in attività, dopo un lungo periodo di chiusura, dell’incubatorio ittico di Anguillara. Il 25 gennaio Comuni, Parco, Consorzio di Navigazione e Regione Lazio si sono dati appuntamento per inaugurare i lavori di ristrutturazione della storica struttura, già di competenza della Provincia di Roma e ora in carico alla Regione Lazio.
La buona novità riguarda la realizzazione di una cella frigorifera per lo stoccaggio del pescato lacustre, elemento essenziale per dare il via ad una virtuosa filiera di lavorazione del pesce di lago. L’incubatorio è impiegato per la procedura che porta alla produzione di avannotti da rigettare nel lago. In grosse campane l’addetto ai lavori segue l’evoluzione delle uova fecondate. Il tutto con una procedura che sul lago viene denominata “butta”. In questo periodo si pescano i coregoni si spremono gli esemplari femmine e maschi e si mette tutto insieme.
Quando si arriverà alla produzione di avannotti questi verranno rigettati nel lago, perché, come ebbe a dire un pescatore locale “il lago è come un campo”, se non si semina non si raccoglie. L’inaugurazione segna una inversione di rotta ma è un fatto che arriva quando la pesca di professione sul Lago di Bracciano è ridotta ai minimi termini. Una quindicina i pescatori professionali riuniti oggi nell’unica cooperativa presieduta da Michele Scuderoni. Un tempo le cooperative erano almeno una per paese rivierasco, i pescatori, una ventina di anni fa, erano una quarantina. Negli anni d’oro solo ad Anguillara si contavano oltre 60 pescatori.
Pesca nel Lago di Bracciano: primo passo per il rilancio
Sono mille le cose da fare per il rilancio del settore, in primo luogo la valorizzazione del pescato lacustre dal punto di vista alimentare e culinario, quindi la riscoperta del portato culturale ed identitario che la pesca dà al lago di Bracciano (il presidente del Parco di Bracciano-Martignano ha annunciato la produzione di documentari sui pescatori a cura dell’autore Marco Leopardi), quindi la messa a punto di una filiera corta per la trasformazione del pescato. Servono inoltre normative al passo con i tempi. Annunciata una nuova normativa per quanto riguarda il riconoscimento del coregone quale specie autoctona (data oltre 100 anni la sua immissione nel lago di Bracciano stante la sua provenienza dai laghi svizzeri). Reclamata a gran voce ma mai adottata una normativa regionale per la pesca-turismo.
Data la completa assenza di una barca tradizionale in legno sul lago – anni fa la Provincia di Roma intimò l’impiego di natanti in vetroresina – si fa necessaria anche la proposta che arriva dall’Associazione Culturale Sabate che gestisce il Museo della Civiltà Contadina e della Cultura Popolare “Augusto Montori” – in occasione del gemellaggio a maggio 2019 con il Museo della Navigazione delle Acque Interne di Capodimonte sul lago di Bolsena – per la creazione ex novo di almeno una imbarcazione in legno, il censimento di eventuali barche tradizionali, l’avvio di ricerche per la riscoperta delle tradizioni locali legate alla pesca come la riproposta di vogate storiche. L’incubatorio è tornato attivo ma tutto ciò si rileva solo come la condizione necessaria ma non sufficiente per dare nuova linfa al settore pesca sul Lago di Bracciano?