RIAFFIORA LA STORIA SOTTO ALLA FERROVIA DI FURBARA

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IL SITO ARCHEOLOGICO RISALE ADDIRITTURA AL SETTIMO SECOLO AVANTI CRISTO.

Il primo pezzo, poi un altro reperto. Alla fine un insediamento etrusco del VII secolo a.C., con sopra una villa romana del IV secolo d.C. e un’area relativa al commercio. Insomma, un “Tesoro” prezioso riaffiorato a Cerveteri, lungo la ferrovia nei pressi di Furbara. Dal mare alla ferrovia perché esattamente un anno fa invece erano state le onde a restituire alla città un capitello, poi una colonna di marmo intravista da un sub sul fondale e trainata arriva grazie ad una ruspa e a dei sub.

Questa volta la campagna di scavo nei pressi dell’ex stazione della frazione cerveterana, ha portato alla luce un sito pluristratificato che si è sviluppato in diversi secoli. «Probabilmente – spiega la dottoressa Rossella Zaccagnini, responsabile della Soprintendenza Archeologica – è nato con funzione produttiva e commerciale come attesta la presenza di un’iscrizione etrusca sull’ansa di un’anfora vinaria». Attorno al complesso una strada con diverse fasi di utilizzo, che lo connetteva al mare ed alla viabilità principale, utilizzata a partire dal V secolo a.C., in un periodo di particolare vigore economico dell’area cerite. Archeologi ed esperti guidati da Emanuele Giannini – come spiegato dalla Soprintendenza Archeologica Belle Arti dell’Etruria Meridionale – nell’ambito di un piano di interventi preventivi per la messa in sicurezza idraulica della linea Roma-Pisa per conto di Rfi, sono entrati in azione in un’area di circa 1500 mq posti tra la ferrovia e l’area dello scalo ferroviario ormai dismesso.

Il complesso tuttavia si è esteso fino alla moderna via Aurelia, come rilevato dalle indagini georadar. Lo scavo stratigrafico è stato condotto dalla società “Eos Arc” e ha permesso di individuare, a pochi chilometri da Pyrgi, i resti di un insediamento etrusco costruito sui livelli di bonifica di una preesistente area palustre, composto da diversi ambienti con fondazioni costruite in ciottoli. L’ipotesi comunque è quella di una graduale romanizzazione intorno alle seconda metà del III° secolo a.C., dove gli occupanti del sito costruirono, riutilizzando le murature etrusche, un vasto impianto legato alla produzione e allo stoccaggio delle materie lavorate.

Non a caso sono stati rinvenuti centinaia di frammenti di anfore e dolii, ma soprattutto tre statuette votive raffiguranti dei bovini, animali da sempre legati allo sfruttamento delle risorse agricole.