Renzo Arbore, il maestro dell’improvvisazione

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Intervista al poliedrico artista che ha cambiato il mondo dello spettacolo, oggi testimonial della kermesse musicale  Umbria Jazz Winterdi Felicia Caggianelli

La simpatia e la loquacità di Renzo Arbore sono stati gli ingredienti che hanno conferito colore e un tocco frizzante alla presentazione della nuova edizione di Umbria Jazz Winter che quest’anno si appresta a spegnere le 25 candeline con un cartellone ricco di eventi e novità. La kermesse musicale, che andrà in scena ad Orvieto dal 28 dicembre 2017 al 1 gennaio 2018, è stata infatti presentata nella prestigiosa sede dell’Associazione della  Stampa Estera in Italia,  a Roma, alla presenza di personalità di spicco del settore, nonché di un testimonial d’eccezione che di questi ritmi ha scritto una importante pagina di storia della musica italiana ovvero Renzo Arbore, considerato da tutti  il primo disc jockey italiano. A 18 anni muove i primi passi su di un palco abbracciando la musica leggera ed il jazz…è amore a prima vista e per questo caratteristico festival non poteva esserci testimonial più adatto di lui. Umbria Jazz Winter, viaggia all’insegna di 100 eventi con 25 band e circa 150 musicisti. Numeri importanti che calamitano ogni anno tantissimi visitatori all’insegna della buona musica di qualità, delle novità del settore, e del patrimonio storico ed artistico che Orvieto custodisce. Musica, storia ed enogastronomia sono gli ingredienti per festeggiare questa nuova edizione che di ogni anno rafforza la sua vocazione di evento culturale e turistico per veri intenditori. E tanto per rivelare qualche chicca dovete sapere che anche quest’anno il jazz italiano è ben rappresentato dal Trio di Roma, Danilo Rea, Enzo Pietropaoli e Roberto Gatto. Rea suonerà in con Gino Paoli. Flavio Boltro sarà ospite speciale. Ci sarà il tributo di Jason Moran al centesimo anniversario della nascita di Thelonious Monk. Conosceremo uno dei migliori chitarristi delle ultime generazioni, Marc Ribot. Una novità assoluta per l’Italia sarà la presenza di Jazzmeia Horn, considerata in America il nuovo astro della vocalità jazz al femminile. Si potrà assistere allo spettacolo del Benedict Gospel Choir della South Carolina, forte di ben quaranta elementi che garantiscono un grande impatto emotivo e tante altre novità.   Personaggio poliedrico e brillante, lo abbiamo imparato ad apprezzare nelle sue molteplici performance artistiche di cantautore, conduttore radiofonico, clarinettista, showman, attore, sceneggiatore, regista e personaggio televisivo italiano, pur rimanendo sempre fedele a se stesso. E per i golosi, per pranzo e per cena si potrà gustare uno “Spaghetti Swing” ovvero un piatto di spaghetti cotto e mangiato con tanto di vino e formaggi del territorio. In occasione della presentazione del festival del Jazz abbiamo intervistato Renzo Arbore che ci ha accolto con un grande sorriso e la sua disarmante simpatia.

Renzo Arbore col nostro vice direttore Felicia Caggianelli prima dell’intervista

Che rapporto è il rapporto tra Renzo Arbore e la musica?

“Mammamia che domandona…è un rapporto lontanissimo. Parto dalla banda di paese che era quella che sfilava sotto casa mia anche durante le processioni e poi  a 13 anni ho incontrato il jazz. E lo confesso, io devo ringraziare il jazz perché io ho inventato, mi sto accorgendo adesso che sto facendo il riassunto delle mie esperienze lavorative, la radio e la televisione  improvvisata perché mi sono basato su quello che avevo capito sul jazz. Dicevo: se puoi improvvisare il blues con il clarinetto, la tromba, il trombone, la chitarra, ti puoi improvvisare anche con le chiacchiere. E in questa nuova avventura mi ci sono buttato con Boncompagni, prima alla radio, dove abbiamo fatto non un’improvvisazione come si fa adesso, ma un varietà improvvisato; poi siamo passati alla televisione. Il tempo mi ha dato ragione visto che ancora oggi questo mio modo di lavorare e di comunicare è molto perché io faccio il ‘jazz’ non faccio né  il pop né il rock. Cioè improvviso con l’amico di una vita Nino Frassica”.

Lei di fatto ha anche cambiato il modo di fare televisione facendo conoscere la seconda fascia serale…

 “E’ iniziato tutto dalla radio e dal gusto di non recitare ma di improvvisare”.

Lei è nato a Foggia. Che rapporto ha con la Puglia?

Se non fossi nato in Puglia e nella mia città, dove i divertimenti erano talmente pochi che ti dovevi per forza buttare sul jazz per animare la tua adolescenza, forse non sarei arrivato fin qui. Credo che essere nato in Puglia sia stato per me un vantaggio. Forse vivendo a Roma o in un altro paese sarebbe andata a finire diversamente. Invece in puglia, la penuria di divertimenti ci faceva parlare di jazz dalla mattina alla sera; era un bellissimo fanatismo. Noi eravamo 15, 20 ragazzi in tutta la città, ci incontravamo, passeggiavamo per il corso ore e ore e ogni volta che ci incontravamo il nostro motto era:viva il jazz e andavamo avanti”.

Lei è particolarmente affezionato a Orvieto. Come mai?

“Perché c’è una particolare attenzione al jazz italiano ma soprattutto alle nuove tendenze. Naturalmente Orvieto è una location più raccolta più a misura d’uomo. Non c’è bisogno di riempire spazi enormi e una location quindi meno impegnativa e permette a Umbria Jazz di ospitare sia gente nota che esordienti senza l’ansia di riempire gli spazi destinati agli eventi ma nello stesso tempo è una sorta di trampolino per i ritmi all’ avanguardia e per la musica nuova”.

Dal punto di vista economico le istituzioni vi aiutano?

“Devo dire la verità, c’è stato l’interesse di Franceschini che come Ministro dei Beni Culturali ha capito la potenzialità di questo progetto ad ampio respiro ovvero che la musica jazz italiana ha una missione internazionale straordinaria  perché è un biglietto da visita di grande qualità andando in giro per il mondo. I nostri ragazzi, come Stefano Bollani, portano all’estero un’Italia positiva, straordinaria di artisti che fanno invidia anche agli artisti americani. Quindi adesso che il Ministero dei Beni Culturali ha questa attenzione per il jazz ci aspettiamo un aiuto economico”.