Per “taglio emotivo” si intende quella modalità di gestione dei conflitti interpersonali attraverso la quale essi vengono risolti allontanandosi fisicamente e “tagliando”, appunto, ogni rapporto con la persona con cui si è in conflitto.
In questo modo ci si illude di aver risolto i sentimenti di rabbia, delusione, invidia o dolore che si sono provati con la persona da cui ci si è allontanati, ma le emozioni non elaborate ed i conflitti irrisolti invero continuano “a lavorare” dentro le persone che così non riescono a “liberarsene”. Queste finiscono così per provare un odio rancoroso o un dolore costante di sottofondo che le rende tristi, irritabili o “bloccate” emozionalmente.
Queste modalità di gestione delle emozioni “irrisolte” corrispondono a precisi meccanismi di difesa: “la rimozione” aiuta la persona a “dimenticare” a livello cosciente di provare vissuti penosi ed angosciosi verso qualcuno: essa può agire poi in collaborazione con “lo spostamento” che, appunto, sposta per esempio la rabbia dalla persona verso cui la proviamo (per esempio il datore di lavoro a cui non possiamo reagire con rabbia) verso un’altra con cui “ci sfoghiamo” (per esempio il collega). Il tutto avviene ad un livello inconscio (tutti i meccanismi di difesa operano inconsciamente) e dunque la persona fa fatica a capire che sta avvenendo uno spostamento di emozione.
Un altro meccanismo di gestione delle emozioni rimosse è “l’isolamento dell’affetto”: con esso la persona evita di contattare le emozioni tormentose, gli mette “un blocco”. Però così, poiché questa difesa non è selettiva, per bloccarne alcune finisce per bloccare tutte le sue capacità emozionali. Si anestetizza all’emotività. Un esempio tipico dell’operare delle difese psichiche è la non elaborazione degli stati emotivi che accompagnano un lutto: il non esprimere il dolore, la rabbia, il senso di colpa o a volte anche il senso di liberazione che si prova (perché inconsciamente ci si difende da questi stati emotivi in quanto percepiti come capaci di soverchiare il proprio equilibrio psichico) determina una non risoluzione del lutto ed un suo non superamento: e così, per esempio, il dolore e la colpa ignorate e sepolte potrebbero affiorare con episodi depressivi ripetuti più o meno lunghi ed intensi anche per tutta la vita.
Insomma, è una pura illusione che il non ricordare fa passare “le cose in sospeso”, che il tempo cancella tutto: in psicoterapia questa osservazione è comune ed accade che dolori sepolti ed irrisolti anche da 40 anni, quando la persona trova il coraggio e la fiducia nella relazione terapeutica per aprirsi al dolore passato, emergano in pianti “liberatori” come se quel lutto o quel trauma fosse avvenuto pochi giorni prima. Sembra cioè rimasto tutto fermo al passato nel mondo interno di quella persona, che solo facendo spazio al dolore dentro di sé può ricominciare “a fare spazio” al nuovo, può rimettere in moto il senso del tempo ed il fluire della sua vita emotiva.
E così le emozioni negate (e dunque non risolte) se non “liberate” diventeranno dei “fantasmi” che tormenteranno l’individuo (e spesso lo faranno nei sogni quando non nei pensieri della veglia) e lo inchioderanno al passato togliendogli vitalità e spingendolo alla fuga come modalità automatica di gestione e regolazione delle emozioni “difficili”.
Dottor Riccardo Coco
Psicologo – Psicoterapeuta Psicoterapie individuali, di coppia e familiari
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