RABBIA E TRISTEZZA DUE EMOZIONI COMPLICI

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“Le emozioni ci comunicano che abbiamo un problema che richiede attenzione e risposta” (Darwin, L’origine delle specie, 1872)

Uno dei punti fondamentali del percorso di psicoterapia è il lavoro con le emozioni. In un precedente articolo, ho parlato delle emozioni, dell’importanza di conoscerle e di esprimerle in modo adeguato affinchè rimangano in equilibrio.

Nella pratica clinica, emerge spesso la distinzione (culturale) in emozioni positive (gioia) ed emozioni negative (rabbia, paura, dolore, disgusto). Non c’è nulla di negativo nelle emozioni, se non l’eccesso. Nella pratica clinica, inoltre, emergono spesso due emozioni importanti, la rabbia e il tristezza, emozioni spesso complici perchè “si coprono” a vicenda. Faccio un passo indietro.

La rabbia e il dolore vengono spesso represse o espresse in modo inadeguato. Si impara spesso a reprimere la rabbia o perché “non bisogna arrabbiarsi” (idea culturale senza alcun fondamento scientifico) oppure perché “quando mi arrabbio faccio o dico cose che non vorrei dire o fare perché la rabbia mi fa perdere il controllo”.

La rabbia è una delle emozioni più importanti che noi abbiamo, è piena di energia che, però, va canalizzata bene. Immaginiamo la rabbia come un vulcano: se è vivo, più rimane silente più probabilità c’è che quando esplode produca danni molto gravi; se il vulcano, invece, ogni tanto fa uscire la lava da un cratere laterale, i danni saranno minori.

Così funziona la rabbia: se viene compressa e non canalizzata, si accumula e quando scoppia può fare danni interni (provocando disturbi dell’umore anche gravi) o esterni (comportamenti rabbiosi spesso esagerati). Parliamo, ora, della tristezza: la tristezza esprime, ovviamente, sofferenza e a nessuno piace stare male. L’essere umano tende alla vita (eros) e non alla morte (tanatos). Quando una persona soffre cerca di fare di tutto affinchè questo dolore scompaia il più velocemente possibile.

Purtroppo, il dolore derivato dalla tristezza, per essere elaborato necessita di tempo e se viene compresso, accelerato o negato può influenzare negativamente il tono dell’umore, in down o in up. Torniamo alla complicità di rabbia e di tristezza. Nella pratica clinica spesso persone con vissuti che avrebbero richiesto l’attivazione di rabbia sono diventate “depresse” mentre persone con eventi che avrebbero richiesto una deflessione del tono dell’umore sono arrabbiatissime.

Rabbia e tristezza sono spesso due rotaie di uno stesso binario che, però, si coprono a vicenda. Se, nel percorso di psicoterapia, si ragiona sulla rabbia come copertura, come difesa per mantenere il tono dell’umore “alto”, piano piano emerge il dolore; così, se si ragiona sul tono dell’umore basso come copertura di una rabbia repressa, allora emerge piano piano la rabbia.

È importante che questi passi vengano effettuati quando c’è una buona alleanza terapeutica, quando c’è estrema fiducia tra terapeuta e assistito e quando il terapeuta sa che l’assistito è pronto ad accettare questi concetti. Immaginiamo una persona che ha represso o una o l’altra di queste emozioni per molto tempo: la repressione è stata una difesa efficacissima, una vera genialata della mente per far vivere la persona al meglio.

Quando, però, queste difese non funzionano più come una volta, allora è arrivato il momento di elaborarle. Ma con molta calma e con il tempo giusto per la persona, non per il terapeuta. “

psicologia giuridica
Dottoressa Anna Maria Rita Masin
Psicologa – Psicoterapeuta

Dottoressa Anna Maria Rita Masin
Psicologa – Psicoterapeuta Psicologa Giuridico-Forense Cell. 338/3440405

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Cerveteri – Via Delle Mura Castellane, 60