La tragica vicende del padre di Scilla Gabel, medaglia d’oro al valore partigiano, ucciso a coltellate per una vicenda di affitti non pagatidi Antonio Calicchio
Questa è la storia di un partigiano, medaglia d’oro. Che ha trovato, però, la morte, a Ladispoli, nel maggio 1999.
Giuseppe Gabellini, nato, a Rimini, nel 1912, fu un giovanissimo lavoratore e, prima di giungere a Ladispoli, trascorse gli anni della sua giovinezza in Emilia Romagna in cui, tra il 1943 ed il 1945, aderì alle fazioni partigiane. Egli, partigiano decorato con Croce al Merito di Guerra, fu sindacalista e si distinse per il coraggio in numerose azioni di rappresaglia nei riguardi dei nazifascisti che operavano nella linea gotica, ottenendo due importanti riconoscimenti: una medaglia d’oro, rilasciatagli dal Comune di Rimini, negli anni ’60 del secolo scorso, nonché la Croce di Guerra al valor militare, quale comandante partigiano. E, in occasione dell’anniversario della tragica scomparsa, Ladispoli ha voluto dedicare, alla sua memoria, uno dei luoghi a lui più cari. Nel quartiere dove viveva, ancor oggi tutti lo ricordano come un amministratore onesto e capace, appassionato alla città che aveva scelto, unitamente alla sua famiglia. Il comune, nel voler ricordare questa eroica e straordinaria figura, gli ha intitolato i giardini di p.zza Domitilla.
Diciannove anni fa, ha perso la vita, a seguito di un accoltellamento ricevuto da parte di Elisa Santilli, all’epoca dei fatti sessantacinquenne ed inquilina di una casa di sua proprietà. Costei, senza lacrime, senza gemiti, impassibile, dopo aver inferto i colpi mortali a Gabellini – padre, peraltro, dell’attrice Scilla Gabel – ha assistito agli ultimi aneliti di agonia di quest’ultimo, nell’attesa che arrivassero le forze dell’ordine.
E anche dinanzi agli inquirenti, la Santilli, donna alta e robusta, con un vissuto complicato alle spalle, non ha battuto ciglio, mantenendo un’agghiacciante calma. Cinque coltellate al torace per impedire lo sfratto da una villetta di tre piani, alla periferia di Ladispoli, in via Campi di Torre Flavia, sita in una piccola strada lunga e dritta, a pochi metri dalla spiaggia. Novecentomila lire di pigione che Elisa non pagava più da mesi, uno sfratto per morosità che sarebbe divenuto esecutivo. Eppure, il proprietario di casa, Giuseppe Gabellini, persona mite e gentile, conosciuto in tutta la zona, presidente onorario del Sindacato dei Pensionati, non aveva affatto calcato la mano con quella inquilina “difficile”, anzi, “voleva offrirle una buonuscita di tre milioni e abbuonarle tutto quello che gli doveva”, ha raccontato sconvolto, il figlio Spartaco, avvocato “lui era fatto così, era uno che aiutava la gente …”.
Ex presidente locale dell’Associazione nazionale partigiani, ex consigliere comunale, cinque figli, tra cui – come ricordato – Scilla Gabel (interprete di molteplici film, tra cui Quel pasticciaccio brutto e del Capitan Fracassa televisivo) che, oggi, ha 80 anni, Giuseppe Gabellini aveva aspettato, aveva mediato, aveva tentato di trovare un accordo. Ma invano. Anche quando la donna aveva sub-locato la parte superiore della villetta, non vi erano state liti o scenate, ma vi erano stati solo pacati tentativi di convincerla. Un dialogo tra sordi. Ancora lucidissimo e attivo, malgrado l’età, Gabellini si era recato, spesso, a via Campi di Torre Flavia, con la sua autovettura, per spiegare alla donna che sarebbe stato meglio prendere quel pugno di milioni, piuttosto che farsi sfrattare coattivamente dai pubblici ufficiali. Elisa, probabilmente, non l’ascoltava neppure. Divorziata, due figli, di cui uno detenuto, la donna aveva un precedente di venti anni prima, allorché fu arrestata a causa di un accoltellamento, e viveva in un disordine indescrivibile, coi suoi tre cani. Taciturna, usciva raramente. Tra le persone con cui, talvolta, si confidava, un bambino sui 10/11 anni. “Mi aveva raccontato che pagava troppo e che si era rotto un tubo dell’acqua e voleva farlo aggiustare dal padrone di casa”, ricordava il piccolo. “Mi faceva un po’ paura”. Scampato ai proiettili e alle bombe della guerra di liberazione, persuaso della forza del ragionamento e del diritto, Giuseppe Gabellini è andato incontro alla morte senza sospettarne il pericolo. La mattina dell’accaduto, l’uomo ha suonato al campanello e l’inquilina gli ha aperto la porta di ingresso in vestaglia. Una breve discussione, gli argomenti tante volte ripetuti in precedenza. Il proprietario di casa, tra l’altro, ha tentato di chiarire che il fitto, che pur non riceveva da mesi, figurava, in ogni caso, sulla sua dichiarazione dei redditi. Parole al vento. La Santilli accettava la buonuscita, ma chiedendo tempo. E Gabellini non intendeva aspettare oltre. All’improvviso, la donna è entrata in cucina, ha impugnato un lungo coltello, è uscita e, senza proferire parola, ha affondato la lama nel torace del pensionato, crollato a terra di schianto. Implacabile, Elisa si è chinata sull’uomo steso a terra e l’ha pugnalato ancora finché l’acciaio si è spezzato contro una vertebra. Poi, è arretrata di qualche passo ed è rimasta a guardare l’agonia di Gabellini, che è deceduto, poco dopo, sull’ambulanza. “Una pazza, solo una pazza può fare una cosa del genere”, ha dichiarato Scilla Gabel, “Papà era amato da tutti, era una persona buonissima. Quella donna aveva già pugnalato una persona ed era libera. Ora va punita, non può passarla liscia ancora una volta”. A Ladispoli, gli amici del padre, hanno sempre stimato Scilla per la sua professionalità e la sua scelta di preferire al cinema gli affetti familiari, come il matrimonio, col regista Piero Schivazappa, e la decisione di dedicarsi all’unico figlio.
Questa è la storia di un partigiano che, salvatosi dalle pallottole e dalle bombe della guerra di liberazione, convinto assertore della forza del ragionamento e della giustizia, ha trovato, però, la morte, in una stradina lunga e dritta, a pochi metri dalla spiaggia di Ladispoli, alla veneranda età di 87 anni. Quando un altro partigiano – nato qualche anno prima di lui – presidente della Repubblica italiana, nel 1978, fu altrettanto combattivo contro l’occupazione tedesca, la guerra fascista, per la salvezza delle nostre terre e delle nostre case, senza arrendersi e senza perire: Pertini, il quale rammentava al popolo italiano che “non vi può essere vera libertà senza giustizia, come non vi può essere vera giustizia senza libertà”.