L’Annuncite acuta, il virus che avvinghia la politica cervetrana
di Angelo Alfani
A metà degli anni sessanta, nonostante il boom economico nel Bel Paese fosse bello che terminato, a Cerveteri tutto continuava a girare.
I pullman per Roma e Civitavecchia, dalla regolarità fascista, fin dalla prima fermata accanto all’edicola, erano gonfi di studenti e impiegati di vari Ministeri e tornavano gonfi di cercatori di speranza.
Gli artigiani ed i muratori si permettevano di rifiutare commesse, i motorini, senza sosta, sfrecciavano più fitti delle frecce sotto le mura di Troia. La campagna aggiungeva reddito e creava risparmi. Il presente apriva ad un futuro di positive certezze e nessuno immaginava che sarebbe giunto il tempo di dover pietire una stagione, malpagata, da scopino.
La politica seguiva il suo corso: contrapposizione tra comunisti e democristiani con le diverse salsine socialiste, già deologizzati, che si lasciavano spalmare, ora da una parte ora dall’altra, senza manco arrossire.
Anche le suore, solitamente schive e dalle castigate movenze, si lasciavano andare alla spensieratezza del tempo, bagnandosi fino alle ginocchia e giocando a palla sulla spiaggia della frazione di Ladispoli. Gli spettacoli al teatrino dell’asilo erano frequenti e coinvolgevano intere scolaresche, senza la supponente presenza delle Autorità. Queste le vedevi alle processioni a via crucis con preghiere e canti serpeggiando, accanto al maresciallo, per il paese antico dietro gli stendardi parrocchiali o durante le inaugurazioni di qualche opera importante: cantinone, grandi plessi scolastici, museo…
Da alcuni anni invece un virus, più devastante di quelli proveniente dalle Molucche, ha avvinghiato il Granarone, mettendoci radici più profonde della magnolia grandiflora.
Un virus che si manifestato con la febbre dell’annuncite acuta.
Dalle annunciazioni sulla democrazia e trasparenza, a quelle sulla difesa dei balneari e dei bagnanti; da quelle di una lotta senza tregua al cemento ed ai molossi del Consumo coatto, a quelle della costruzione della Casa della Pace; dall’isola ecologica, il cui cartello appeso ad una miserevole rete metallica, non indica né data di inizio lavori né ovviamente quello del fine, alla zona artigianale, i cui promotori sono tutti saliti in Cielo, tranne un settantanovenne ancora tra noi.
Chi, con molta probabilità, batterà ogni record di annunci è il baraccone, dai costi simili a quelli di un plesso scolastico, che si vuole costruire alla Boccetta, dentro la fienilessa della Marescotti.
Acquisito per essere abbattuto e sostituito da una oasi di verde, ozio per gli anziani e svago per i bimbi, è stato annunciato come “cotto e magnato”, già nel luglio del 2012.
Anche sta volta, quando la certezza era granitica e si stava programmando il buffet da ordinare al Jolly, ci si è messo di mezzo un fottutissimo trasformatore dell’ENEL, che, da decenni, illumina mezzo Cerveteri.
Per provare a metterci una pezza gli annunciatori locali hanno convocato la intera Dirigenza di Villa Giulia, vestali di quanto sta sotto e sopra in Etruria.
Durante questo briefing, a cui sembra abbiano preso parte archi-star attivi in bassa Maremma, dopo le consuete affettuosità, si è discusso di dove collocare sto trasformatore.
Ma il busillis è non solo dove piazzarlo senza sfigurare oltre gli aviti merli, ma a quali costi e con quanti giorni al buio.
Mi auguro vivamente che non si trovino vaccini atti a debellare il virus dell’annuncite acuta, così da lasciare che, nefandezze cementizie e semplici fesserie, restino pure annunciazioni.