Il successo del genere Horror
A cura del Dottor Riccardo Coco
Psicologo – Psicoterapeuta
Il genere horror, il mostruoso ed il conturbante, generalmente, ci provoca al contempo paura ed eccitazione; ne rifuggiamo e ne siamo attratti.
Come mai ci accade questo? Può sembrare paradossale, infatti, che lo splatter, le uccisioni macabre e violente (vedi il successo dei Saw), i films, i romanzi, i videogiochi ed altre produzioni horror, attraggano così tanto molti di noi: come è possibile essere attratti da ciò che ci spaventa e che dunque ci indurrebbe a fuggire?
Aristotele, ne “La poetica”, enuncia la peculiarità dell’espressione artistica che fa dell’orrore e delle altre forme di paura, una fonte di piacere. Egli dice: “Le cose che ci fanno soffrire nella realtà, ci recano un sommo piacere se le osserviamo in immagini”. Del resto il terrore è nella mitologia e nelle forme artistiche di ogni civiltà umana: creature mostruose ed esseri sovrannaturali, demoni e forze oscure animano l’immaginario delle più antiche tradizioni popolari, occidentali e non; un immaginario che attinge dal fondo all’animo umano, dalle sue zone d’ombra, dove giace, mai sopita, un’inquietudine esistenziale dinanzi a ciò che gli uomini non riescono a dominare: la morte, il dolore, l’ignoto, l’irrazionale, la violenza e l’aggressività.
È su questi elementi che sono cresciute nei secoli le narrazioni fantastiche della letteratura e si è formata la materia prima delle fiabe, delle poesie, dei racconti, ma anche dell’iconologia e dell’architettura. L’orrore è dunque un mezzo che abbiamo per esorcizzare i nostri incubi: la produzione e la fruizione di ciò che va sotto l’etichetta generalmente intesa come “horror” ci dona l’illusione di poter controllare l’incontrollabile; ciò che più temiamo: la morte, la violenza (sia quella nascosta in noi, che quella degli altri), l’irrazionale, la pazzia, etc. Le produzioni violente, splatter o conturbanti ed inquietanti sono un modo dunque per incanalare, proiettare, contenere ed esprimere l’aggressività, il terrore e l’irrazionale che abbiamo dentro e che generalmente temiamo e non riconosciamo di avere.
Ci possiamo così identificare con i personaggi violenti dei film o dei videogiochi, che affrontano i mostri e li sconfiggono, che sfogano la “loro” aggressività ed il “loro” sadismo su altri o che “si trasformano” (vedi Hulk o Mr. Hide) o impazziscono (vedi “i cattivi” di spider man), etc. In questo modo queste nostre pulsioni primitive possono trovare espressione ed una via di “scarica” e di contenimento per “interposta persona”.
Pensiamo a tutte quelle persone creative (musicisti, registi, attori, pittori, etc.) che, finché riescono ad utilizzare la loro creatività per realizzare film, dipinti, canzoni, insomma “opere creative”, in cui possono sfogare, contenere e forse riuscire ad elaborare la loro paura, l’aggressività, il sadismo e l’inquietudine, etc. riescono a mantenere un equilibrio mentale, seppure forse precario. Quando però arriva il “blocco creativo”, non potendo più incanalare nelle loro “creazioni” queste tensioni interne, le riversarono sugli altri e/o su se stessi, in una modalità autodistruttiva che porta anche alcuni di loro al suicidio.
Oltre all’aggressività anche la paura è spesso esorcizzata attraverso il mostruoso: penso per esempio alla millenaria paura del femminile che si manifesta con l’invenzione dei mostri marini femminili. Tra i più famosi ci sono, per esempio, le italiche Scilla e Cariddi.
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