PRODUZIONE DI GRANO DIMEZZATO E VIGNETI GIÀ DA ANNAFFIARE

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EMERGENZA SICCITÀ: I CONTADINI DI LADISPOLI E CERVETERI LANCIANO L’ALLARME. E IL CARO BENZINA NON FA CHE PEGGIORARE LA SITUAZIONE.

Pandemia, guerra, rincari e razionamento. I conti non tornano mai e il settore agricolo è uno di quelli con le spalle al muro. In tutto lo Stivale chiaro, anche nella zona del litorale nord, ascoltando i cittadini e le sigle sindacali che si battono e che lanciano nuovi disperati gridi di allarme.

Molti hanno perso la metà del raccolto e il peggio, forse, deve ancora venire. Nelle campagne dei Monteroni, nelle aree agricole cerveterane, tira una brutta aria. Periodi di crisi ne hanno affrontati già in questi ultimi anni tra Covid, aumento delle materie prime e della nafta. Però la siccità, i contadini, non l’avevano messa in conto probabilmente in questo inizio del 2022 e ora la situazione è piuttosto compromessa. «I danni maggiori – ha evidenziato nei giorni scorsi Roberto Seri, referente locale della Confederazione Italiana Agricoltori – sono soprattutto per quelli che hanno seminato dopo il mese di novembre. Più o meno in un ettaro di terreno in linea generale si riesce a raccogliere grano per 40 quintali almeno, ora per la mancanza di acqua poco meno della metà. Per ciascuna famiglia la perdita è di migliaia di euro».

La siccità prolungata e la mancanza di piogge non hanno fatto altro che diminuire drasticamente la resa dei cereali. E soffrono poi le altre piantagioni. «Molti produttori qui a Ladispoli e Cerveteri – spiega Seri – hanno iniziato già ad annaffiare i vigneti, praticamente con un mese di anticipo. Si paga di più per l’irrigazione e il rischio è che diverse piante muoiano. Non è previsto lo stato di calamità naturale». I problemi aumentano con il passare dei giorni. «La siccità ci sta mettendo in ginocchio – è l’intervento di Mario Petruzzi, da Ladispoli – però qui c’è da considerare pure la nafta. Per azionare la trebbiatrice e farla lavorare una giornata ci vogliono più di 300 euro. Per non parlare di quanto costa trasportare il grano. In questo modo saremo costretti a lasciare l’attività legata alla produzione di grano. Di questo passo molti coltivatori potrebbero decidere di non seminare grano in autunno, col risultato di una dipendenza ancora maggiore di materie prime agricole dall’estero». I contoterzisti confermano. «Si guadagna al massimo mille euro per un ettaro – si è accoda Filippo Di Litta, contoterzista – quando ne occorrono 1.200 per coltivarlo. È aumentato il gasolio agricolo arrivato a 1,60 euro a litro con un aumento nell’ultimo anno di oltre il 100 per cento. È cresciuto a dismisura il costo dei fertilizzanti. Davvero uno scenario preoccupante perché la minor produzione si va ad aggiungere all’aggravio delle spese di produzione per le aziende cerealicole e non solo».

E a quanto pare i principali produttori di azoto per i fertilizzanti sono Ucraina e Russia, Paesi dai quali il prodotto non arriva più. Fino al 2021 due passaggi per ogni ettaro costavano non di più di 200 euro per cinque quintali, quest’anno per la stessa quantità 500 euro rischiano di non essere sufficienti. Siccità sì, però l’allarme sul razionamento dell’acqua in questa zona del litorale non c’è al momento. «Ovviamente – ha risposto Riccardo Milozzi, vicepresidente del Consorzio di Bonifica Agro Romano – confidiamo che gli agricoltori e i cittadini facciano un uso corretto dell’acqua non disperdendola. Il vero allarme è più nel nord Italia, però è chiaro che la situazione va monitorata giorno dopo giorno e non a caso anche il presidente della Regione sta intervenendo. L’acqua la stiamo pompando ogni giorno, certo ci dobbiamo misurare anche con i costi energetici in questa fase. La siccità invece è reale anche a Ladispoli e Cerveteri. Questo livello segnalato dai contadini veniva raggiunto ad agosto e quindi speriamo che il clima non rimanga tale ma che l’estate ci regali qualche temporale per il bene della terra stessa e di chi la coltiva».

Il rischio è che in futuro si decida di non seminare più il grano in autunno, col risultato di una dipendenza ancora maggiore di materie prime agricole dall’estero. Rischi che l’Italia non può permettersi, e nel nostro caso tutti i produttori del litorale a nord della Capitale. Le cause della crisi idrica che ha colpito anche questa zona sono da ascrivere a precipitazioni sotto la media anche del 70%, secondo gli esperti. Ed è sempre più fortemente indicato di non disperdere il consumo idrico.