PAURA DEI CARBOIDRATI?

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SCOPRIAMO I BUONI E I CATTIVI

I carboidrati sono la fonte di energia principale del nostro organismo e sono una parte cruciale di qualsiasi dieta sana, ma bisogna distinguere quelli buoni da quelli cattivi. I carboidrati possono essere sia semplici (i cattivi) che complessi (i buoni) in base alla loro composizione chimica e a come vengono elaborati dal nostro organismo.

I CARBOIDRATI SEMPLICI sono zuccheri semplici, facili da digerire, ma con poco valore nutrizionale per il nostro organismo, quindi da limitare nella nostra dieta. Alcune delle fonti di carboidrati semplici sono: – Zucchero (ovviamente) – Bibite zuccherate – Caramelle e merendine – Pane bianco, pasta bianca e riso bianco – Centrifughe e spremute di frutta (un concentrato di zuccheri semplici a rapido assorbimento e a minore sazietà per assenza di fibra) – Patate (che sono tecnicamente carboidrati complessi, ma agiscono più come carboidrati semplici) – Dolci e dessert Quanto più è alto il contenuto di zuccheri e quanto più è basso il contenuto di fibre, tanto peggiore è la qualità dell’alimento. La frutta è in realtà costituita da carboidrati semplici, quindi zuccheri semplici, anche se sono drasticamente diversi da altri alimenti della categoria come torte, bibite ecc. La fibra della frutta e della verdura cambia il modo in cui il corpo processa i loro zuccheri e rallenta la loro digestione, il che li rende simili ai carboidrati complessi.

I CARBOIDRATI COMPLESSI, come quelli dei cereali integrali e dei legumi, contengono catene più lunghe di molecole di zucchero. In genere hanno un carico glicemico più basso e il nostro organismo impiega più tempo per digerirle e utilizzarle. Questo si traduce in una produzione di energia costante nel tempo, senza picchi repentini di insulina e conseguente ipoglicemia reattiva.

Per usufruire di carboidrati “buoni” basta scegliere pane, pasta, pizza e riso integrali al posto dei loro omologhi raffinati ed evitando cibi composti da carboidrati semplici. Leggere l’etichetta è fondamentale: la conoscenza è la migliore arma per salvaguardare la nostra salute, anche perché grande distribuzione e pubblicità spesso ci indirizzano verso i cosiddetti cibi spazzatura. Nel caso specifico bisogna andare a leggere nella tabella nutrizionale (quasi sempre scritto in miniatura) “Carboidrati di cui zuccheri”.

Nella colonna “per 100g di prodotto” si potrà facilmente leggere i grammi di zucchero presenti (che corrisponde alla presenza in percentuale). Quindi, ad esempio, un biscotto con 25 g di zucchero su 100 g di prodotto, fatti con farina raffinata, evidentemente rappresenta un prodotto dall’alto indice glicemico. Un biscotto con 15 g di zucchero su 100 e farina integrale sarà accettabile, mentre un biscotto con 9 g di zucchero e farina integrale sarà perfetto, anche se dal gusto opinabile. Per la cronaca, una lattina di aranciata (marca leader) contiene 39 g di zucchero, quando l’Organizzazione Mondiale della Sanità consiglia di non superare i 25 g giornalieri!

E pensare che lo zucchero viene aggiunto anche negli omogeneizzati per neonati… Possiamo affermare che lo zucchero, presente nell’alimentazione moderna sotto forme diverse, è uno dei peggiori nemici della nostra salute.
L’eccessivo consumo di zucchero ha portato alla diffusione di molte malattie cronico degenerative come obesità, malattie cardiovascolari e diabete.

Purtroppo le nuove strategie di mercato si fanno furbe e cavalcano una richiesta puntando sui dolcificanti artificiali, come la saccarina, l’aspartame, l’acesulfame-K e il sucralosio. Ed ecco che sugli scaffali dei supermercati troviamo un’infinità di prodotti con la dicitura “senza zuccheri”, ma con dolcificanti sintetici. La vera sfida non è quella di sostituire gli zuccheri, ma sta nell’abbassare progressivamente la soglia di zucchero richiesto dal nostro corpo. Meglio poco zucchero per educare il palato.
Non va considerata una soluzione nemmeno la stevia o, più recentemente, l’eritritolo. Semmai lo zucchero di cocco, dove la presenza dell’inulina fa ridurre l’assorbimento degli zuccheri nel sangue.

Differenza tra indice glicemico (IG) e carico glicemico (CG). l’IG indica solo la velocità con cui sale la glicemia (cioè il glucosio ematico), senza tenere conto di quanto si alza la glicemia. Il CG tiene conto sia dell’IG che della quantità di carboidrati presenti negli alimenti. L’indice glicemico di un alimento fondamentalmente ci dice quanto velocemente la glicemia aumenterà dopo aver mangiato i carboidrati contenuti in quel dato cibo rispetto agli effetti che si avrebbero a mangiare zucchero puro (che ha un indice glicemico di 100). Gli alimenti con un basso indice glicemico sono generalmente più sani per il nostro organismo e ci danno un maggiore senso di sazietà.

La maggior parte, ma non tutti, dei carboidrati complessi rientrano nella categoria a basso indice glicemico. Ovviamente un alimento può contenere carboidrati che hanno un alto indice glicemico, ma se ne vi è solo una piccola quantità non avranno un grande impatto. Un esempio di un alimento con un alto indice glicemico, ma un basso carico glicemico è l’anguria che ovviamente ha un sapore dolce ma è per lo più composta da acqua. Basta scegliere i cibi ragionevolmente.

Leggiamo le etichette, cerchiamo di evitare dessert dallo scarso valore nutritivo o bevande ultra zuccherate, prendiamo sempre in considerazione i livelli di zucchero e fibra degli alimenti, utilizziamo cereali integrali al posto di quelli bianchi e raffinati, consumiamo frutta e verdura in abbondanza per ottenere tutta l’energia di cui il nostro organismo ha bisogno. Possiamo goderci la nostra fetta di torta in determinate occasioni, ma non deve essere un’abitudine. Nutrizionisti “seri” possono sicuramente fornire ulteriori approfondimenti.

Alfonso Lustrino
Fisioterapista Educatore alimentare
Socio del negozio “BEN DI BIO”
Prodotti biologici e articoli ecologici
Via Ancona, 170 – Ladispoli

lustrino
Fisioterapista – Educatore alimentare
“BEN DI BIO” – Prodotti biologici e articoli ecologici
Via Ancona, 170 – Ladispoli