Paolo Sceusa, un Uomo in marcia per la libertà. L’evoluzione passa da qui.

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Intervista al giurista, ex magistrato, Presidente Emerito di Cassazione autore della “marcia della libertà” ed uno tra i primissimi oppositori “istituzionali” alle restrizioni pandemiche.

di Sonia Cassiani

In questi ultimi tre anni ho conosciuto centinaia di persone che si opponevano alle “misure” pandemiche e pochissimi mi hanno convinto perché ho sempre avuto come il sospetto che molti strumentalizzassero il loro attivismo per portare avanti un’ideologia preesistente con cui presto o tardi avrebbero sostituito la loro agenda temporanea, fosse di destra neocon se non pseudofascista o rossobrunita. Un cavallo di troia per entrare nel sistema da eroi del popolo che portano avanti istanze tradizionaliste da laudatores temporis acti. Spesso ho avuto ragione. Alcuni addirittura, completamente non pervenuti nelle piazze, né mai noti alle cronache quali difensori dei diritti individuali, ex post, in sede di vigilie elettorali si sono dichiarati “no green pass” per sperare di strappare risicate migliaia di voti di consenso nel dissenso. Ed hanno fatto la fine che meritavano, una fine da prefissi telefonici tra i loro, e poi crocefissi come presunti o veritieri “gatekeeper” colpevoli di aver smembrato un dissenso che in un paese di egoici compulsivi compatto non è mai stato. Quando mi accingo a pensare chi invece potrebbe ancora stupirmi nel senso di non immaginare io in anticipo le risposte alle domande che gli potrei porre, i nomi sono veramente pochissimi, perché pochi sono coloro che si muovono fuori dall’alveo “woke di sinistra” o “woke di destra”. Uno è senza dubbio questo “uomo di Legge”: gurista, ex magistrato, Presidente Emerito di Cassazione, ex presidente del tribunale dei minori di Trieste e Trento, professore universitario e fondatore dell’università “libera e umana”, nonché autore della “marcia della libertà” ed uno tra i primissimi oppositori “istituzionali” alle “restrizioni pandemiche”, ma soprattutto una persona di grandissima apertura mentale e levatura spirituale: Paolo Sceusa, altresì autore di un canale Telegram dal nome “l’evoluzione passa qui- Astensione Costituente e Marcia delle Libertà” https://t.me/SceusaP con circa 22000 follower.

Nel 2021 lei è diventato noto a molti con un “appello ai libertari”. Libertario è un termine che in Italia è usato per indicare molti soggetti politici, dagli anarchici ai libertarian all’americana liberisti in economia e ultraconservatori sui diritti civili. Lei che cosa intende con la parola “libertario”?

Per libertari intendo semplicemente coloro che si sentono titolari di diritti individuali inviolabili. Quei diritti che tutti possiamo percepire come insiti nella nostra natura umana, a prescindere dalle codifiche che di tempo in tempo e di luogo in luogo sono state scritte dai legislatori.

Le codifiche più rispettose dell’esistenza di questo corpus di Diritti Naturali Inviolabili della Persona, infatti, non concedono questi diritti, ma li riconoscono. E usano il termine “riconoscono” appunto perché sanno che esse preesistono alle codifiche e alle autorità nazionali e internazionali che le esprimono.

Con il suo “appello ai libertari” del 2021 lei ha evidenziato il fatto che l’Italia abbia recepito in maniera troppo restrittiva e autoritaria il green pass europeo, che di fatto avrebbe vietato provvedimenti discriminatori nei confronti dei cittadini non vaccinati per quanto riguarda la libertà di circolazione, di lavoro e altre libertà fondamentali all’interno degli stati membri.

Possiamo dire che è esistita una specificità negativa italiana nella gestione della questione covid-19? E se esiste, da cosa dipende?

Da quanto mi risulta, ci sono stati tre principali aspetti peculiari all’Italia: l’aver imposto la sospensione lavorativa a chi rifiutava l’iniezione del siero; l’aver imposto la sottoscrizione di un’accettazione dei rischi dichiaratamente ignoti, anche agli obbligati all’iniezione, trattando il rifiuto alla sottoscrizione come un rifiuto dell’iniezione e dunque sanzionandola comunque con la sospensione lavorativa; l’aver imposto l’inagibilità dei mezzi di trasporto ai non sierati.

Ecco, questa tripletta di feroce discriminazione non mi risulta esser stata praticata in nessun altro paese occidentale in modo così contestuale.

Lo strumento di verifica della reiterata inoculazione è stato il green pass.

I titolari di green pass in quanto esentati dall’inoculo sono stati pochissimi.

Altre peculiarità italiane hanno riguardato il divieto di accedere a molti luoghi pubblici di istruzione universitaria e l’aver riservato ai soli medici inoculatori il giudizio di esentabilità, in spregio al conflitto di interessi, data la proporzionalità dei loro compensi alla loro efficienza di somministratori massivi.

Ritengo quindi che l’Italia sia stata effettivamente prescelta per verificare il grado di acquiescenza della popolazione alla maggior quantità e concentrazione di insidie antilibertarie simultanee, registrate dal dopoguerra.

Un banco di prova motivato da ragioni culturali e di schieramento.

Quelle culturali perché, se l’attentato ai diritti individuali fosse riuscito senza troppi strepiti nel paese indicato quale culla del diritto e che rivendica una costituzione asseritamente libertaria, pagata dalla resistenza a lacrime e sangue, allora quell’attentato sarebbe potuto riuscire dovunque.

Quelle di schieramento, perché avendo l’Italia e l’Europa optato per tre sieri di fabbricazione atlantica, la classe politica italiana non avrebbe potuto opporsi, essendo l’Italia il paese più debole e ricattabile di quell’alleanza, sotto il profilo economico-militare.

Le medesime regole di schieramento presiedono ora alla assoluta sudditanza della classe politica italiana, rispetto alle scelte atlantiche nei correnti teatri bellici.

Secondo lei ci sono legami tra le politiche dell’emergenza in Italia e la sua attuale collocazione internazionale atlantista?

Assolutamente sì. L’Italia è suddita di tutte le decisioni strategiche, sia economiche che militari, adottate al di là dell’oceano. Credo venga tuttalpiù soltanto informata, a cose decise. Nemmeno consultata, se non sulla garanzia di permanente, obbediente, programmatica e aprioristica acquiescenza, che ogni nuovo capo di stato o di governo italiano deve affrettarsi ad andare a prestare personalmente a Washington, subito dopo la sua investitura.

In Europa il peso decisionale italiano è forse appena un tantino maggiore e sottolineo queste ultime parole.

Le politiche dell’emergenza sono ormai il terreno principale di intervento dei vari potentati planetari.

Indipendentemente dagli eventuali sotterranei accordi tra questi potentati, è chiaro che l’emergenza sia una condizione ideale per governare facendo leva sulla paura (paura di star peggio… paura di morire…).

Se i diritti naturali personali e inviolabili sono patrimonio della coscienza di ciascun essere umano, i regimi emergenziali sono il mezzo potenzialmente più efficace per comprimerli e per cercare di sopprimerli. La straordinaria utilità del metodo è stata ormai compresa da tutti i padroni del vapore, qualsiasi bandiera nazionale o internazionale sventoli sulle loro teste.

Naturalmente l’oggettiva sussistenza dell’emergenza di turno non ha alcuna importanza, quel che conta è che sia percepita come reale.

Orbene, la scelta delle emergenze (le pandemie… il clima… l’inquinamento… i flussi migratori… le fonti energetiche… le crisi finanziarie… l’acqua… le minacce etnico-religiose… quelle militari…), le modalità e le tempistiche della loro propaganda, non sono certo stabilite dall’Italia, mera e supina esecutrice di altrui volontà.

Alcune sentenze, come quella del giudice Dario De Luca di Reggio Emilia, hanno assolto persone condannate per aver falsificato l’autocertificazione o per altri reati legati alle “misure” di Conte con la motivazione dell’illegittimità dello stato di emergenza nazionale dichiarato per motivi di “protezione civile”. Alla luce di questo, possiamo affermare che tutte le misure restrittive disposte durante lo stato di emergenza sono anticostituzionali?

No, non possiamo. Da noi un precedente giudiziario di merito non è vincolante per gli altri giudizi. Nemmeno le pronunce della cassazione sono vincolanti, anche se hanno un peso orientativo generale sulle questioni di diritto. Solo quelle della Corte costituzionale che dichiarino l’incostituzionalità di norme di legge hanno effetto per tutti, anche retroattivamente. Quelle invece che ritengano una legge conforme alla costituzione, anche se emesse dalla Corte costituzionale, non sono vincolanti. Quindi a proposito della costituzionalità di una norma, ogni giudice può continuare a pensarla diversamente e a decidere diversamente.

Pertanto diventa una questione di linee giurisprudenziali, che possono essere maggioritarie o minoritarie.

Personalmente condivido la sentenza De Luca, ma devo dire che, pur non essendo l’unica tra quelle che ritengono illegittimi gli obblighi, essa è assolutamente minoritaria e probabilmente, se impugnata dallo stato, verrà riformata in appello.

In Italia le proteste contro le restrizioni, ad eccezione di quelle portate avanti da alcune categorie economiche, sono iniziate solo quando le restrizioni si sono legate ai vaccini, nonostante nel 2020 tutta la cittadinanza sia stata sottoposta per mesi a un regime di fatto simile a quello degli arresti domiciliari. Lei come valuta questo fatto? Possiamo affermare che il lockdown ha goduto del sostanziale consenso della maggioranza degli italiani e che potrebbe essere ripetuto con altri pretesti, o tutto questo è stato possibile solo grazie all’effetto sorpresa?

Ho già detto della paura, anzi del terrore, come generalizzato metodo planetario di governo (il che curiosamente ci rimanda un’altra immagine del significato del termine terrorismo).

La segregazione domestica coatta h24 per settimane (lockdown) o quella notturna (coprifuoco), che hanno inciso intollerabilmente sulla libertà personale, sono state supinamente accettate da (quasi) tutti, nonostante la sua inviolabilità (art. 13 costituzione), in nome del terrore alimentato dai canali informativi nazionali. Si noti lo sdoganamento del lessico bellico (coprifuoco), adottato dal giornalismo complice, a scopo di preparazione subliminale al peggio.

… e pensare che per evitare ogni accesso alle terapie intensive a seguito di inerte attesa (… ma vigile), e di dannosa assunzione di antipiretici (… la tachipirina) sarebbe bastata la somministrazione di comuni antinfiammatori e poco altro, peraltro attuata da un manipolo ristretto di medici, coraggiosamente indipendenti dai protocolli OMS-ministeriali.

L’effetto sorpresa che dice lei non è alternativo al terrore. È complementare. Le componenti dell’emergenza e dell’urgenza sono infatti sempre paura e sorpresa, insieme. Anche quando una situazione preoccupante è già presente, se il suo precipitare è rapidissimo, diventa sorprendente, spaventoso. L’effetto ovviamente dura quel che dura. Il pastore e i suoi cani hanno un bel gridare “al lupo!”, che se poi non arriva o arriva zoppo, dovranno inventarsi un allarme nuovo, per tenere il gregge sempre sotto controllo.

Con la sua proposta dell’Astensione Costituente lei è stato tra i primi a intuire il fallimento delle formazioni politiche del cosiddetto “dissenso”. Secondo lei perché le formazioni del “dissenso” non sono riuscite a intercettare il disagio diffuso nel paese, almeno nel 2021-2022, per le misure restrittive, in particolare per quella sul green pass?

Perché gli elettori, indipendentemente dalle loro posizioni di assenso o di dissenso intorno ai dictat pandemonici, hanno capito che l’elettoralismo non è sinonimo di democrazia (Hitler, Mussolini, Ceusescu e molti altri dittatori furono eletti) e che in Italia è in corso da molti decenni una fiction.

Infatti, gli aventi diritto al voto si astengono a ogni elezione in percentuali sempre più oceaniche, sono da anni il primo partito (benché questa sia ovviamente una simpatica contraddizione in termini), sono prossimi al 50% nelle elezioni politiche e vicini al 60% nelle elezioni locali (regionali, provinciali e comunali).

Le nuove formazioni che si sono succedute negli ultimi decenni hanno tradito le aspettative tanto quanto e più delle vecchie. Le nuovissime (quelle del dissenso) si sono subito caratterizzate per il personalismo egoico dei loro leader, animati da desideri egemonici e pertanto antiunitari. Mostrando quindi dinamiche di potere vetuste, perfettamente rientranti negli schemi di gioco partitici e di potere che ci hanno condotti dove siamo.

Con astensione costituente non ho mai invitato nessuno a non votare, ma ho voluto dare un senso politico e identitario a quanti erano già per loro conto, come me, determinati a non votare. Ne è nato un contenitore molto chiaro, per chi lo vuol intendere, strutturato e interattivo nel sito astensionecostituente.it

Lei sostiene, a differenza della maggioranza dei cosiddetti “dissidenti”, che la Costituzione italiana vada riformata e parzialmente riscritta, in quanto attualmente i diritti individuali sono subordinati agli interessi collettivi.

Secondo lei, quali sarebbero gli articoli da riformare? È corretto affermare che con la Costituzione attuale un obbligo vaccinale generalizzato sarebbe costituzionale?

In verità io oso molto di più. Come ben sanno le migliaia di persone che hanno partecipato in presenza alla quarantina di incontri sui diritti fondamentali e inviolabili della persona che ho portato in giro per l’Italia. Non credo nel procedimento di revisione costituzionale fatto per singoli punti, perché esso è affidato ai parlamentari che, nella loro totalità, non sono certo interessati a cedere spazi di potere ai cittadini.

Quindi la costituzione attuale va completamente ripensata e rifondata, non rappezzata qua e là. Per amor di sintesi mi limito a indicare la necessità che la legge fondamentale deve contenere solo l’enunciazione dei diritti inviolabili che riconosce, in quanto scritti nella coscienza di ciascun essere umano. Senza che ogni enunciato venga accompagnato, come è adesso, da tutti i se e i ma che ne costituiscono le deroghe e che vengono fatte primeggiare sulla regola da una Corte costituzionale che può e vuole farlo volentieri. Può, perché si tratta di eccezioni alla regola che hanno lo stesso grado gerarchico della regola stessa: sono tutte scritte lì, in costituzione. Vuole, perché 10 dei giudici costituzionali sui 15 che la compongono sono scelti da chi le leggi oggetto del loro controllo le fa (il parlamento e il presidente della repubblica) e gli altri 5 sono scelti dai vertici delle magistrature, nominati solo col beneplacito dei partiti.

Quindi i componenti della corte costituzionale sono controllori nominati dai controllati e pertanto si trovano in conflitto di interessi, rispetto alla loro funzione. E a proposito delle leggi liberticide varate sugli obblighi dei sieri, sul green pass e sulle sanzioni incidenti su diritti inviolabili individuali (quello al lavoro, su tutti), la corte ha dimostrato chiaramente la sua sudditanza ai palazzi.

Che essa sia composta come ho appena descritto è statuito in costituzione. Quella scritta così fin dall’origine degli osannati padri costituenti. Non sono “opinioni” di Sceusa. Sono fatti.

Durante la “pandemia” è emerso il protagonismo in negativo dei Presidenti di Regione. Secondo lei, sarebbe opportuno rivedere la riforma del titolo V, impedendo agli enti locali di disporre misure più restrittive di quelle nazionali?

Fosse per me il cittadino evoluto dovrebbe avere, o almeno sviluppare, una coscienza di appartenenza sia alla sua comunità territoriale locale, che alla comunità umana planetaria. Eliminerei tutte le satrapie intermedie: gli stati, le unioni fra stati e le regioni comprese. Altro che riforma del titolo V… Sto ovviamente parlando di un salto evolutivo che non si compirà se non passando da ogni individuo.

Io lavoro su quello e per quello.

Parlo ai futuri e prossimi superstiti della selezione. Piaccia o non piaccia, essa è già in atto sebbene in pochi ne colgano l’evidenza e la portata.

Molti sostengono che la “normalità” di oggi sia solo apparente e che i provvedimenti ispirati dalla Ue sulla questione climatica potrebbero configurare un ritorno dei lockdown “climatici” e del “green pass” seppure con altri pretesti e in altre forme. Secondo lei questa posizione è fondata?

Perbacco… è già da qualche risposta che mi sto accorgendo di anticipare in parte l’argomento della sua domanda successiva… Questo significa che le sue domande seguono un filo e che sono ben poste, dunque mi congratulo con lei.

Eh sì, è una previsione fondata. Come dicevo la cartuccera a disposizione dei potentati planetari è munita di molti strumenti utili ai loro scopi di dominio. Ognuno di essi evoca e nutre paure che creano ansie e paralisi individuali e collettive. È tutta carne al fuoco che girano e rigirano con perizia come fa il bravo grigliatore con la sua graticola, senza bruciarne mai nessun pezzo. Lockdown, green pass, segregazioni, divisività, censura, informazione ufficiale a senso unico, ridicolizzazione, discriminazione e persecuzione del dissenso e dei dissenzienti, sono tutti ingredienti ormai testati con successo. Alcuni fin dai tempi antichi.

Funzionano. Perché mai dovrebbero rinunciarvi?

Uno dei motivi per i quali si è affermata la cultura del “rischio zero” è anche la facile azione di una magistratura tesa a ricercare comunque un colpevole delle catastrofi naturali o sanitarie, come mostrano il caso Paita in Liguria dopo l’alluvione del 2014 (la parlamentare di IV, allora assessore, fu accusata di “non aver dato l’allerta”) e l’inchiesta di Bergamo nella quale esponenti del governo Conte bis e della Regione Lombardia sono stati accusati di non aver fatto abbastanza “zona rossa”.

Secondo lei ci sono responsabilità della magistratura nel fenomeno del “chiusurismo difensivo” per evitare noie processuali?

La ricerca processuale a tutti i costi di un responsabile che “paghi i danni” è originaria e tipica del sistema giudiziario nord americano. Quindi non mi sorprende che a un certo punto sia approdata anche qui. È il fenomeno della colonizzazione culturale (in questo caso giuridica) di cui subiamo gli effetti anche in mille altri campi.

Però i politici (parlamentari italiani ed europei e gli esponenti di governo) sono in realtà gli unici a poter beneficiare di uno scudo penale e civile dato dai rispettivi regimi di immunità e di autorizzazioni a procedere, di rango, manco a dirlo, costituzionale. Il più scudato di tutti, praticamente da ogni tipo di responsabilità legale, è il presidente della repubblica.

Questa larghissima irresponsabilità dei politici è vista come un odioso privilegio da parte della gente, che anche per questo a votare non ci va più.

 In Italia è anche frequente che si aprano inchieste destinate a concludersi con una prevedibile archiviazione o prescrizione, ma che sembrano avere una funzione in alcuni casi politica e in alcuni casi mediatica, per esempio quella sui “bunga bunga” o quella attuale sull’ennesimo scandalo calcio-scommesse.

Secondo lei è auspicabile che sia introdotto il principio della responsabilità civile dei magistrati, come proponeva uno dei referendum promossi dal Partito Radicale e dalla Lega nel 2022?

 

La responsabilità civile dei magistrati è stata allargata progressivamente e ormai è pari a quella delle altre professioni intellettuali.

Contro i giudici non c’è l’azione diretta da parte del preteso danneggiato. Egli dovrà agire contro lo stato, il quale poi agirà in rivalsa contro il magistrato. I referendum che dice lei vorrebbero introdurre questa azione diretta, ma solo verso i giudici e non per esempio anche verso gli insegnanti pubblici. I cittadini non hanno azione civile diretta nemmeno nei loro confronti.

Del resto, se l’azione diretta venisse introdotta è sicuro che il “chiusurismo” autodifensivo che diceva lei prima, scatterebbe subito da parte dei magistrati. Essi troverebbero conveniente tutelare di più le ragioni di quella parte, che, perdendo, potrebbe chiedere al giudice i danni maggiori: il più ricco, il più potente, il più forte.

Credete che fra Zuckerberg e il sig. Rossi che lamenta l’ingiusta cancellazione di un suo post da facebook, il giudice preferirebbe rischiare di dover risarcire il primo o il secondo? Pensateci: se il primo perdesse, comincerebbe a subire sanzioni miliardarie per l’abuso e cause da parte di tutti gli altri censurati. Mentre se perdesse il sig. Rossi, egli potrebbe lamentare un danno economico ridicolo…

Ma la legge… i processi… e i giudici, non dovrebbero proteggere i più deboli?

Già che è di moda meditare, meditate un po’ su questo e anche sulla miopia del partito radicale.

 Nel suo appello lei si rivolgeva ai libertari e non ai “democratici” ritenendo che molti che si dichiarano tali sono in realtà autoritari. Era una “frecciata” verso l’omonimo partito o pensa che la democrazia rappresentativa così come l’abbiamo conosciuta nel Novecento sia finita?

Ma no, nessuna frecciatina particolare al PD. Certo, mi dispiace che mentre loro andavano cambiando nomi, simboli, colori e bandiere fino a chiamarsi come si chiamano adesso, il partito repubblicano si sia invece estinto. Ci pensate se avesse resistito? E se magari adesso ci fossero in lizza sempre e solo loro due? Repubblicani contro Democratici! Allora sì che adesso saremmo finalmente come negli USA! Due soli partiti che predicano (e soprattutto praticano) sostanzialmente le stesse cose, sia in politica interna che estera, quando giungono alternativamente al potere…

Bon, qui da noi, non siamo ancora così perfettamente allineati al format americano… Abbiamo ancora tanti partiti… di destra, di centro, di sinistra, capaci di aggregarsi secondo tutte le geometrie immaginabili. Perfino nella forma del cerchio, quando gli conviene sostenere tutti insieme il drago di turno, facendo quadrato intorno a lui.

Eh… niente da dire… si tratta della proverbiale quadratura del cerchio…

Giudicatelo voi che quale tipo di democrazia sia finita e quale desiderate che cominci.

 

Fonte: Fiorenza oggi