2° PARTE “IL PRIMO COMPITO DI SVILUPPO”
Nella 1°parte dicevo come l’adolescenza di un figlio è un evento che mette a dura prova l’equilibrio psichico della coppia genitoriale.
Credo quindi che saperne di più sui compiti evolutivi che un adolescente deve affrontare per superare la fase adolescenziale possa essere utile per “normalizzare” tanti comportamenti adolescenziali che turbano, e angosciano i genitori:
1) Il primo compito di un adolescente è quello di sfidare l’autorità genitoriale dell’infanzia.
Perché? Beh, gli serve per rinegoziare il rapporto: ora lui si sente più grande e non vuole più essere trattato come fino a poco tempo prima o come i fratelli più piccoli. Il suo bisogno di “Adultità” lo porta ad una maggiore esigenza di voler fare scelte autonome, seguendo i suoi gusti, le sue idee e le sue emozioni, assumendosi delle responsabilità e la possibilità di fare errori. E’ importate che lui sperimenti e faccia stupidaggini adesso “che ha le spalle coperte” e che si trova in una fase della vita in cui tutto sommato ci si aspetta che faccia tali stupidaggini. A 30-40 anni direi che il lusso di fare stupidaggini ha margini più ristretti! Sperimentarsi, sfidare i propri limiti, fare esperienze anche estreme, serve all’adolescente per conoscersi, capire chi è e scoprire che tipo di uomo o donna potrà diventare.
L’insicurezza tipica degli adolescenti è proprio data da questa instabile immagine di sé, dall’avere una personalità cangiante ancora in formazione ed ancora dipendente dai genitori: nell’infanzia i genitori sono vissuti (quando si sono meritati la stima dei figli, si intende) come degli “oracoli” le cui regole di vita e la visione del mondo era da seguire per orientarsi nella realtà: i genitori sono, volenti o nolenti, presi a modello, imitati e considerati come delle mappe viventi per orientarsi nel territorio della vita. Questo senso di conseguente dipendenza sia affettiva che di pensiero, di gusto, di sentimento, etc. è intollerabile per un adolescente e per “conoscersi” e sapere chi è egli deve “mettere una distanza”, spesso attraverso una distanza fisica, la rabbia, la ribellione, l’arroganza e la presunzione.
Cose che a volte “mandano fuori di testa” i genitori. Non è facile avere pazienza e restare emotivamente a contatto e vicino quando sei aggredito, svalutato, provocato e sfidato. E qui si gioca una battaglia importante per i genitori, tra l’essere autoritari e l’essere autorevoli, tra il “reagire”, aumentando il controllo, il potere, l’aggressività sul figlio punendolo per la sua sfida all’autorità o il comprendere e contenere le proprie emozioni e quelle del proprio figlio. Sono momenti molto difficili da gestire, ma la posta in gioco è alta. Più il genitore si sente insicuro del proprio potere emotivo e di ruolo più sentirà il bisogno di rimarcarlo con atti di autorità e manifestazione di potere, ma la rabbia genera solo rabbia e risentimento ed in più logora i rapporti. Mi rendo conto che rispondere con amore, pazienza, ascolto e comprensione alla rabbia è difficilissimo, ma forse può essere più facile se non si perde di vista il fatto che dietro l’arroganza e la spavalderia di un adolescente c’è un piccolo-adulto spaventato ed insicuro che “sta provando” a diventare “grande”, c’è malessere nello stare con se stessi ed i propri repentini sbalzi d’umore e c’è l’angoscia di non sapere “chi si è”, ma solo ciò che non si vuole più essere.
Dottor Riccardo Coco
Psicologo – Psicoterapeuta Psicoterapie individuali, di coppia e familiari
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