Non è ancora finita! Ma basta col profilo basso

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Questo è un articolo difficile da scrivere, amici lettori. Perché se dessimo retto a ciò che realmente sentiamo nell’animo, andremmo ben oltre sopra le righe di un commento giornalistico. Ma accendere gli animi, sia pure per ragioni validissime, servirebbe a ben poco. Sarebbe solo uno sfogo. Occorre invece essere lucidi, analizzare la sentenza di Appello per la morte di Marco Vannini senza farsi assalire da una giusta rabbia. E la realtà dice che, secondo i tribunali italiani, l’omicidio del ventenne di Cerveteri sarebbe stato in primo grado preterintenzionale ed in secondo grado derubricato a colposo. Dunque dai 14 anni di condanna del primo verdetto si è arrivati ai 5 anni del processo di Appello. Poco interessa all’opinione pubblica che è stata confermata la pena di tre anni ciascuno per il resto della famiglia Ciontoli con l’accusa di omicidio colposo. Il nostro giornale invita ad essere lucidi per un motivo molto semplice. Urlare, manifestare, protestare sono forme di comprensibile dissenso che però lasciano il tempo che trovano. Più di un anno fa scendemmo in piazza a Cerveteri in oltre 20.000 persone per chiedere giustizia per Marco dopo l’opinabile sentenza di primo grado. Una grande e commovente manifestazione di popolo che non è purtroppo servita a nulla vista che in Appello la condanna è stata più che dimezzata per chi ha esploso il colpo di pistola costato la vita a Marco Vannini. Ora servono fatti concreti a livello processuale. La guerra non è finita, sono state malamente perdute due battaglie per verdetti incomprensibili, ma per chiudere definitivamente questa tragica vicenda manca ancora il pronunciamento della Corte di Cassazione. Che in Italia talvolta ha ribaltato sentenze che sembravano inoppugnabili. Gli elementi per chiedere l’annullamento del processo di secondo grado ci potrebbero essere tutti, ritornare in Appello per analizzare più a fondo questo drammatico pasticcio è l’unica strada da seguire. Sono due, a nostro parere, le direttrici che debbono essere intraprese per evitare che l’omicidio di un ragazzo di 20 anni passi alla storia come un tragico errore non voluto. Da un lato la mobilitazione mediatica, popolare e politica di tutti coloro che non accettano sentenze all’acqua di rose quando si parla di omicidio, dall’altro una strategia difensiva meno moderata e più improntata a scavare a fondo nella storia dei protagonisti della faccenda. Il profilo basso scelto dalla famiglia Vannini e dal collegio difensivo non sembra aver pagato in aula visto che il secondo verdetto è stato peggiore del già primo vergognoso pronunciamento. Per fare la frittata occorre rompere le uova. Alla famiglia Vannini, dilaniata dal dolore e dalla rabbia per essere stata calpestata dalla giustizia italiana, consigliamo col cuore in mano di indossare l’elmetto ed andare alla guerra giudiziaria senza esclusione di colpi in tribunale. Ci sono storie, elementi e collegamenti sui quali si sussurra da quattro anni che nessuno ha mai voluto o potuto tirare fuori per mantenere un profilo moderato che non indispettisse i giudici. Dopo due ceffoni così forti non sarebbe il caso di sollevare dubbi e connessioni per una vicenda inquietante sia dalle prime ore di indagini? Ci sono due paroline che forse sarebbe il caso di tirare fuori in aula, quanto meno per destare interesse e curiosità della giuria.

L’Ortica sarà sempre al fianco della famiglia Vannini.