NELLETTO O DELLA SPENSIERATEZZA

0
2861
Nelletto col suo fido amico a "capezza"

di Angelo Alfani

Nel firmamento cervetrano un posto di rilievo è sicuramente da attribuirsi a Tripolino, noto ai più come Nelletto. Uomo di inizio secolo (il nome gli venne affibbiato dopo la Presa di Tripoli attuata dai marinai della Regia Marina il 5 ottobre 1911) ha accompagnato il periodo di tempo che occupa tutti gli anni settanta ed oltre con le mirabilia di quanto riuscì a sprigionarsi attorno a lui.

Nei luoghi di accidia e d’uggia come i bar, nei circoli sportivi, sulle panchine di travertino dei giardini e su quelle tufacee della biglietteria alla Banditaccia, tra fogli macchiati di patacche di caffè del Corriere dello Sport e pantaloni lisi dal continuo sfregare tra chiappe e sedia, la fantasia dei frequentatori di quei luoghi raggiunse l’apogeo con la saga che ebbe inizio al bar di Agustarello, luogo deputato al gioco del totocalcio.

Una schedina, compilata da Nelletto, venne abilmente contraffatta e risultò totalizzare un tredici secco. Nessuna matrice venne mai restituita al legittimo giocatore e da quella presunta vincita che, giorno dopo giorno cresceva in modo esponenziale fino a raggiungere la cifra di mjardi di mjardi, di mjardi, di mjardi ed ancora mjardi, la fantasia dei cervetrani si sprigionò al punto di costruirci un mondo.

Il paese intero divenne un teatro, un proscenio, a partire dalla mattina presto a sera inoltrata per un tempo più lungo di Dallas e Beautiful messi assieme.

Fu una apoteosi di storie che si intrecciavano tra loro che venivano dimenticate e poi come torrenti carsici riaffioravano.

Si passava da avvistamenti di centinaia di cammelli carichi di mjardi di pietre preziose che deambulando si dirigevano verso le cascatelle mezzi nascosti dai canneti del fosso di san Paolo, a navi crociera alte una Quaresima che approdavano da Ezio Zuluna, al cane da soldi, che invece di portare in luce ossa trovava carte da diecimila lire o, quando andava male, da mille lire.

Comparvero anche numerosi generali che avrebbero dovuto risolvere il problema: generali della guardia di Finanza come Influenza e Polmonite, a quello dell’aereonautica Tosse Convulsa, all’Ammiraglio Calmapiatta.

Vennero fondati perfino nuovi Istituti bancari, dai nomi improbabili come la Banca della Scimmia e quella del Vaffac…, nei cui caveau, si affermava, fossero conservati i mjardi de mjardi della vincita.

Non venne lasciato in sospeso neanche lo Stato del Vaticano e sua Eminenza, per una strana similitudine col nome di Giovanni Paolo.

Era una Cerveteri attraversata da spensieratezza, partecipe di una opera teatrale in progress.

Erano tempi in cui la sinistra difendeva i deboli, e non si occupava, grasso che cola, di come gestirli all’interno di rapporti di forza ormai accettati. Il gestirli lo fa bene la Chiesa che non ha bisogno di fare elemosina per i poveri col selfie incorporato a cui ci ha abituato il sindaco in scadenza, soddisfatto nella foto più del cacciatore bianco che stringe la criniera dell’ennesimo leone abbattuto. La parrocchia storica oltre che occuparsi di anime, suggeriva, con ogni probabilità, quale partito votare ma in modo discreto, e non si impegnava ad infilzare una lista, come fosse un saltimbocca, di “chiericozzi”, così come accade oggi tra tonache salmastre.

C’è da ritenere che Nelletto stesse al gioco tanto che a mia madre, che lo vedeva giornalmente arrivare in negozio per la telefonata mattinale al segretario del Vaticano, a domanda diretta: Ma signor Nello ci credi veramente!?, rispose con altrettanta sincerità: Signora Filomè, ma nun l’hai capito che li sto’ a pià per il c… tutti quanti?

Essendo stato compartecipe, in un grondante pomeriggio agostiano al baretto, dell’episodio, di rara finzione filmica, dei finti lingotti d’oro, consegnati a Nelletto, il legittimo proprietario, e subitamente strappatigli dalle mani, avendo notato un sorriso sotto i baffi del derubato all’arrivo di finti carabinieri, faccio mia la convinzione che Zionelllo ha giocato coi suoi compaesani come fa il gatto di campagna con la coda della lucertola.