Monte Circeo. Il caso del cranio di Neanderthal della grotta ‘Guattari’

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Monte Circeo. Nelle gelide sale del Museo Pigorini di Roma riposa oggi il cranio dell’uomo di Neanderthal rinvenuto nella grotta Guattari. E’ posto in una vetrina tra tante, sigillata ermeticamente a difesa di un ladro che non verrà mai. Il visitatore distratto e frettoloso non presta che una vaga attenzione a quel reperto scheletrico. Di rado qualcuno si ferma a leggerne la targhetta ossidata che lo distingue dalle altre ossa in esposizione.

Il cranio fu ritrovato nel 1939 in un terreno, all’epoca, di proprietà di un certo Guattari. Questi vi aveva eretto un alberghetto per i turisti estivi o domenicali.

Il 24 febbraio di quell’anno gli venne in mente di estrarre materiale da costruzione dalla parete del suo fondo. Durante lo scavo nel terreno roccioso trovò un cunicolo. Lo percorse e vide intatta una caverna, coperta di ossa preistoriche. Intuendo il valore storico della scoperta, il Guattari contattò lo studioso Carlo Alberto Blanc.

Giunto sul posto, Blanc fece un ritrovamento eccezionale. Rinvenne il cranio preistorico di un uomo di Neanderthal posto al centro di un cerchio di pietre. Aveva l’orbita sopraciliare fracassata ed era forato alla nuca. Ciò gli fece dedurre che fosse stato oggetto di una primordiale cerimonia rituale. Tutt’intorno, insieme a innumerevoli ossa fossilizzate di animali, il Blanc ritrovò alcuni manufatti litici. In quell’epoca, la temperatura del Circeo era più calda dell’attuale. Nella boscaglia stepposa, l’uomo si sarebbe potuto imbattere in un gran numero di capre selvatiche, cervi, cinghiali o in qualche iena. Forse, in qualche isolato elefante o rinoceronte.

Un macabro rituale con il cranio del Monte Circeo
La fama del ritrovamento fece ben presto il giro del mondo. Esperti e studiosi accorsero sul posto per esaminare ogni minimo particolare della grotta. Il Guattari fu obbligato a consentirne l’accesso gratuito al pubblico. Trovo anzi il modo di sfruttare in senso pubblicitario il ritrovamento. Eliminò il proprio nome dall’insegna dell’albergo e lo dedicò al celebre antenato.

Blanc ritenne che il possessore del cranio fosse stato ucciso da un colpo di pietra o di mazza che gli aveva fracassato l’orbita. Secondo lui il delitto non sarebbe stato compiuto per fame e nemmeno per vendetta. La grotta, in quei tempi remoti, sarebbe stata teatro di un rito barbarico. Dal punto di vista della spiritualità di allora, però, anche religioso.

Il capo di quell’uomo di cinquantamila anni fa fu forato alla nuca. Poi il suo cervelletto fu succhiato per assorbirne l’esperienza e la forza spirituale. A rito concluso, i suoi sacrificatori sarebbero stati pronti per cacciare. Dopo un intervallo imprecisato di tempo una frana di materiale pietroso e terroso precipitò dall’alto sull’apertura della grotta. Il suo macabro contenuto fu perciò sigillato per millenni.

Da: www.inliberta.it