“Mi manca tanto il mare di Ladispoli”

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Anna Valle, cresciuta nel nostro territorio e diventata una star del mondo dello spettacolo, ci racconta la sua scalata verso il successodi Giovanni Zucconi

Anna Valle è una di quelle attrici che mettono tutti d’accordo. E’ quasi un’istituzione nazionale, per l’affetto e l’ammirazione che sempre ritroviamo nel giudizio di tutti quelli che la conoscono per uno dei suoi innumerevoli lavori televisivi o teatrali. Affetto è la parola giusta. Anna Valle è un’attrice molto amata dal suo pubblico. Per i suoi modi, e per la dolcezza che traspare dal suo bellissimo viso quando parla. Per il suo mostrarsi poco diva, e per il suo impegno nel sociale. La sua straordinaria bellezza è solo la dote più appariscente di questa donna che ha vissuto la sua adolescenza a Ladispoli. Pur avendo iniziato la sua carriera per caso, come ci ha raccontato in una lunga intervista che ci ha concesso, Anna Valle è un’attrice che riesce a calarsi con naturalezza nei personaggi che interpreta. Non solo nelle tante fiction che ha interpretato, “Commesse”, “Le stagioni del cuore”, “Atelier Fontana – Le sorelle della moda”, tanto per fare pochi esempi, ma anche sulle impegnative tavole dei palcoscenici dei teatri. La miniserie sulle sorelle stiliste, trasmessa dalla RAI, ha raggiunto dei picchi di ascolto di più di 9 milioni e mezzo di spettatori, consacrandola tra le attrici più amate e seguite dagli Italiani. L’ho conosciuta personalmente qualche giorno fa, quando, anche grazie ai buoni uffici del nostro Direttore, suo amico personale da lunga data, sono riuscito a intervistarla dopo la deliziosa commedia “Cognate. Cena in famiglia”, dove aveva appena finito di recitare al Teatro Traiano di Civitavecchia. Lei gentilissima e sorridente, e naturalmente bellissima, ha risposto alle mie domande seduti in platea di in un teatro praticamente deserto, mentre suo marito e i suoi amici aspettavano fuori al freddo di una piovosa serata invernale.

In genere mi capita di intervistare attori o attrici che fanno molto teatro. E sono naturalmente orgogliosi di farlo perché lo ritengono una forma di arte elevata, e che dà prestigio. Ma non nascondono il loro desiderio di fare anche delle fiction, perché queste ti fanno guadagnare di più, e con una sola serata ti danno più popolarità di anni di tournee. Per lei la situazione è opposta. Fa molta televisione, e ogni tanto fa delle cose molto belle in teatro. Quale è la sua motivazione simmetrica? Fa teatro perché solo così si può meglio dimostrare di essere una brava attrice?

“In realtà, la motivazione è che nel teatro ti puoi permettere di interpretare anche dei ruoli che probabilmente non ti verranno mai proposti in televisione. In teatro puoi anche scegliere un testo che ti piace. E se trovi anche chi te lo produce, e una compagnia con la quale lavori bene, diventa una grande soddisfazione. Nelle fiction, è di solito il produttore che arriva con una sceneggiatura, e ti propone un ruolo che per lui è adatto a te. Poi tu decidi se ti piace oppure no. Non sei tu che proponi un progetto e un ruolo da interpretare. In teatro funziona all’inverso. Ti innamori di un testo, e chiedi di poter fare quella parte. L’idea parte da te.”

Poi c’è il pubblico in sala…

“E’ vero. In teatro c’è uno scambio con il pubblico che un set, che sia cinematografico o televisivo, non ti potrà mai dare. Noi ogni sera facciamo la stessa cosa, ma ogni sera è una cosa diversa. Il pubblico risponde in ogni posto in cui andiamo in modo completamente diverso. Ma anche noi stessi siamo diversi ogni sera, perché la giornata è andata in un modo completamente diverso da quella precedente. Tu hai più o meno energia, e puoi spingere di più su certe cose. E percepisci che il pubblico risponde in un determinato modo, e quindi ogni sera ti moduli in base a chi hai davanti. Questo straordinario rapporto con il pubblico, un set televisivo non te lo può dare.”

Se lei fosse costretta a scegliere tra teatro e televisione?

“Per un attore è bello poter fare entrambe le cose, credo. Se dovessi scegliere, sarebbe dura. Perché nel teatro ci sono delle cose che ti piacciono tantissimo, e alle quali non vorresti mai rinunciare. Ma mi piace lavorare anche su un set cinematografico, dove puoi permetterti di lavorare meglio su una scena particolarmente importante. In televisione o al cinema puoi iniziare a girare prima le scene più semplici, e poi dedicarti, insieme al regista, ad una scena particolare, e provare mille sfumature. La stessa cosa potresti farla anche in teatro, ma nelle varie serate in cui sei sul palcoscenico. Sono quindi due cose che fanno parte della stessa specie, ma sono due animali in qualche modo diversi.”

Si potrebbe pensare che quando si raggiunge la popolarità, le proprie scelte artistiche siano poi fortemente influenzate dal legittimo desiderio di volere mantenere questa popolarità. E che, per esempio, tra una fiction mediocre che può garantirti molti spettatori e una pièce teatrale importante, poi alla fine si sceglie il lavoro che più ti garantisce la popolarità

“In realtà, no. Si sceglie sempre in base a quello che ti piace veramente. Si valuta soprattutto il personaggio che dovrai interpretare. Se il ruolo che ti propongono ti appassiona, non importa se la produzione è con un basso budget. Viceversa se il personaggio non ti piace, anche se avresti recitato con una compagnia teatrale importante, cerchi di non farlo.”

Quindi la popolarità non è una droga…

“No, non è una droga. Per noi attori la droga è il palcoscenico o il set. Quando non siamo su un palcoscenico o un set, questi ci mancano. Per quanto la tua vita possa essere piena di cose bellissime, ci mancano sempre.”

Quindi non ci sono solo i soldi e la popolarità

“No, no. La popolarità è una cosa che viene dopo. Non vai a fare teatro o l’attore per la popolarità. Parlo per me stessa, e per gli attori che conosco. E’ un’esigenza diversa che ti spinge a fare l’attore. E’ una cosa che, nel momento in cui la provi, tu poi la vuoi rifare sempre. Non so. E’ come quando mangi un cibo buonissimo per la prima volta. Tu lo vorresti rimangiare subito, e lo cerchi tutte le volte.

Questo è successo anche per lei? Non credo che lei avesse in programma di fare l’attrice

“No, è vero. Dopo Miss Italia ho avuto l’occasione di provare a fare l’attrice, e ho capito, anche se non lo sapevo, che questa era la passione della mia vita. Passione non solo lavorativa. L’ho capito quando l’ho provata. Non lo sapevo prima.”

Lo so di non dire nulla di nuovo, dicendo che lei è bellissima. Non le chiederò se la sua avvenenza l’ha aiutata nella sua carriera, ma ai nostri lettori piacerebbe sapere se lei ha paura di invecchiare e di perdere la sua bellezza, più di una donna che non fa il suo mestiere

“Conosco tante donne che non fanno le attrici, o un lavoro che non ha che fare con l’aspetto fisico, e hanno più paura di me. Io credo che faccia parte di ogni donna la paura di invecchiare. Una volta Sandra Mondaini disse che la bellezza è un dono che prima o poi devi restituire. Non è un dono duraturo. Io sono d’accordo con lei, ma penso anche che la luce che ognuno ha dentro di noi, è un dono che non va restituito. Questa luce va al di là della bellezza esteriore. Ma anche quella va nutrita nel tempo. E secondo me la nutrono le esperienze, e gli anni che passano. Poi non è che devi sempre interpretare ruoli in cui devi essere bellissima, anche se per un attore uomo probabilmente è meno complicato. Poi si, sicuramente la bellezza è un biglietto da visita. Ma serve, a volte, solo per fare il provino o per entrare a fare parte del cast. Poi devi dimostrare quello che sai fare.”

Quando esce dal set o dal palcoscenico, le rimane attaccato il personaggio che sta recitando?

“Si, mi rimane attaccato, soprattutto nel modo di parlare, o nell’atteggiamento del personaggio. E’ una cosa anche un po’ scherzosa, che ti viene istintivo di fare. Ma lo fai in modo scherzoso. A volte, quando fai dei personaggi molto drammatici, quella sensazione ti può rimanere anche a lungo.”

Lo trova piacevole questo prolungamento dei personaggi nella sua vita?

“Si, a volte si. A volte invece non vorresti che ti rimanessero addosso, perché magari quella sensazione è troppo forte e pesante. E quindi trovi il modo di mandarla via. Però è evidente che non è che tu chiudi la porta del camerino, te ne vai, e tutto finisce lì. Hai sempre a che fare con delle emozioni, con qualcosa di molto fluido. Non è una cosa che ingabbi in un barattolo, e te ne liberi.”

Un personaggio non è solo recitare a memoria una parte…

“Naturalmente no. Poi più tu lo interpreti, e più tu diventi quel personaggio. Che poi, piano piano, con il tempo, perderai. Così come per tanto tempo hai dovuto indossare quei panni, così ci metterai un po’ a lasciare quel personaggio per qualcun’altro.”

Come tutti i nostri lettori sanno, lei ha vissuto a Ladispoli per tanto tempo. Ci torna ancora, qualche volta?

“Ci sono tornata anche oggi, perché sono stata a pranzo con il mio papà. Ho portato anche le mie amiche. Mio papà abita ancora a Ladispoli, mentre mia mamma è in Sicilia.”

Cosa le manca di più di Ladispoli?

“Sicuramente il mare. A Ladispoli non abbiamo il mare delle Maldive, però oggi ci siamo andati per fare una passeggiata. Era tempestoso e c’era vento. Noi possediamo una casa abbastanza vicina al mare, dove abbiamo abitato per tantissimi anni. E l’idea di avere il profumo del mare così vicino, mi manca sinceramente molto.”

Ha qualche ricordo particolare di quando abitava a Ladispoli?

“Ho dei bei ricordi dell’infanzia. Io sono stata molto bene a Ladispoli. La scuola materna, le elementari e le medie le ho fatte li, e quindi ho meravigliosi ricordi delle amiche e degli amici di quel periodo. Ma soprattutto io ricordo il tempo vissuto a Ladispoli come il momento in cui eravamo tutti insieme. Mio fratello era ancora con noi. Poi io e mia sorella ci siamo trasferiti in Sicilia, e lui è si è arruolato in Marina. Diciamo che per me Ladispoli è il ricordo della mia famiglia di origine, quando era ancora unita. Il mio ricordo dell’infanzia, è tutto fondamentalmente racchiuso in questa città.”

Un ultima domanda. Lei si occupa molto di sociale. Pensa che qualcosa sia cambiato nell’atteggiamento degli Italiani nei confronti della solidarietà? Non crede che ci sia entrata troppa politica in questo tema così delicato? Ormai si ragiona per schieramenti, e ogni parte politica ha la sua idea di solidarietà.

“Ha ragione. Purtroppo si sta perdendo l’essenza dell’essere solidali. Per quanto mi riguarda, ovviamente no, ma a guardare bene, effettivamente c’è questa interferenza della politica. Però io dico sempre che alla fine l’importante è che si faccia qualcosa per chi ha bisogno. Poi che si faccia da una parte, o che si faccia dall’ altra, l’importante è che si faccia. Ma c’è effettivamente il rischio che non si faccia qualcosa per non correre il rischio di essere associato ad una parte politica, o per rientrare nella propria. No, dimentichiamoci di questa cosa, perché il fine ultimo della solidarietà è un altro. Non perdiamolo di vista.”