MAURIZIO MATTIOLI: “ECCHIME QUA!”

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Maurizio Mattioli

L’ATTORE ROMANO, SULLA RIBALTA DA OLTRE CINQUANT’ANNI, APRE IL CASSETTO DEI RICORDI E DEI PROSSIMI PROGETTI. DAL 28 FEBBRAIO PROSSIMO SARÀ AL SALONE MARGHERITA.

di Paola Stefanucci

Già ad evocarne il nome è subito simpatia: Maurizio Mattioli, romano doc, classe 1950, da oltre mezzo secolo transita dal grande al piccolo schermo conquistando il pubblico di tutte le età. Dall’esordio nel ‘73 ad oggi ha partecipato a novanta pellicole cinematografiche – “Napoli spara”, “Vacanze di Natale”, “Immaturi”, “Viva l’Italia”… solo per citarne alcune – e a circa cinquanta tra film e serie per la tv tra cui “I ragazzi del muretto”, “Un ciclone in famiglia, “I Cesaroni”. Che, quando càpita, tutti rivediamo volentieri, grati all’attore capitolino per il divertimento che con naturalezza sa darci. Talento indiscutibile anche sulla ribalta teatrale: nei panni del boia mastro Titta nel memorabile “Rugantino” per la regìa di Enrico Brignano o nella Compagnia “Il Bagaglino” nell’esilarante parodia di Bill Clinton. Oppure nell’omaggio ad Aldo Fabrizi “E qua so’ io” scritto e diretto da Giuseppe Manfridi. Prossimamente i – tanti- fan di Maurizio potranno apprezzarlo nella prestigiosa cornice liberty del Salone Margherita dal 28 febbraio al 22 marzo nello spettacolo, prodotto dalla etrA Management, “Ecchime qua”. Mattioli sarà accompagnato dalle note di Alberto Laurenti e condividerà la scena con Francesca Ceci. Tra ricordi, battute, gag, monologhi e canzoni promette allegria e leggerezza. Lo abbiamo incontrato.

Maurizio? Ecchime!

Quanta energia! Eppure a giugno saranno settanta primavere … Sì, ma non mi sento ancora un vecchiardo.

È pronto per il Salone Margherita? Cosa farà di particolare? Aprirò i cassetti dei ricordi.

Di che tipo? Ricordi istrionici.

In proposito rammenta la sua prima volta sul set, quarantasette anni fa, recluta nel film “Patroclooo. E il soldato Camillone grande, grosso e frescone”, che emozione fu? Fu una paura senza limiti.

Da allora ne ha fatta di strada. Oggi è annoverato tra gli emblemi della romanità. La gratifica? Come no? Moltissimo. La romanità è qualcosa che scorre nelle vene, è come la pelle.

Vale anche per la comicità, comici si nasce? E con l’esercizio ci si perfeziona? La risposta è sì, senza alcun dubbio, ad entrambe le domande.

Ed è, secondo lei, più facile far piangere o far ridere? Sono difficili tutte e due le cose. Una parte drammatica l’ha mai fatta? Varie volte, sul set diretto da Stefano Reali, da Cinzia Th Torrini… e spero di farne ancora.

Il ruolo che le ha regalato più gioie? Mastro Titta. Un ruolo che fu di Aldo Fabrizi nelle prime rappresentazioni della commedia musicale di Garinei e Giovannini: un bel traguardo…Sì, davvero. È stato la consacrazione della mia carriera. L’ho interpretato per la prima volta nel ‘98 e l’ultima nel 2010.

Scorrendo la sua filmografia saltano subito all’occhio i nomi più prestigiosi della regìa italiana. C’è stato un regista, o più d’uno, con il quale è stato sùbito feeling? Con tutti; Neri Parenti, Pier Francesco Pingitore, Paolo Genovese, Massimiliano Bruno, Silvio Muccino… e non dimenticherò mai Carlo Vanzina (scomparso nel 2018). Ricordo che quando, nel 2014, morì mia moglie Barbara (rimasta paralizzata sette anni prima in seguito ad un drammatico incidente stradale) dovevo girare e lui cambiò sceneggiatura per me. C’è una grande amicizia anche con il fratello Enrico. Sono sempre stati straordinari. Non hanno mai tradito l’amico a favore del regista o del produttore.

Quando la rivedremo sul grande schermo? Sto valutando alcuni progetti. Vorrei essere più selettivo nelle scelte e accettare solo proposte che mi interessano davvero.

Perché c’è qualcosa che ha fatto di cui si è pentito? No. Rifarei tutto quello che ho fatto.

Tra le iniziative future, sappiamo che ha in cantiere uno spettacolo dedicato completamente a Franco Califano? Sì, a breve annunceremo le prime date della tournée di “Appunti sull’anima”. Sarà uno spettacolo incentrato sulle poesie, sui monologhi e le canzoni di Franco.

Infine, una battuta sulla sua squadra del cuore. Chi candiderebbe, dopo l’ottavo (Totti) a nono Re di Roma? Maurizio Mattioli.