Maternità sì o maternità no?

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A cura della Dottoressa Anna Maria Rita Masin
Psicologa – Psicoterapeuta

Dottoressa
Anna Maria Rita Masin
Psicologa – Psicoterapeuta

Il periodo storico in cui stiamo vivendo dà molta libertà alla donna nella decisione di avere un figlio. La donna può decidere se avere un figlio e quando avere un figlio. La “programmazione” o la scelta del periodo più adatto per la maternità può essere derivato da vari fattori: studio-carriera, problemi economici, problemi lavorativi, il partner giusto ma anche semplicemente trovare in sé una maturità adatta per crescere un altro essere umano diverso da sé.

Queste motivazioni danno alla donna la possibilità di essere protagonista attiva di un evento assolutamente naturale ma che in altre epoche storiche semplicemente accadeva. L’introduzione in commercio dell’anticoncezionale orale ha affettivamente e realmente permesso alla donna di decidere di avere una sessualità slegata alla maternità.

La donna, attualmente, sa che la propria femminilità è costituita da varie elementi, tra cui anche l’essere madre. Una donna, quindi, può sentirsi donna anche senza avere un figlio. Fino a 20 o 30 anni fa la società si aspettava che una donna sposata avesse almeno un figlio mentre una donna single no; attualmente può succedere l’esatto contrario. L’avere un figlio, è comunque, un evento naturale della vita e la gravidanza, in una situazione di coppia stabile, può arrivare in tempi più o meno lunghi.

Ci sono delle donne che pur avendo una situazione di coppia e lavorativa stabili, pur non avendo problematiche particolari di fertilità, non riescono ad iniziare o a portare avanti una gravidanza. In questo caso molto spesso la donna e la coppia entrano in un circolo vizioso di tentativi e delusioni. La ricerca della gravidanza può diventare, così, il punto focale della coppia, a volte solo della donna.

È così che la sessualità diventa strettamente legata al concepimento e qualora non succeda, la donna può iniziare a perdere le speranze e può manifestarsi una vera e propria “ansia da concepimento” che può andare da una preoccupazione eccessiva del mancato concepimento fino ad arrivare all’abbassamento del tono dell’umore oppure colpevolizzazione, diminuzione dell’autostima, disturbi del sonno, ecc.

Questo stato emotivo diventa controproducente e paradossalmente impedisce il concepimento. Si sa che il corpo parla. Se il concepimento non arriva allora è importante che la donna inizi a chiedersi se c’è un motivo psicologico più profondo che impedisce la maternità. La donna può voler la maternità perché uno degli obiettivi della sua vita era anche avere un figlio, e questa motivazione implica una personalità in equilibrio.

In alcuni casi, invece, la ricerca della maternità a tutti i costi può nascondere la necessità di colmare un bisogno diverso che può essere il colmare un bisogno affettivo, oppure l’autoaffermazione, oppure pensare in modo inconscio che il figlio sia il proseguimento della propria persona. In questo caso, per esempio, è importante capire il significato che viene dato al figlio. Il bambino che nasce, anche se inizialmente è dipendente dalle cure genitoriali, con la crescita diventa un individuo sempre più indipendente con il proprio carattere, il proprio modo di pensare, la propria capacità decisionale.

Quindi diventa un individuo diverso dal genitore. Altri fattori che possono impedire la gravidanza sono le paure, più o meno espresse: “sarò capace di occuparmi di un altro essere umano, di educarlo?”. Può capitare che, capendo il vero significato della ricerca di maternità, la donna cambi idea oppure voglia diventare madre in modo consapevole.

masin1970@gmail.com