I LUOGHI DI CONFRONTO DELLA CERVETERI DI UNA VOLTA:SALONI DA BARBIERE, BAR DELLO SPORT, BAR CENTRALE E QUELLO DI ANGELINO.
di Angelo Alfani
Ai primordi della Cerveteri moderna, negli anni cinquanta tanto per capisse, i luoghi di “confronto, di discussione, di critiche aspre, feroci talvolta” indirizzate a chi amministrava la cosa pubblica, locale e nazionale, erano i quattro saloni da barbiere ubicati nel centro. Quel periodo di barbe glabre e di capelli appiccicati all’indietro per l’unzione da brillantina, di amorevoli cure e di femminea lascivia, aveva come cuore pulsante i saloni degli acconciatori. Affollati soprattutto nei prefestivi e la domenica mattina, vi si argomentava di calcio e di politica. Non era raro che, raggiunto il diapason nella tenzone, il cliente sotto barba lanciasse via il bavaglio protettivo e scappasse, imprecando, in strada con mezza faccia ancora ricoperta dalla schiuma.
Altro luogo di confronto erano i bar che stringevano la Piazza, allungando sedie e tavolini tutt’attorno: quello di Angelino, con sala gioco e biliardo sempre occupato, ed i due appaiati in via Roma: il bar Centrale, nato come bar di Pietranto’ (ricordato anche da Lawrence), in seguito conosciuto come bard’Agustarello, ed il bar dello Sport, conosciuto come il bar della Baricella. Quello di Angelino aveva nel proprietario il deus ex machina che primeggiava su tutto e tutti imponendo le sue simpatie ma anche le sue legittime, alcune volte non comprese, antipatie che impedirono a svariati di avere il pallino in mano, nel vero senso del termine. La pasticceria, gelateria, bar dello Sport era zeppo di lingue che sudavano a forza di sproloquiar di calcio, e di sguardi bovini incollati ad uno dei primi televisori in terra cervetrana, incastrato su in alto, nell’angolo più buio dello stretto e lungo locale. Frequentato per lo più da una “gargottara” di giovanotti che, come d’uopo quando sei giovane e devi farti largo, rappresentava il fulcro delle critiche più severe e sarcastiche nei confronti degli “anziani” Amministratori.
Una sorta di critica generazionale, potremmo definirla. Lì, un giorno sì e l’altro pure, si formavano nuove aggregazioni politiche, nuove liste elettorali, capeggiate da chi le sparava più grosse.
Accadeva, non di rado, che le aspre discussioni fossero interrotte dall’improvviso buio con conseguente silenzio che avvolgeva il locale, causato dal venire meno della corrente elettrica. Un leggero brusio accompagnava il ritorno della luce, interrotto dal sovrastante urlo: “Marzioooooo! Le paste”. Era Giovannina, la proprietaria, che, incapsulata tra il muro e la cassa, si sgolava roteando il bastone nero ad altezza d’uomo nell’illusione di impedire al ladruncolo di briosces di svignarsela. Inutilmente perché il “gabbarè” di maritozzi con la panna e cornetti infarciti di marmellata d’albicocca, aveva già guadagnato i selci, zigzagando, come solengo inseguito dalla canizza, in direzione delle cabine telefoniche di Palmira. Al “fiat lux” non era insolito trovarsi davanti due o tre giovanotti che, a fatica, cercavano di ingoiare il cornetto intero, appena sgraffignato dal bancone, bloccato sul gargarozzo.Un bicchierone di spuma, ed un bicchierino dell’Amaro del Piave, l’amaro della riscossa, liberava l’intoppo. Il bar d’Agustarello invece era meno caciarone: gli incontri di affari e necessariamente quelli politici si tenevano in relativa tranquillità: meglio i preliminari degli affari, perché i dettagli venivano definiti o nei numerosi casaletti sparsi nelle amene campagne o intorno a tavolate di trattorie lungo la statale Aurelia. Se tenevi problemi da risolvere lì quantomeno potevi essere ascoltato. Al tavolino è vero, ma comunque guardandosi nelle palle degli occhi.
Tra le molte storie si racconta di due signori che, desiderando fare investimenti in Terra d’Etruria, giunti in Municipio, chiesero del Sindaco. Vennero indirizzati al bar d’Agustarello. In mezzo a ‹na fumara di sigarette, tra un “Buttace l’asso”, “Carica”, “Che aspetti a tira’: ce famo notte”, blasfemie a coppia, gli venne indicato il tavolino avvolto nella nebbia. La verità che è fatta di vero e falso (più di falso che di vero) e che non per forza deve corrispondere alla verità dei fatti, tramanda che i “businessmen”, capita l’antifona, non ce presero manco un caffè ristretto. Da alcuni anni invece il confronto tra Cittadini ed Amministratori non avviene più muso a muso, con spontaneità, ma è regolato da incontri programmati, con relativi supporter ed applausometro,ridicole passeggiate per i quartieri, ed ancor più mediocri, avventurose ed inconcludenti diatribe online. Inizi di lavori ed inaugurazione delle medesime opere che si susseguono nel corso del trascorrere del tempo che si allunga in modo innaturale simile ai lombrichi che appena usciti dall’humus si allungano a dismisura. Una specie di circo Saltanò con i suoi “acrobati che soffrono di vertigini, lanciatori di coltelli astigmatici”, ammaestratori di pulci, saltimbanchi, incantatori di lucertole, tutti, inesorabilmente, contrassegnati da uno sguardo anfibio.