MANZIANA DIVENTA SET CINEMATOGRAFICO DEGLI ALPINI IN RUSSIA

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LA SOLFATARA SCELTA COME LOCATION PER IL FILM “LA SECONDA VIA”.

Grazie all’indefessa opera di costruzione di scenografi e tecnici che per tre settimane si son dedicati alla minuziosa cura di dettagli e particolari, la brulla conca della solfatara di Manziana si è trasformata in un desolato villaggio della tundra completo di fontanili, dimore rurali, covili traboccanti di fieno e sgangherate recinzioni per gli asini, il tutto giustamente amalgamato con mitraglie, fucili, slitte e lanterne.

Via dunque al primo ciack dell’ultima fase di lavorazione di “La seconda via” film scritto e diretto dal regista mantovano Alessandro Garilli per raccontare l’eroico rientro in patria degli alpini superstiti dalla campagna di Russia. “E’ una vicenda da cui sono sempre rimasto colpito” sottolinea Garilli in attesa che un raggio di sole permetta l’avvio delle riprese “soprattutto per come se ne parli poco nonostante abbia colpito così tante famiglie. Se ci pensi centomila alpini mandati in Russia, significano centomila mamme e quindi centomila famiglie della nostra nazione coinvolte, il che non mi sembra per niente poco. Il fatto poi che dalla Russia ne siano rientrati solo poche migliaia avrebbe dovuto alimentare la celebrazione di questa storia invece niente, solo in ambito letterario ne parlano alcuni libri, uno per tutti “Ritorno” di Nelson Cenci quello cui mi sono ispirato io per scrivere la sceneggiatura ma poi se ti sposti sul visivo non trovi nulla. Non solo: da molti l’episodio viene associato alla Prima Guerra Mondiale forse perché lì la figura dell’alpino fu preponderante sulle altre divise dell’esercito ma stiamo parlando di un fatto avvenuto nel ’43 ovvero Seconda Guerra.”

L’intenzione, quindi, è stata sempre quella di realizzare un film che rimettesse i puntini sulle i dell’argomento? “Si anche perché parlando coi più giovani, come mi capita spesso di fare nel mio lavoro, mi son reso conto che se dicevo Vietnam magari non sapevano dirmi niente di preciso ma collegavano immediatamente il tema al visivo di Rambo o Full Metal Jacket per cui ho immaginato di colmare il gap sulla campagna di Russia realizzando un film che associasse il fatto storico alla drammaticità delle immagini dei pochi sopravvissuti.”

Un film sul ritorno?
“Sul ritorno ma in senso ben più ampio, perché in realtà quello che avviene nel film e coinvolge i protagonisti della trama si svolge tutto in una notte. Il loro ritorno non è solo fisico ma anche onirico e quindi mentale. Il ritorno fisico, quello rappresentato dalla marcia nell’ambiente aggressivo e inospitale che percorrono e che è quello che io chiamo la prima via; poi c’è un altro tipo di ritorno quello mentale, e se vogliamo anche un po’ onirico, in cui rivivono i loro ricordi rivedendo nella mente i loro cari e questo è quello che io chiamo la seconda via che poi è il titolo del film.”

A seguire con pazienza l’alterno svolgersi delle riprese il Sindaco Bruno Bruni e l’Assessore al Turismo Gianluca Bruno che assieme a Daniele Badaloni, Direttore del Parco Naturale Regionale di Bracciano e Martignano si sono adoperati per individuare nell’area della solfatara la location ideale per l’allestimento del set.

 

Attento ai ben che minimi dettagli riguardanti la riproduzione di cappelli e divise indossati dagli attori, un cospicuo gruppo di Alpini della Sezione Romana ha presenziato, a rappresentanza dell’Associazione Nazionale Alpini, ai ripetuti ciack intervenendo nel posizionamento di gradi e mostrine, non ultimo, nell’aggiustamento della penna del cappello indossato da Neri Marcorè nel cammeo prestato alla pellicola.

Neri Marcorè

Prodotto di altissimo livello e frutto della collaborazione tra le italiane Quality Film – Angelika Vision con la slovena Staragara, il film ha messo a dura prova il cast di giovani attori che sulla propria pelle ha sperimentato le tempeste di neve sull’Appennino ove la maggior parte delle scene sono state girate.

 

Doppio applauso quindi a Ugo Piva, Nicola Adobati, Simone Coppo, Giusto Cucchiarini, Matteo Ramundo e Stefano Zanelli che con la loro interpretazione contribuiranno alla riscoperta di un evento fin troppo dimenticato nonché alla riqualificazione e forse, chissà, anche alla rivalutazione di una figura troppo poco considerata dalla nostra società oltre che dalla nostra cinematografia: il reduce.

Mara Fux