di Felicia Caggianelli
Comico, attore e scrittore. Giobbe Covatta, con la sua poliedricità artistica è riuscito a spaziare in tutti i campi dello spettacolo, riscuotendo sempre un grande successo.
La gente tuttavia non solo ha imparato ad apprezzarlo per il genio artistico innato, ma lo ama per il suo grande cuore che lo vede quotidianamente al fianco di fondazioni che si battono per i diritti dell’infanzia. È uno dei testimonial della Fondazione Africana per la Medicina e la Ricerca e Save the Children, nonché portavoce nazionale della Federazione dei Verdi. E gran parte del suo tempo libero lo dedica ai problemi africani, fornendo aiuti concreti per portare a termine i progetti della Fondazione. In occasione della sua nuova opera allegorica intitolata ‘La divina commediola’ lo abbiamo raggiunto al Teatro Vittoria di Roma. L’esilarante pièce teatrale ha portato sotto i riflettori uno dei temi più cari al noto attore, ovvero la carta dei diritti dei bambini, una prerogativa che abbiamo imparato ad apprezzare seguendolo nel proprio lavoro. Non a caso il messaggio veicolato magistralmente con la leggerezza dell’ironia tocca le intime pagine della coscienza e non ammette compromessi. Solo conoscendo i diritti dei bambini riconosciuti dalla Convenzione Internazionale sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza e gli escamotage più comuni con cui questi diritti vengono calpestati, equivale a diffondere una cultura improntata al rispetto alla pace e all’uguaglianza per le future generazioni. Questa volta Covatta ha calcato le scene e inanellato dialoghi divertenti partendo dall’insolito ritrovamento di un manoscritto apocrifo sulla falsa riga della commedia dantesca a firma di un tal Ciro Alighieri. Naturalmente anche se il titolo rimanda a delle similitudini con l’opera originaria, saltano alla ribalta numerose differenze tra le quali la lingua utilizzata che più di un volgare toscano si avvicina a un napoletano verace nostrano e mancano le sezioni dedicate al Purgatorio e al Paradiso… In un andirivieni di aneddoti e ironia si raggiunge l’apice alla fine del percorso quando il poeta esordisce con la frase: Caina. Dove sono tutti i traditori dell’infanzia? Non a caso, quello che si palesa agli occhi dello spettatore è il fatto che il poeta abbia immaginato l’Inferno come un luogo di prigionia non certo per i peccatori quanto per le piccole vittime malcapitate. In questo viaggio immaginario, Covatta non poteva che essere accompagnato più che da un luminare, da uno scugnizzo napoletano dal nome Virgilio. Insieme i due attraverseranno l’Africa composta da una serie di gironi ed entreranno in contatto con tantissimi bambini privati di quel bene prezioso che nessuno potrà più restituirgli: i propri diritti.
La divina commediola porta in scena uno dei temi che più hai a cuore ovvero quello della carta dei diritti dell’infanzia. Galeotta fu una pubblicità che ti ha trasportato in quella realtà? “In realtà io ero già trasportato in quel mondo.”
Quanto ti cambia un’esperienza del genere?
“Quando ero giovane dicevo che ognuno di noi è il risultato della propria esperienza. Naturalmente ti cambia come ti cambia tutto quello che ti succede. Tuttavia ci sono cose che in qualche maniera te le porti dietro, fermo restando che questo non significa che diventi migliore o peggiore, fa parte del tuo piccolo o grande bagaglio di esperienze.”
Perché la società è un po’ troppo distratta nel tutelare i diritti dei bambini?
“Io non è che mi sono fatto un mio concetto. Io ho messo in quadro tutta una serie di teorie molto precise legate sia all’esperienza sul campo sia alla politica perché poi sono stato coinvolto anche politicamente nella cooperazione. Secondo me, però è la mia opinione di cittadino in un paese democratico e tale rimane, non vorrei essere scambiato come certa gente su internet che pensa che le opinioni siano un dato di fatto. Come si dice ognuno è libero di esprimere la propria opinione ma nessuno è libero di dire che la propria opinione è una legge. La mia opinione è che in questa società ci sono due problemi fondamentali. Uno è legato alla dittatura che non è la dittatura di qualche signore che si è messo un cappello strano in testa e detta legge bensì è il mercato. La seconda è la totale e l’assoluta mancanza di memoria storica. Basta andare in giro a domandare a qualcuno cos’è la decolonizzazione dell’Africa; qualcuno se la ricorda più o meno. Poi li chiedi ma la colonizzazione dell’Africa quando è avvenuta e lì già non se la ricorda nessuno. Poi gli chiedi scusa ma prima della colonizzazione chi c’era in Africa. Non è che l’Africa l’hanno inventata i coloni. C’era prima. Tutto questo periodo storico che inizia in maniera blanda nel 600 e raggiunge l’apice nell’800 in maniera pesantissima terminando alla metà del 900 è stato un massacro per quanto riguarda la cultura, l’economia, la società. Bisognerebbe fare secondo me qualche salto indietro nel tempo per cercare di capire quali sono le responsabilità. Noi acchiappiamo sempre le cose al volo, nel senso che si crea un problema se ne prende atto ma nessuno si chiede come ha avuto origine. Risolviamo il problema, ma chiediamoci come siamo arrivati lì. Invece pare che le motivazioni non interessino a nessuno. Ecco, questi sono i due fondamentali handicap dell’Africa. Non è il problemino che si risolve andando a parlare con il preside della scuola, l’Africa è un vasto continente che conta 1 milione di persone; si tratta di un problemone vero e proprio”.
Siamo riusciti a raggiungere Marte eppure non riusciamo a portare l’acqua in certi posti del pianeta, il che è tutto un dire?
“Diciamo che ce ne dimentichiamo.”
Cosa ti aspetti da questo tuo nuovo impegno teatrale?
“Che la gente si diverta. Questo è il mio compito, faccio l’attore. Se poi qualcuno si ferma a riflettere, si incuriosisce e decide di andarsi ad informare mi fa piacere; ma il mio compito è far divertire.”
L’ironia è ancora un volano per veicolare importanti tematiche?
“L’ironia penso sia un modo di esprimere le cose. Basta pensare ai professori della scuola. Era più facile imparare le materie dove il professore era più simpatico rispetto a quello più serio e poi… la matematica nun c’è sta niend a fa… Attraverso l’ironia non so se si impara di più o di meno ma sicuramente è più piacevole.”
Programmi futuri?
“Già ho problemi con i programmi presenti, figurati con quelli futuri”.
E con una risata ci congeda e si prepara per entrare in scena e a regalare al nuovo pubblico un’altra serata di sano divertimento.