di Antonio Calicchio
Straziato il cuore dell’Italia, di un’Italia ferita in conseguenza di un incubo di una giornata di mezza estate, a Genova.
Come un bombardamento bellico, così la lezione “inascoltata” di quanto, nel passato, è accaduto lascia il nostro Paese impreparato. L’Italia è un territorio con decine di migliaia di ponti, di fattura antica e moderna, e quando si realizzano i quali occorre tener conto di ogni aspetto costruttivo. A ciascuna tragedia, il governo promette soluzioni e sicurezza, poi, l’oblio. Perché ad esso importa della solidità di un unico Palazzo: il suo! Anche i centri storici sono al collasso, ma finché sarà più opportuno tutelare la finestra o l’elemento pseudo-architettonico, piuttosto che la vita umana, vedremo molti altri manufatti disgregarsi, portandosi dietro carichi umani. Il debitore più incallito ed inadempiente è lo Stato. Non paga i suoi debiti, così come pretende i suoi crediti, e dimentica – quasi sempre – di perseguire i fini per cui esiste, ovverosia quelli della collettività tutta. E, talvolta, è capace di divenire tremendo aguzzino.
Da anni, da secoli vigono regole per erigere edifici e ponti. Ma, talvolta, è la stessa Pubblica Amministrazione ad ignorarle. E così, allorché i ponti o i palazzi si sgretolano, per ricostruirli spende assai più di quanto avrebbe speso per difendersi dalle catastrofi. Ed allora: che cosa fare? Con investimenti idonei, si possono porre in sicurezza i manufatti edificati; primo passo, incentivi fiscali anche per piccoli interventi, che riducono il pericolo; ed incoraggiare i lavori per consolidare le opere.
La terra che ci ospita, la quale, vista dallo spazio, appare come un globo stupendo, quasi una azzurra oasi di pace, è, purtroppo, una terra d’angoscia, ma è pure una responsabilità per l’uomo. Essa è non solo uno dei fattori produttivi, ma anche uno dei mezzi capaci di dare sicurezza e spinta alla crescita dell’uomo. Costui ha il dovere di intervenire nell’ambiente per salvaguardarlo, senza comprometterne la caratteristica di mezzo di promozione umana e sociale. Per questo, si impone una sua gestione razionale ed oculata. Ove ciò non avvenga, trionferanno l’egoismo incontrollato, l’interesse senza freno e l’illegalità assoluta. Purtroppo, è quanto avviene oggi con preoccupante frequenza, senza trascurare l’evento che ha colpito Genova. L’uso delle risorse senza tener presente il contesto dell’ambiente e dell’uomo porta a sfigurare le bellezze di paesaggi, a rompere equilibri vitali, a provocare degrado, a pregiudicare il funzionamento della realtà, a minacciare la sopravvivenza degli esseri viventi. La terra smarrisce così il suo volto originario. L’uomo deve sviluppare il rispetto per la natura, l’ambiente, se stesso e gli altri, dal momento che spesso li tratta in modo egoistico, distruggendone le ricchezze, danneggiando le opere naturali ed artificiali. E’ necessario che l’uomo torni a guardare la natura come specchio della vita umana, e a realizzare gli interventi architettonici, edilizi, urbanistici con tutti i crismi di fattività e di sicurezza per la pubblica incolumità ed il benessere generale. Forse è uno dei segreti dei nostri antenati, dei nostri artisti, dei nostri artigiani, dei nostri Santi. Essi sapevano progettare ed edificare, sapevano guardare con stupore ed ammirazione. Sapevano ammirare ciò che è il mondo, ciò che costituisce la natura dell’uomo, la sua personalità. La natura rivela, ai nostri occhi, la trasparenza del mondo. La natura è un libro. L’uomo deve leggerlo, non imbrattarlo, altrimenti potrebbe ribellarsi, anche attraverso crolli improvvisi. Nelle sue pagine vi è un messaggio che attende di essere decifrato: è un messaggio che vuole raggiungere il cuore e la mente di ciascuno per aprirli alla speranza e non per chiuderli nel definitivo terrore.
Diceva Indro Montanelli che l’Italia è un Paese che ignora il proprio ieri, di cui non sa assolutamente nulla, e un Paese che non si cura di sapere nulla non può avere un domani. E ricordo una definizione dell’Italia che dette, negli anni trenta del secolo scorso, un maestro di giornalismo, Ugo Ojetti: “L’Italia è un Paese di contemporanei, senza antenati, né posteri, perché senza memoria”. Ero adolescente quando ho letto questa frase e la presi per una boutade, una battuta, un paradosso; mi sono accorto che aveva completamente ragione. Questo è un Paese che non ha il senso della storia. Ha, sì, una storia straordinaria, ma non la studia, non la sa. E’ un Paese totalmente ignaro di se stesso. Benedetto Croce asseriva che “il vero politico onesto è il politico capace”, perché il politico incapace è più che disonesto. Onestà e capacità, quindi, sono due facce della medesima medaglia. Non si dà l’una senza l’altra, e una società ben ordinata necessita di entrambe, in quanto, qualora esse si dovessero separare, ci troveremmo innanzi ai due estremi – da cui qualunque convivenza umana ordinata dovrebbe rifuggire – dell’onestà incapace e della capacità disonesta.