Arriva al cinema anche in Italia l’ultima commedia della regista e produttrice australiana Sophie Hyde sulla sex positivity, interpretata da una grande Emma Thompson, che si espone per la prima volta a una scena di nudo integrale a più di sessant’anni.
di Barbara Civinini
“Mi piace la gente che sa ascoltare il vento sulla propria pelle, sentire gli odori delle cose, catturarne l’anima. Quelli che hanno la carne a contatto con la carne del mondo. Perché lì c’è verità, lì c’è dolcezza, lì c’è sensibilità, lì c’è ancora amore”, scriveva la splendida Alda Merini. Ma cosa è l’amore? Secondo il vocabolario Treccani è quel “Sentimento di viva affezione verso una persona che si manifesta come desiderio di procurare il suo bene e di ricercarne la compagnia”.
Per noi classe 58 che a scuola, ai tempi delle prime “cottarelle” ci scambiavamo i “pizzini” – all’epoca non c’era WhatsApp – con le vignette de “l’Amore è”, magari con scritto su “non giocare con i sentimenti”, rimane difficile accettare la filosofia del “sesso consumazione”. Adesso si parla molto di “sex positivity”, forse una naturale evoluzione della protesta sessantottina del “E’ mia e me la gestisco da me”. George Bernard Shaw sicuramente avrebbe inquadrato subito il problema, con la sua naturale ironia, sottolineando che se un uomo va con le escort è un donnaiolo ma se una donna va con un gigolò, è “puttana”.
Proprio in questi giorni arriva in sala dalla Gran Bretagna un film che mette esattamente il dito nella piaga dello “slut-shaming”: “Good Luck to You, Leo Grande”, in Italia rititolato “Il piacere è tutto mio”. La trama è molto semplice. Una vedova 55enne, ancora affascinante e piena di vita – interpretata da un’algida Emma Thompson che a più di sessant’anni si è esposta per la prima volta a una scena di nudo integrale – cerca di mettersi in gioco affittando un “toy boy” che soddisfi la sua curiosità sessuale. Il suo matrimonio è stato all’insegna della routine. Sembra che la poveretta, nonostante sia madre due volte, non abbia mai provato il piacere dell’orgasmo. Il confronto con questo giovane gigolò però si rivela anche un modo per comprendere di più se stessa e sbloccare qualcosa d’irrisolto, a livello fisico ma anche psicologico verso la nuova frontiera della “parità sessuale”.
La protagonista ha sottolineato che deve essere messo da parte per sempre lo shaming, ma soprattutto il “body shaming”. La rappresentazione del corpo delle donne è una delle tragedie del ventunesimo secolo, è una narrazione che dobbiamo assolutamente cambiare – ha dichiarato al magazine “Elle” – rimarcando che questa resistenza al ciclo biologico è una sciagura. Dobbiamo accettare invecchiamento, morte e rinascita, ha detto. Forse il problema è che non parliamo abbastanza di piacere e di vergogna riflette la premio Oscar – diretta da una delicata Sophie Hyde, regista e produttrice australiana, che sfodera il tocco dell’ironia – oppure dobbiamo molto più semplicemente riflettere sul concetto di “amore”. Dante lo definiva come l’unimento spirituale de l’anima e de la cosa amata.
Oggi però una vasta platea non sarebbe d’accordo. Ma certo conviene tenere in buon conto il consiglio spassionato di Gabriel Garcia Márquez: “Non morire senza aver provato la meraviglia di scopare con amore”.